"Hereafter" di Clint Eastwood
Il consiglio di Elisabetta Randaccio
L'invecchiamento e la morte: i due tabù che ancora provocano le reazioni più inconsulte nella nostra contemporaneità. Infatti, in un mondo non disponibile a invecchiare, pronto a tutto pur di allontanare i segni del tempo e la fine della esistenza (non accettata nella sua naturalità), parlare di tali argomenti è considerato indecente.
Clint Eastwood, ottanta anni e un percorso cinematografico dimostrante quanto un artista possa sempre imparare dagli altri e dalla propria contraddittoria esperienza e sia capace di arrivare a notevoli vette estetiche, nella sua ultima opera da regista continua a discorrere di morte con una leggerezza di tocco invidiabile, senza enfasi, alternando la tensione agli episodi della quotidianità, senza melodrammaticità e con serenità (interpretata, sbagliando in pieno, come ottimismo e zuccherosità).
In realtà, nella sua filmografia, la morte è un focus centrale ed ogni personaggio ne ha dovuto tenere conto. Non solo, ovviamente, i cavalieri western senza nome portatori di morte loro malgrado (pensiamo al “Cavaliere pallido”, 1985), ma pure il protagonista di “Debito di sangue” (2002) , che “risuscita” per un trapianto di cuore, ma trasformato nelle convinzioni e nelle decisioni.
In realtà, nella sua filmografia, la morte è un focus centrale ed ogni personaggio ne ha dovuto tenere conto. Non solo, ovviamente, i cavalieri western senza nome portatori di morte loro malgrado (pensiamo al “Cavaliere pallido”, 1985), ma pure il protagonista di “Debito di sangue” (2002) , che “risuscita” per un trapianto di cuore, ma trasformato nelle convinzioni e nelle decisioni.

“Hereafter” (ovvero “L'aldilà”, ma la parola inglese sottolinea spazio e tempo, mentre quella italiana si ferma al “dopo”) è una storia circolare, dove la morte è presente in modi diversi: evocata, tangibile, compagna di strada. Uno dei personaggi, interpretato con buona prova da Matt Damon, è un sensitivo, George Lonegan, il quale ha l'esistenza tormentata da quello chiamato affrettatamente dagli altri “dono”. Non è un ciarlatano, come la maggior parte dei buffoni senza pietà, pronti ad approfittarsi del dolore altrui; le sue “visioni”, “le voci” lo hanno fatto allontanare dalla realtà confusionaria e stramba della sua San Francisco. Meglio fare l'operaio precario che sopportare la scia eterna della morte.

Dall'altra parte del mondo, a Parigi, vive Marie, giornalista aggressiva e di successo, la quale si è trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato: nei luoghi dove si è abbattuto lo tsunami del 2004 (trascritto in immagini in maniera potente da Eastwood). In quella situazione, è quasi affogata, per poco non ha oltrepassato la soglia della esistenza, ha visto veri morti e sopravvissuti devastati da quell'orribile avvenimento. Ha sfiorato le dita gelide della morte e non sa allontanarsene: i suoi “amici” la pensano depressa e, perciò, da emarginare; lei riesce a reagire scrivendo un libro su quell'esperienza.


12 gennaio 2011