Percorso

Rosi: “Il mio Sicario? E’ l’anticinema”

Incontro con Gianfranco Rosi, autore di “El Sicario Room 164”, ottanta minuti di  racconti  talmente violenti da non sembrare possibili. “E’ la forza del cinema”, spiega l’autore che per la prima volta parla anche del suo nuovo progetto: l’infernale raccordo anulare della città di Roma. di Giovanna Branca

Gianfranco RosiFortunatamente, non tutte le opere più sperimentali e interessanti prodotte da cineasti italiani sono condannate a non essere mai viste nel nostro paese. A volte l'influenza di un critico famoso come Enrico Ghezzi può servire a convincere la Rai a comprare un film del tutto atipico come "El Sicario Room 164" di Gianfranco Rosi, proiettato quest'anno al Festival di Venezia.

 

 

Gianfranco Rosi è un autore di documentari: prima del "Sicario" ha realizzato "Below Sea Level"  (girato in India) nel 2008. Di recente è stato anche giurato  al Festival di Torino. Oltre a Ghezzi, anche Feltrinelli cinema si è interessata al suo lavoro, che forse verrà distribuito in dvd proprio dalla famosa casa editrice. "El Sicario" è un film documentario di ottanta minuti, interamente ambientato in una stanza d'albergo di Ciudad Juarez in cui un sicario messicano “pentito” racconta la propria storia alle telecamere, con il volto coperto da un velo nero.

''Below Sea Level''“Sono stato a Juarez tre mesi per poter girare gli esterni – racconta Rosi - il contrappunto a ciò che il sicario ci diceva, ma anche per capire ciò che ci raccontava”. Juarez, capitale mondiale del narcotraffico e sede dei più cruenti cartelli della droga messicani è, insieme a Baghdad e Mogadiscio,  tra le città più pericolose del mondo.  “Ogni giorno – continua il regista – seguivamo la polizia o i giornalisti nei luoghi in cui avvenivano atti violenti. Ho ripreso di tutto: omicidi, sparatorie, rapine, famiglie distrutte dalla violenza dei narcotrafficanti”. Sorprendentemente, in fase di montaggio, tutte queste riprese sono state bandite dal film. “Nessuna scena di violenza poteva aiutare la struttura del racconto”, spiega Rosi. “ E' stata un'intuizione a livello epidermico. Abbiamo fatto questa scelta di estremo rigore perché visionando le sei ore di intervista col sicario ci è sembrato che allontanarci da lui avrebbe contaminato la forza del film”.

''El sicario'' Room 164Un film la cui potenza riposa infatti proprio sul coinvolgere lo spettatore al massimo livello pur aggirando ogni tipo di narrativa tradizionale: c'è solo un uomo che parla, con il volto coperto, in una stanza d'albergo. “Questo film è l'anticinema, ma anche il cinema all'ennesima potenza. E lo dimostra anche il fatto che nonostante tutte le atrocità che il sicario dice di aver commesso, noi in fondo solidarizziamo con lui. E' terribile, ma allo stesso tempo è la forza del cinema”: creare un ponte tra mondi lontanissimi, creare empatia anche con ciò che il lato razionale di noi etichetterebbe come mostruoso. “Da poco il film è stato presentato al Festival di Vienna”, racconta ancora Rosi. “Io non ero all'anteprima, ma ad un certo punto il direttore mi ha chiamato e mi ha detto di andare alla proiezione perché stava succedendo una cosa incredibile. Quando sono entrato mi sono accorto che tutto il pubblico stava respirando come il sicario, come una balena che sputa”.
''El sicario'' Room 164Dal sicario si viene ipnotizzati, anche se non c'è una sola traccia di redenzione in lui: “è solo passato da un patron che gli comandava di uccidere (il suo capo nei narcos) ad uno che gli vieta di farlo, cioè Dio”, in seguito alla sua conversione. “La mia infatti non voleva essere una storia sulla redenzione, ma sulla fragilità umana”. La forza del personaggio raccontato da Rosi è comprensibile anche attraverso le polemiche di coloro che non credevano che il sicario del film fosse “vero”, ma un attore. “Se sapessi far recitare gli attori in quel modo meriterei un Oscar”, scherza il regista. “Ma la cosa interessante è che si sia pensato del mio personaggio che non fosse vero. E' la stessa cosa che succede ai miei film: spesso la gente non crede che siano documentari”. Forse perché – come i film di finzione, come tutto il vero cinema – da un evento particolare riescono ad astrarre un senso (e delle sensazioni) che vanno ben oltre la contingenza del singolo episodio sullo schermo. Questo sarà probabilmente anche il destino del film a cui Rosi sta lavorando in questo momento - “Holy Gra” - un lavoro per cui passerà più di un anno a girare in camper sul GRA, meglio noto come il grande raccordo anulare che circonda la capitale Roma.
''El sicario'' Room 164“Il GRA è l'incubo dei romani; percorrendolo si scopre una città che vorrebbe appartenere al futuro ma non le è possibile per scelte politiche sbagliate:  c'è una totale assenza di infrastrutture . Roma vorrebbe essere una metropoli ma non può: dopo gli anni '30 e gli orrendi quartieri fascisti non c'è più neanche stata progettazione architettonica seria, ma solo speculazione edilizia. E' una città che non può crescere, che secondo me è la sintesi di quello che sta succedendo in tutto il mondo occidentale. Il GRA è una sintesi del mondo”.
Ed infatti la protagonista del film è Roma, ma senza essere indicata con precisione. “Voglio che la città sia quasi irriconoscibile: non voglio che sia connotata come Roma, cerco solo di farla sembrare  un luogo infernale”. Prodigo di belle storie a proposito dei suoi film, Rosi è invece reticente rispetto alle domande sulla situazione del cinema italiano, sia da un punto di vista economico e politico che da un punto di vista artistico, nonostante sia stato giurato a più di un festival.
Gianfranco Rosi“Io sono un regista completamente indipendente, non ricevo finanziamenti quasi da nessuno in Italia e dunque non saprei cosa dire sulla situazione economica del cinema italiano,  non ne faccio parte. Né mi sento di dare giudizi sui miei colleghi”.
Neanche sui cinepanettoni, dato che siamo in periodo natalizio? “I cinepanettoni esistono in tutto il mondo – in Spagna, in Francia, negli Stati Uniti - ma nessuno ne parla. La vera anomalia italiana è che puntualmente arrivati ad un certo momento dell'anno si inizia a parlare di cinepanettoni. A me sembra pericoloso anche solo che se ne parli. Non dovrebbe nemmeno essere un argomento”. “Ma d'altronde – continua Rosi – viviamo in un paese in cui gli argomenti scandalosi sono molti, e nessuno ne è indignato. In questo paese c'è un signore di estrema destra che sta passando per il salvatore dell'Italia. E' una cosa che mi fa orrore e schifo”.

Magari c'è qualche connessione con i cinepanettoni? “Se riesci a trovare una connessione, e non la metti tra virgolette, scrivila pure”.
15 dicembre 2010
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