Percorso

"Le concert, o il film che avrei voluto fare"

Incontro con Sebastiano Somma, in tour sull'Isola, diretto tra gli altri anche da Dario Argento, Corbucci e Vanzina e nel 2008 passato dietro alla macchina da presa per raccontare la storia della troupe Rai uccisa a Monstar. "Il film che avrei voluto girare? L'importante è comunicare un'idea". di Anna Brotzu
 
Sebastiano Somma«Per me – forse perché son cresciuto a Napoli, una città dove in ogni momento si assiste ad un teatro vivente e quotidiano – recitare è sempre stato una cosa naturale (vorrei che restasse così). In questo momento di rinascita del cinema italiano mi piacerebbe tornare a interpretare qualche ruolo in un film, magari una commedia, purché interessante e originale. Ha visto “Le concert” di Mihăileanu? Ecco, vorrei lavorare a una pellicola come quella, che abbia qualcosa da dire, comunichi un'idea». Così Sebastiano Somma, nell'Isola con “Il giorno della civetta”, trasposizione teatrale del romanzo di Leonardo Sciascia dove interpreta il protagonista, il capitano Bellodi, alle prese con un delitto di mafia nel cartellone del CeDAC (a Carbonia e Sassari, poi a Tempio e infine a Palau, fino al 24 febbraio), si racconta a Cinemecum. L'attore campano non ha dubbi: "L'arte, in qualsiasi forma, è fondamentale per lo sviluppo di un popolo.
 
''Il giorno della civetta''La politica, invece di tagliare, come sta facendo, la cultura, dovrebbe promuoverla, anche e soprattutto in periodo di crisi perché (non sono io il primo a dirlo e in molti paesi europei l'hanno capito benissimo), la cultura “è” economia. Il cinema e la televisione (ma vale anche per la musica, basti pensare ai teatri lirici, e la prosa) sono un'industria, portano investimenti sul territorio in termini di lavoro, di valorizzazione delle risorse, di attrattiva turistica. Occorrerebbe una maggiore sensibilità e attenzione da parte degli amministratori: non “tagli” ma agevolazioni, supporti logistici, incentivi. I talenti non mancano e neppure le idee, compito della politica, ma anche degli artisti è rimboccarsi le maniche, evitare gli sprechi e far sì che anche l'Italia, come gli Stati Uniti, che hanno puntato moltissimo sul cinema per diffondere la loro visione del mondo, possa essere all'avanguardia nella realizzazione di film (e di fiction) e nella sperimentazione.  La televisione che è continuamente sotto lo sguardo di tutti, entra in moltissime case, secondo me ha subito un'involuzione esagerata; ma gli ascolti stratosferici di programmi come “Vieni via con me” con Saviano dimostrano, per chi avesse ancora dei dubbi,  che la gente è pronta – è sempre stata pronta- e ha voglia di vedere cose diverse che smuovano il pensiero e le idee: sarebbe tempo di “osare” di più, oltre l'intrattenimento, perché, come direbbe Sciascia “le idee muovono il mondo”.

''Il giorno della civetta''In scena ne “Il giorno della civetta”, già portato sullo schermo da Damiano Damiani, lei interpreta un personaggio che sembra quasi legato da un fil rouge al magistrato nella serie “Sospetti” e l'avvocato di “Un caso di coscienza”. Anche lei si sente, come il capitano Bellodi, dalla parte della giustizia?
Sarà che nella mia vita ne ho viste succedere tante, di ingiustizie, che mi viene facile e spontaneo aderire a questi personaggi, nella loro sete di verità! Scherzo naturalmente, i ruoli capitano un po' per caso e un po' per fortuna, io devo molto a Luca Bartoli, che ho “incontrato” in un momento molto particolare della mia carriera, e all'avvocato Tasca: non solo la popolarità televisiva, ma anche la possibilità di affrontare le sfumature e la complessità di caratteri e vicende che riflettono fon troppo da vicino il malessere del nostro paese.  La trasposizione de “Il giorno della civetta” nasce all'interno di una trilogia voluta dal regista Fabrizio Catalano per divulgare il pensiero di Sciascia e la “materia”, un giallo che tratta argomenti scottanti e purtroppo ancora attuali, ben si presta a un adattamento teatrale. Di questi tempi c'è bisogno di opere come questa, per risvegliare le coscienze che in questi ultimi anni paiono come addormentate; e il pubblico dice le stesse cose: in fondo raccontiamo delle realtà, non diciamo niente di nuovo, ma tutti davanti a queste verità così scandalose, forse sommersi da tante notizie sempre uguali, da un senso d'impotenza, siamo diventato un po' troppo indifferenti.
 
''Il giorno della civetta''Io all'inizio ero un po' titubante, proprio per la “vicinanza” di Bellodi con quegli altri personaggi, ma poi ha prevalso il mio istinto e ora so che ha avuto ragione. La parola di Sciascia è una parola alta, per un attore lavorare su questi materiali è impegnativo e stimolante, significa dar corpo e voce a un pensiero. E prima di entrare in questo ruolo che era stato di Franco Nero al cinema, gli ho telefonato, gli ho chiesto dei suggerimenti, e lui mi ha ricordato una cosa essenziale, che: «Bellodi è un ex partigiano, ha  lottato per il suo paese e si sente soprattutto un servitore dello stato». Io ho aggiunto di mio questa forza, questa rabbia che il personaggio, da ex partigiano, quindi da combattente, si porta dentro. E stiamo lavorando bene, almeno a giudicare dai consensi.

Tra storia e cronaca: lei al cinema ha fatto anche il reporter..
Ne “La bambina dalle mani sporche”, un film di Renzo Martinelli tratto dal romanzo di Giampaolo Pansa, con Ornella Muti. Beh certo, lì si parlava di scandali finanziari, era una storia d'amore complicata da un'inchiesta su affari non proprio limpidi.

Un giovane Sebastiano SommaMentre i suoi esordi sullo schermo son stati più leggeri..
Ho fatto anche “Un jeans e una maglietta” con Nino D'Angelo, che poi è diventato quasi un “cult” e già all'epoca, nel suo genere, di filmografia musicale, ebbe un successo clamoroso. Il mio vero esordio al cinema, tra una commedia balneare - “Cuando calienta el sol... vamos alla plaia” - e uno “Zero in condotta” è stato proprio con un divo popolare come Nino D'Angelo, che poi avrebbe rivelato le sue doti di artista, compositore e anche attore.  Io da ragazzino facevo teatro a Napoli, dove da Viviani a Eduardo c'è una tradizione vivissima: è  una città che in qualche modo si rappresenta attraverso noi attori e il teatro si respira nei quartieri e nei vicoli, nel modo di fare della gente. Una realtà bellissima e per me un insegnamento importante e mai dimenticato, un esempio di grande apertura mentale. Ho iniziato così, a livello di filodrammatica, poi ho avuto la fortuna di debuttare con Rosalia Maggio ne “Le sorelle Materassi”, uno spettacolo importante, con cui abbiamo fatto una tournée internazionale, siamo stati pure in Canada.

Com'è nata questa sua passione?
Io da piccolo avevo questo desiderio, volevo fare l'attore, avevo un bisogno di comunicare, non dico di essere al centro dell'attenzione, ma di suscitare emozioni. Però era quasi un gioco, mi veniva naturale, mi piaceva e lo facevo, senza pormi troppi problemi: e che l'avrei fatto (e anzi che già lo facessi) sul serio l'ho scoperto 15 anni dopo. Non ero però così determinato a fare carriera e nemmeno ero e sono mai stato influenzato da un certo cinismo che impera nella professione; questa “ingenuità” me la son portata dietro nei momenti bui e anche in quelli rosei. Sapevo solo di voler evolvermi, maturare, “crescere” in questa direzione. Negli ultimi dieci anni il mio percorso professionale si fatto più preciso, forse prima questa mia “leggerezza” nel rapportarmi al mondo del lavoro ha confuso un po' le idee. C'era anche la difficoltà di uscire dagli stereotipi in cui la televisione, e anche certo cinema, ti costringono.

Sebastiano SommaUn piccolo tuffo nell'horror: è stato diretto anche da Dario Argento?
Una piccola parte, un cameo, in “Opera” quando ancora non avevo raggiunto la popolarità sul piccolo schermo, e anche se le nostre strade non si sono più intrecciate su un set, con Dario  c'è sempre una grandissima simpatia e stima. Questo è un momento felice per il cinema italiano, pur tra le difficoltà che sappiamo ci sono nuovi autori e registi interessanti e se adesso la mia carriera segue un percorso molto più televisivo, da “Skipper” e soprattutto “Io Jane tu Tarzan” di Enzo Trapani a film tv come “Senza confini” di Fabrizio Costa (in cui interpreto un personaggio a cui sono molto legato, Giovanni Palatucci, il questore di Fiume che riuscì a salvare migliaia di ebrei dalle persecuzioni naziste e morì a Dachau nel '45), mi piacerebbe ricominciare un discorso interrotto (troppo presto secondo me!) con il cinema.

Che film guarda?
Mi piacciono le commedie sofisticate, un certo cinema francese e soprattutto i film un po' originali, che abbiano una storia da raccontare, che nascano da un'idea. Ho visto “Benvenuti al Sud”, conoscevo già l'originale francese “Giù al Nord”: sono film piacevoli, divertenti, che affrontano con ironia temi attuali, fanno riflettere e sorridere. Tornando alla Francia, mi è piaciuto molto “Il gusto degli altri” di Agnès Jaoui, anche questa è una commedia sui costumi e le differenze culturali. E poi “Le concert”, un film che avrei voluto fare.
Per ora faccio televisione, quella guardabile, più discreta, almeno spero e continuo a fare teatro e aspetto.

E si fa un “Viaggio in Italia”..
Sì, ho fatto una piccola partecipazione nel film di Luca Miniero e Paolo Genovese, ci conosciamo dal set di “Nati ieri” - una fiction per Canale 5 ambientata in un ospedale, nel reparto maternità, che ha avuto uno strano destino, si è un po' persa nei palinsesti delle reti Mediaset – e mi hanno chiamato a fare un breve percorso di questo lungo “viaggio” che hanno sottotitolato “Una favola vera”

''Il mercante di stoffe''Parliamo del film “Il mercante di stoffe”.
E' un film che deve ancora uscire: aveva ottenuto un finanziamento dal MiBAC, il ministero ai beni e le attività culturali, cinque anni fa, ma il progetto si è interrotto più volte per una discontinuità della produzione, finché a un certo punto ho preso in mano la situazione e il film è stato portato a termine con la regia di Antonio Baiocco.  E' una semplice e molto intensa storia d'amore, di cui sono il protagonista accanto ad Emanuela Caruccio: un mercante parte per il Marocco alla ricerca di stoffe preziose, s'inoltra nel deserto per raggiungere un laboratorio e lì incontra una donna e nasce tra loro una passione, non senza contraddizioni perché lui è sposato e soprattutto sono due culture diverse che si trovano a confronto. Mi son messo in prima linea per cercare di portare il film nelle sale, non solo e non tanto perché interpreto un ruolo importante ma perché è stato realizzato con finanziamenti pubblici, quindi con i soldi di tutti noi, ed è giusto che agli spettatori - e ai contribuenti - sia data la possibilità di vederlo, come di vedere tutte le pellicole, che spesso hanno vita difficile specie nella distribuzione, in cui vengono investiti denari pubblici. Invece molti film rischiano di restare fermi, sospesi nel limbo: è importante sostenere la distribuzione e l'uscita anche di opere magari più complesse, meno immediate, che offrono sguardi diversi sulla realtà.

Sebastiano SommaDa magistrato a eroe civile a mercante di stoffe: come entra in un ruolo?
Cerco sempre di lavorare sulla verità del personaggio, documentandomi sui fatti, le circostanze, l'ambiente – c'è sempre una storia dietro un racconto anche di fantasia. Approfondisco moltissimo prima, cercando di cogliere l'essenza, il carattere: poi al primo ciak si capisce se il personaggio c'è o no. E s'inizia un confronto continuo con il regista.

Tra l'altro lei si è trovato anche dietro una macchina da presa.
Una piccola parentesi per un progetto importante: ho diretto dei corti (tre per l'esattezza, perché il quarto non l'abbiamo montato) per la fondazione del Premio Marco Luchetta (dedicato a Marco Luchetta, Alessandro Ota, Dario D'Angelo e Miran Hrovatin, quattro operatori dell'informazione morti a Mostar e Mogadiscio) che si occupa dei bambini vittime della guerra. E' stato un viaggio nella memoria dei luoghi, un percorso itinerante in cui seguendo un bambino sul ponte di Mostar  facevo vari incontri finché la mia guida si rivelava uno degli spettri lasciati sul campo dagli scontri in armi.

''Sospetti'', Sebastiano Somma e Vanessa Gravina Tante commedie e tante parti da “buono”: non le vien voglia di interpretare un “cattivo”?
Devo dire che mi son molto divertito nel fare quei film “leggeri”; son stato pure un playboy con Teo Teocoli ne “I miei primi 40 anni”! E' stato interessante anche girare ad Amsterdam, e in luoghi abbastanza tosti, “Hanna D.- La ragazza del Vondel Park” sulla questione della droga. Però è ne “La vita di scorta” che ho potuto mostrare il mio lato oscuro: avevo una lunga scena in cui facevo un tossico che vestito da borghese, insieme alla moglie, chiedeva soldi ai passanti, finché non veniva “scoperto” da un amico d'infanzia: «ancora fai queste cose?». Il regista Piero Vida mi aveva apprezzato moltissimo: un bella soddisfazione! Poi Luigi Perelli, con cui avevo fatto un provino per la “Piovra”, ma ero “troppo giovane”, mi ha voluto in “Sospetti”: ed è iniziata l'avventura di Luca Bartoli.
23 febbraio 2011
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