Percorso

Tre minuti con Lina

Anche la Wertmüller alla finale del concorso “Tre minuti di celebrità a Cagliari” i cui corti saranno pubblicati sul nostro sito per essere giudicati dai lettori. La regista: “Per imparare bisogna andare molto al cinema, io guardo anche quattro film al giorno”. di Anna Brotzu

Lina WertmullerCagliari segreta e solare, baluardo dell'Isola tra mare e cielo, con i suoi rioni storici e le terrazze, i sette colli e la spiaggia del Poetto: i molteplici volti della città affiorano nei racconti per immagini proiettati sul grande schermo al Cineworld di Cagliari per di “Tre minuti di celebrità a Cagliari.

Sfiorano la cinquantina i cortometraggi in concorso che svelano accanto alle inevitabili ingenuità e imperfezioni una crescente padronanza del linguaggio cinematografico, l'entusiasmo e la passione di giovani e giovanissimi filmmakers come di professionisti e amatori: ci sono quindi i numeri per un bilancio positivo di questa quarta edizione suggellata da una tre giorni in festival sotto la direzione artistica di Peter Marcias, con ospiti come Renato Pozzetto e  Gianmarco Tognazzi, e ancora (in una parata di stelle) Lina Wertmüller, Lino Capolicchio, Franco Nero, Lino Patruno, Fiorenza Tessari, Elena Arvigo e Gianluca Merolli e la presentatrice Antonella Salvucci.


Peter MarciasTra i corti (in una visione purtroppo interrotta da problemi tecnici) in programma al Cineworld, oltre alle immancabili panoramiche più o meno riuscite del capoluogo, che parafrasando il titolo del concorso sembrano voler semplicemente “celebrare” o promuovere l'immagine di Cagliari, spiccano anche prove più interessanti o quanto meno originali, da una notte alcolica con esito fatale alle scene danzanti sul “Golfo degli Angeli”, alla musica dell' “Aria”, dalle simpatiche variazioni su “Le vie del Signore sono infinite” alla ricostruzione della Battaglia di Sanluri. Cronache della memoria, come il ricordo di uno stampacino in “180 secondi con Salvatore Melis” e l'eco dei bombardamenti sulla Marina ne “La storia di Nobile Verrisi”, una “Serenada” per Cagliari e il disastro di Capoterra del '79, accanto alla passeggiata (con finale malizioso) di “Fuffy”, “Una giornata normale” di corsa per la città e i turbamenti de “L'ultima notte”, un “Tramonto in jazz” e parafrasi di una canzone con
“Vivo qua”.

Renato Pozzetto al CineworldFrammenti e storie del quotidiano e temi sociali s'intrecciano a paesaggi onirici, le dissolvenze del “Lido” ai problemi della disoccupazione, doppia prospettiva sul Lungomare con “Ricci & Polpo”, tra fame di lavoro e soddisfazioni enogastronomiche, e “Una giornata al mare”, tra questioni canine e tragedie umane sfiorate con un volo dal Bastione. Arduo il compito della giuria, presieduta dallo scenografo Premio Oscar Osvaldo Desideri e formata dall'attrice Fiorenza Tessari, il fotografo Priamo Tolu, il musicista Marco Ravasio, lo sceneggiatore Marco Porru e il filmmaker Claudio Noce, che nel disegnare un confine tra talenti ancora acerbi e forme più mature dovrà trovare quel quid, quell'elemento indefinibile eppure imprescindibile
che fa la differenza al di là della tecnica e dell'estetica, arrivare all'essenza del film.
 E alla giuria ufficiale si affiancherà quella speciale di Cinemecum: dalla prossima settimana la rosa dei 18 corti migliori e più significativi verrà pubblicata sul sito www.cinemecum.it   per essere sottoposta al giudizio degli spettatori virtuali. Perché, per rubare le parole a una delle guest star di questa serata finale in cui si decidono i nomi dei vincitori, la regista Lina Wertmüller, la discriminante fondamentale nel giudizio su un film sta pur sempre sul crinale del gusto e di un personalissimo, empatico “Mi piace o non mi piace”. 





Gianmarco Tognazzi al CineworldL' eclettica artista romana, nata Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich, autrice di film indimenticabili dall'esordio fulminante con i “Basilischi”, efficace ritratto della realtà meridionale, ai successi di “Mimì metallurgico”, “Film d'amore e d'anarchia”, “Travolti da un insolito destino” e “Pasqualino Settebellezze”, fino a “La fine del mondo” e “Fatto di sangue” al recente “Mannaggia alla miseria” in onda su RaiUno lo scorso giugno.
Vividi affreschi della società con toni di ironia surreale: il «grottesco» è la chiave privilegiata dalla regista e sceneggiatrice che sfugge alle etichette «non sono mai stata femminista né ho cercato di fare manifesti politici, dar definizioni è un problema di giornalisti e critici: io mi sono solo divertita coi miei giochi».
L'ispirazione? «Dietro un film c'è sempre la voglia di raccontare una storia; ogni tanto nella vita qualcosa mi attira, tre volte mi sono ispirata a dei romanzi - per “Ninfa Plebea”, “Io speriamo che me la cavo”, da un libro delizioso che raccontava tutte storie vere, e “Francesca e Nunziata” - più spesso me le invento».


Cagliari in 3 minutiLei che ha spesso affrontato nodi cruciali e contraddizioni della società sottolinea però che «è importante fare dei bei film, non importa come ci si arrivi e perché, perché come in amore ogni regola vale». Tuttavia «il cinema resta una forma d'arte popolare e ha influenzato moltissimo il costume e l'immaginario, quindi girare un film, come raccontare una storia, qualsiasi storia e con
qualunque mezzo, comporta sempre una responsabilità».
 Sulle sorti e lo stato dell'arte del cinema: «Si parla di crisi da tutte le parti, quindi è inevitabile che si parli di crisi anche nel cinema, e nel cinema italiano in particolare, che ha avuto i suoi alti e bassi ma  è sempre un grande cinema». E un pizzico di speranza: «Ci sono come delle onde ma oggi mi pare che stiamo risalendo». Sui giovani registi ammette: «Parecchi son carini; i nomi non si fanno non sarebbe giusto per gli altri». Se «la politica dovesse sostenere il cinema e la cultura», concorsi e festival «sono sempre utili, sono una maniera di fare pubblicità al cinema»; per imparare a fare cinema, da docente del Centro Sperimentale di Cinematografia, quindi in prima linea nell'individuare e valorizzare i nuovi talenti, raccomanda «bisogna vedere molti film».

Lina WertmullerGli inizi? «Cominciai con il teatro, studiai regia con un grande maestro che era Sharoff; poi ho conosciuto Fellini, collaborando a “La dolce vita” e “8 e 1/2”», ed è scoccata la passione.
Ma intanto c'era stato “Il Giornalino di Gian Burrasca”: «Era il romanzo preferito di mia madre quando era piccola, poi ho conosciuto la Pavone, allora giovanissima cantante, nel cast c'erano tutti attori di teatro, le musiche, bellissime, erano di Nino Rota: e adesso sta girando una versione in musical, una sintesi con Elio e Le Storie Tese di cui ho fatto la regia, ci siamo divertiti molto!»
Le idee e i progetti ancora da realizzare sono «moltissimi, ne ho una libreria piena» per la regista che tra una ricostruzione storica (“Ferdinando e Carolina”) e la satira del presente  (“Metalmeccanico e parrucchiera”) non ha mai smesso di lanciare le sue provocazioni e istigazioni alla riflessione. Anche dal palcoscenico, come con “Lasciami andare, madre”, pièce cruda e amara su una donna che abbandonò la famiglia, affascinata dai piani di Hitler e pronta a seguire il Führer nel suo inferno, ispirata al libro autobiografico di Helga Schneider (le scenografie sono di Enrico Job). Ma resta intatto l'interesse per il cinema, «semplicemente una cosa che mi piace fare».


Lina WertmullerQuesta signora del grande schermo che  dichiara «non compro un giornale da 12 anni», s'informa
«il meno possibile, soprattutto attraverso i telegiornali che danno le notizie più eclatanti», si rivela assidua frequentatrice della decima musa: «guardo tutto, in televisione ma anche al cinema, rivedo vecchie pellicole e nuovi film, guardo almeno tre-quattro film al giorno».  L'ultimo film al cinema?  «Quello di Woody Allen. Mi è piaciuto». I suoi film «sono come i figli, li amo tutti», mentre il film della vita è «“8 e 1/2”, o magari “La dolce vita”» e se il cinema non s'insegna, esistono però maestri, come «Fellini, un grande artista; non è che da Fellini s'impara niente, ma guardare il suo cinema è come aprire la finestra su un bellissimo panorama, che neppure sapevi esistesse, e a respirar quell'aria uno non può che esserne arricchito». Infine, a proposito di grandi maestri, il pensiero va a Mario Monicelli: «E' un artista che ho conosciuto molto bene e amato moltissimo; è uno degli autori più importanti del nostro cinema, che io ho sempre adorato: ho amato i suoi film, tutti i suoi film. E ha anche fatto una bella uscita 
di scena».

15 dicembre 2010

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