Percorso

L'arte della "chea"

Terminate le riprese del documentario di Maurizio Marras e Pietro Brundu, prodotto dai galluresi di Arterula. Immagini e testimonianze sull’antica  carbonaia sarda: tradizione, storia, vecchi mestieri per un’arte ormai scomparsa. A fine febbraio la prima a Bortigiadas. di Maria Elena Tiragallo

Le riprese di “Chea” in sardo vuol dire carbonaia. E’ la protagonista assoluta del nuovo documentario “La chea: l’antica arte dei carbonai in Sardegna”, diretto dal regista Maurizio Marras e Pietro Brundu, sulla nascita, lo sviluppo e la fine dell’artigianato del carbone sardo.

In sessanta minuti  sono raccontate le varie fasi della realizzazione di una “chea”: dal taglio delle piante  sino al carbone vegetale. Immancabile l’introduzione storica di Gian Giacomo Ortu, docente all’Università di Cagliari e  di  Manlio Brigaglia, docente dell’Università di Sassari,  sulle varie fasi storiche che hanno portato nella seconda metà dell’800 all’arrivo di operai toscani sovvenzionati da finanzieri piemontesi  con  lo scopo di sfruttare i numerosi boschi sardi per ricavarne carbone vegetale.

''La chea: l’antica arte dei carbonai in Sardegna''Nel Campidano tale disboscamento incontrollato portò uno sconvolgimento generalizzato di torrenti, letti naturali dei fiumi e disordini idraulici notevoli, il cui culmine fu l’alluvione del 1889 che segnerà la nascita dell’Unione Sarda, nata appunto in quell’occasione allo scopo di informare la popolazione. Ad essere intervistati gli ultimi carbonai sardi, che  spiegano come venivano costruite le carbonaie, come impararono da bambini, quali strumenti utilizzavano. Immagini e foto testimoniano le lavorazioni.  Attenzione riservata anche  agli strumenti d’epoca, spiegati dal direttore del museo etnografico Galluras, Pier Giacomo Pala: dagli strumenti originali utilizzati da primi operai toscani  dell’800 per il taglio degli alberi sino a quelli in cui veniva utilizzato il carbone prodotto.

''La chea: l’antica arte dei carbonai in Sardegna''Il naturalista Alessandro Ruggero illustra, invece, le reazioni chimiche che permettono di trasformare la legna in carbone vegetale.  Segue lo sviluppo del commercio del carbone vegetale e della sua vendita sino alla scomparsa dal mercato, la chiusura degli ultimi magazzini di carbone  e la fine dell’epoca delle produzioni artigianali segnata dal passaggio ad altre fonti energetiche.  Sessanta minuti di dialetto gallurese doc, con sottotitoli in italiano, rigorosamente girati a Bortigiadas, provincia di Olbia, patria di quelli che erano considerati i migliori carboni sardi.  «Il progetto è nato nel 2010 casualmente per scopi turistici, ci avevano chiesto di realizzare un filmato per attirare un po' di viaggiatori.

''La chea: l’antica arte dei carbonai in Sardegna''Lavorando a questo progetto ci siamo resi conto che  si trattava di una tradizione che non c’è più,  e il modo migliore per non dimenticarla era quella di raccontarla, documentandola. Così si è deciso con i nostri mezzi, quelli dell’associazione Arterula  di realizzare il documentario, ricostruendo quella che era la carbonaia. Il film non è costato nulla, un centinaio di euro, solo le spese della benzina».  Per la prima proiezione si dovrà attendere ancora un paio di settimane. Si inizia ovviamente da Bortigiadas a fine febbraio e poi si parte per il tour: il documentario sarà proiettato infatti in decine di comuni sardi. E perché no, potrebbe essere proiettato anche nelle sere d’estate in qualche piazza zeppa di turisti..

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2 febbraio 2011

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