"Porco rosso" di Hayao Miyazaki
Il consiglio di Elisabetta Randaccio
Le vie della distribuzione cinematografica sono misteriose. Solo dopo 18 anni, la “Buena Vista” e la “Lucky Red” (a cui, comunque, in questo caso, gli spettatori debbono essere grati) decidono che uno dei più bei film del maestro dell'animazione giapponese Hayao Miyazaki possa interessare il pubblico italiano.
Così “Porco rosso”, realizzato nel 1992, esce nelle nostre sale, forse anche dopo il successo della sua riproposizione all'ultimo Festival di Roma, benché la pellicola fosse stata programmata già alla Mostra di Venezia del 2005, quando al regista nipponico fu assegnato il meritato Leone alla carriera.
“Porco rosso” è un gioiello prezioso non solo all'interno del genere dell'animazione, ma per la storia del cinema contemporaneo. E' un'opera che rispetta i canoni estetici di Miyazaki e alcune sue topiche, ma, nello stesso tempo, risulta maggiormente avvincente, con una vicenda narrativamente vicina pure ai modelli del noir o dell’ “avventura” (si pensi a tutto il filone “aviatorio” così diffuso negli anni Trenta). In questo contesto, non manca l'elemento magico-onirico, il quale caratterizza i capolavori di Miyazaki. In “Porco rosso”, infatti, fino alla conclusione, non capiamo il motivo per cui il coraggioso pilota Marco Pagot (nome scelto dal regista giapponese in onore dei suoi colleghi italiani Nino e Toni Pagot, autori nel 1949 del primo lungometraggio di animazione a colori italiano: “I fratelli dinamite”) sia stato “punito” con la mutazione del viso in un muso di maiale.


Chi ama l’arte raffinata di Miyazaki non può perdere questo tassello fondamentale del suo percorso creativo, così originale e coinvolgente, dove la colonna sonora ha sempre la sua importanza basilare.