"Promettilo!" di Emir Kusturica
Il consiglio di Elisabetta Randaccio
Follie della distribuzione italiana. L'ultimo lavoro del grande regista serbo Emir Kusturica, esce nelle nostre sale quasi tre anni dopo la sua presentazione al Festival di Cannes. Meglio stendere un velo pietoso sul monopolio che ci impone cosa dobbiamo o non dobbiamo vedere! Eppure "Promettilo!" è anche un film estremamente divertente, senza un attimo di stanchezza e, certamente, una prima lettura ci porta a sottolineare la comicità quasi da periodo del muto, tanto è basata sulla reiterazione della gag, sulla provocazione della risata scaturita da cadute, scontri fisici, fughe accelerate. Ma i dialoghi, seguiti con attenzione, rivelano battute (esilaranti) sulla guerra, recentemente trascorsa, nei Balcani, sulla corruzione dei nuovi governi, sull'esportazione della democrazia degli Usa e sull'Italia e sul suo campionato di calcio! Insomma, Kusturica non ci delude, seppure il suo mondo grottesco surreale lo conosciamo da tanto tempo, quasi a memoria. Nel protagonista adolescente, Zena (un bravissimo Uros Milovanovic) che, come in certe commedie del dopoguerra, deve andare in città da uno sperduto mini villaggio serbo per soddisfare tre desideri del nonno, tirandosi dietro una mucca, possiamo ritrovare i giovani protagonisti dell'opera omnia kusturiciana da "Ti ricordi Dolly Bell" (1981), in poi.

Altri rimandi ai propri film li individuiamo nell'importanza, nel bene e nel male, della figura paterna (in questo caso un nonno artigiano incerto tra cristianesimo e nostalgia del comunismo), nella passione per la creatività meccanico-manualistica e nei simbolici personaggi e oggetti volanti; in questo caso uno strano, azzurro uomo proiettile-angelo-diavolo che scandisce i momenti fondamentali della vicenda La musica per matrimoni e funerali è componente essenziale di "Promettilo"!

Le tante risate e l'happy end sottolineato graficamente, non nascondono un mondo confuso, violento e vitale allo stesso tempo, che il regista osserva, ormai da lontano, con sorriso amaro, delineando i suoi personaggi con affetto, grazie a un cast ottimo (il doppiaggio, però, non rende la babele di lingue e dialetti), avendo coscienza che il paradigma surrealistico può essere una chiave per raccontare presente e passato condizionati dal dolore, dai traumi e dall'impossibilità di essere normali.