“Crazy Heart” di Scott Cooper
Dunque, godiamoci il suonatore di country (anche se, per alcuni, tale musica può essere insopportabile) sfatto e sulla via del tramonto, i suoi brevi incontri, i suoi tardivi sensi di colpa, la sua macchina fatiscente lungo le strade assolate tra l'Arizona e il Texas, dove puoi non incontrare un veicolo per chilometri (un paesaggio e una luce indimenticabili per chi vi è stato), la sua voce stiracchiata, le sue puzzolenti sbronze.
Inoltre, non avremo pensato né amato tale personaggio se non fosse stato “vissuto” da Jeff Bridges, un attore dalla carriera discontinua, indimenticabile “Drugo” nel “Grande Lebowski” (1998) dei fratelli Coen. E se l'Oscar per miglior protagonista, forse, lo meritava il personaggio sfumato, recitato con raffinatezza da George Clooney in “"Tra le nuvole", Bridges riesce a “mangiarsi” il film dandoci grandi soddisfazioni. Usciamo dalla sala con la giusta dose di malinconia e di vecchio sogno dell' “altra America”, di nuovo in auge nel mezzo del crollo dell'impero. Semmai, riflettiamo amaramente come neppure il prestigio di un premio come l'”Academy Award” riesca a promuovere decentemente una pellicola, relegandola a distribuzioni di nicchia, frettolose e kamikaze. Che tristezza!