Percorso

A Torino sotto il segno della donna

Su sedici film complessivi in concorso, quattro sono firmati da registe. Incursione nella capitale sabauda dove fino a sabato 4 dicembre è in scena il 28mo Festival cinematografico diretto da Amelio e presieduto da Bellocchio. di Giovanna Branca

Gianni AmelioInaugurato dalle polemiche relative alla contestazione studentesca  – appoggiata  nei contenuti dal direttore Gianni Amelio – il ventottesimo Torino Film Festival è però un grande successo di pubblico, almeno per quanto risulta da questi primi cinque giorni di proiezioni.

Strutturato in maniera tradizionale, con i film in concorso e quelli proiettati nelle sezioni collaterali, il festival piemontese ha però la particolarità di destinare alla competizione più importante solo opere prime e seconde, che quest'anno verranno visionate da un giuria il cui presidente è Marco Bellocchio, ma che presenta anche altri nomi importanti. Ci sono, tra gli altri, il critico e professore francese Michel Ciment e l'italiano vincitore del premio Fipresci all'ultimo festival di Venezia, Gianfranco Rosi. Grande rilievo è dato anche ai documentari italiani, che hanno una sezione interamente dedicata a loro: Italiana.doc, a riprova della presenza anche nel nostro paese di una corrente documentaristica molto intensa, anche se tralasciata dalle sale tradizionali.

''Hereafter''Anche a Torino i film più attesi sono proiettati fuori concorso, nella sezione che prende il nome di Festa Mobile: c'è l'ultimo lavoro di Clint Eastwood, "Hereafter", che verrà proiettato alla cerimonia di chiusura del Festival sabato 4 dicembre. Ma ci sono anche Danny Boyle (regista del film culto "Trainspotting" e vincitore agli Academy Awards con "The Millionaire") con il suo film tratto da una terribile storia vera, 127 hours;  il maestro americano dell'horror John Carpenter, con il suo ultimo lavoro John Carpenter's The Ward; e pure l'esordio del talentuosissimo attore Philip Seymour Hoffman ("Truman Capote" in "A sangue freddo") con Jack Goes Boating. La presenza di un nume tutelare dell'horror come Carpenter si inserisce all'interno di un Festival che decreta la “rinascita internazionale” di questo genere, e presenta un gran numero di horror tra le sue sezioni. La centralità di questo filone cinematografico deve forse far pensare in un'epoca segnata da una fortissima insicurezza economica e sociale, in tempi di grandi crisi e sommovimenti profondi, le cui conseguenze non sono ancora ponderabili. Come la fantascienza l'horror accoglie infatti tradizionalmente le inquietudini dei tempi che lo partoriscono, anche se poi queste “irrequietezze” sotterranee vengono trasfigurate in zombi, licantropi e vampiri vari.

''Blessed Events''Un altro elemento che salta agli occhi guardando il programma di questo festival è la presenza nutritissima di registe donne. Solo in concorso ce ne sono 4 su 16 film complessivi. E non si tratta di patetiche quote rosa, dato che per il momento i film più belli visti al Festival sono proprio al femminile. Femminile sia nella regia che nei contenuti: è il caso ad esempio di "Blessed Events" della tedesca Isabelle Stever, una storia sull'impossibile ricerca di affetti profondi in un mondo alienato e alienante, in cui la protagonista Simone si trova legata ad un uomo che non la ama e scopre una solitudine ancora peggiore di quella data dall'essere effettivamente soli. Ma su tutte spicca "Winter's Bone" l'opera seconda della regista americana Debra Granik - già vincitrice del premio della giuria al Sundance –  una sorta di western atipico con protagonista un'eroina adolescente anziché un cowboy solitario. Un piccolo capolavoro di sceneggiatura e di regia, durissimo e mai scontato, che consegna il ritratto di un'America arcaica e sconosciuta, dove bisogna scavare nell'orrore più profondo per portare alla luce dei piccoli bagliori di umanità.

Il Festival dunque accoglie e riflette la crisi – culturale, sociale, politica – in cui viviamo, sia tramite gli horror che attraverso film più propriamente incentrati sull'attualità, come "I due presidenti", "Requiem for Detroit" o "Napoli 24" (solo per citarne alcuni). Ma insieme allo sguardo sconsolato su di un mondo molto precario a Torino è possibile scorgere anche una sorta di Nouvelle Vague al femminile che fa ben sperare per il futuro, almeno quello del cinema.
 
http://www.torinofilmfest.org/

1 dicembre 2010

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