Percorso

L'evidente armonia della Morando

Poetessa, sceneggiatrice, regista, vincitrice del premio Solinas, Elena Morando è soprattutto "una contadina della scrittura". Il 12 marzo a Cagliari la prima del suo film girato tra il sud dell'Isola e la Gallura. di Salvatore Pinna
 
Ilenia e ElenaDa adolescente la madre la svegliava in piena notte per vedere a Fuori orario film “che non si possono scordare”. Poi c'era Manara e Hugo Pratt, Andrea Pazienza, Moebius, Francois Bourgeon e Corto Maltese. Quei film e quei fumetti sono stati, per Elena Morando, la formazione alle immagini. All’esperienza della regia è arrivata trascinata dalla scrittura. Ha scritto drammaturgie teatrali, poesie, sceneggiature. Con “Vicino al cuore” ha vinto la borsa di studio Claudia Sbarigia - Storie per il cinema - Premio Solinas 2009. Ha vinto il Concorso Avisa 2008 con "L'evidente armonia delle cose" da cui, nel 2010, è nato il mediometraggio, prodotto dall'Isre di Nuoro. Il film racconta la giornata di una quinta elementare composta da otto bambine e dalla maestra, in una scuola della provincia sarda, nel giugno del 1938. Si tratta di una giornata speciale: è l’ultimo giorno di scuola, si conclude il rapporto educativo tra la maestra e le bambine, ci sarà la foto di classe. È anche il giorno in cui avverrà la visita del Duce. Il 12 marzo avrà luogo la prima cagliaritana del film, a cura della Cineteca Umanitaria, in una serata di cinema e poesia in cui si parlerà anche della sua raccolta di versi "Mai più la parola cielo" (Aìsara 2010).

OreIn che modo si combinano e si influenzano nel suo lavoro poesia scritta e poesia filmata?
La poesia scritta e la poesia filmata hanno la stessa matrice che è di tipo "visivo" ma poi prendono strade diverse. Se compongo in parola scritta sto in ascolto di quella particolare visione fino a che il verso non affiora da sé musicalmente, se invece voglio comporre attraverso le immagini devo poter continuare a vedere nei dettagli; tutto. Colori, oggetti, movimento degli attori, luce, ombra. Per me la poesia e il cinema devono potere parlare di un altrove anche quando parlano di qualcosa vicino a noi o familiare.

Che scoperte ha fatto avvicinandosi al cinema come regista?

Con il cinema ho riscoperto il disegno, ho scoperto il mio amore per le scenografie, ho osservato gli altri, i loro gesti, il mestiere. Ho scoperto che il montaggio è come comporre poesia. Mi sono sentita bene, io solitaria con tanti, una famiglia, sempre insieme, anche se come nelle migliori famiglie ci si incazza da morire. Ma è un gioco magnifico e vale la pena soffrire un po’.

Il film è interamente girato in Gallura?
Gli interni sono stati girati in una scuola d'epoca dei primi del Novecento nell'Isola di La Maddalena e in un palazzo d'epoca a Cagliari. La scelta dei luoghi è stata fatta in base ad un criterio di verosimiglianza trattandosi di un film storico. Gli esterni sono girati in due stazzi galluresi.

''L'evidente armonia delle cose''C’è nel film un’attenzione agli oggetti che invita all’esercizio dello sguardo.
Questo film è stato pensato come un racconto per cose, oggetti, scarpe, piedi, dettagli. Come se in essi si depositasse la vita e la memoria. Le reliquie di un tempo ma anche le tracce da consegnare al presente e al futuro che verrà. Tutti i dettagli sono frutto di una mia riflessione che mi ha impegnato in un anno di lavoro sulle cose, sulle scenografie, sulle scarpe, sui costumi, sulla luce, sui colori.

L’edificio della scuola è un oggetto-personaggio perfetto per la storia.
La scuola, enorme, con lunghissimi corridoi, i pavimenti a scacchiera bicolore, il cortile interno su cui si affacciano tutte le finestre dei piani superiori, mi ha chiamato a raccontare una storia in maniera contenuta. Contenuta dalle mura, contenuta dal cortile. In questo modo, in tanta brevità (34 minuti), l'aperto ha tutto il suo respiro; ecco finalmente siamo fuori! Il cortile è l'anticamera del "fuori" che è rappresentato dai desideri, dalle gioie e dai dolori dei miei personaggi. La maestra sogna a colori pur essendo cieca e va "fuori".

L’uso del colore è una chiave del film.
Abbiamo girato perlopiù a luce naturale: usando un bianconero sbiadito (anni trenta con variazioni tecniche sul film muto), un colore pastello (anni sessanta) e un colore sparato (sogno della maestra e finale).

''L'evidente armonia delle cose''Come ha trovato le attrici bambine così giuste singolarmente e così corali?
Le bambine mi hanno trovato loro, quando nei giorni dei "molti e molti" (il giorno dei morti) sono arrivate a casa a chiedere dolciumi. Erano perfette insieme, un gruppo, un movimento di sguardi, di mani, di risatine. Mentre distribuivo le noci, le caramelle e i mandarini ho chiesto "Vi andrebbe di fare un film?".

“L’evidente armonia delle cose” deve molto al montaggio e tuttavia vi si riconosce una sceneggiatura “decisa”.

È un film di sceneggiatura ed anche il montaggio rispondeva a dei passaggi precisi che avevo in mente fin dall'inizio e che avevo disegnato facendo i bozzetti. Tranne trovarmi poi spiazzata e anche delusa in alcuni casi, così da intraprendere nel montaggio strade diverse a stemperare o esagerare un tono e una situazione.

La musica è usata con sobrietà ma compare in momenti particolarmente significativi.

L'intenzione era di entrare delicatamente nella storia senza ferire le immagini. Enzo Favata è il compositore della musica principale che è ripetuta nei punti chiave del film.

''L'evidente armonia delle cose''Alla fine c’è anche la canzone della Titina che non è solo una citazione chapliniana.
È una traccia di cui ho voluto recuperare i toni nelle immagini di alcune scene soprattutto nel frammento di film muto: come se il fotografo che è un uomo di mondo avesse già visto questo film e canticchiasse tra sé proprio quel motivo.

Di cosa parla “Vicino al cuore”, la storia premiata al Solinas?
È una storia ambientata in una Sardegna di oggi dove le protagoniste principali sono quattro donne: narra delle cose che conosco meglio, fuori dalla mia finestra, semplicemente. Parla di amore e ribellione.

''L'evidente armonia delle cose''Ha un significato l’aver scritto tutte storie al femminile?
Non credo nel cinema di genere come categoria, come un confine stabilito a priori. Questo per me deve poter essere il cinema che si interroga su tematiche femminili, deve poter appartenere e non appartenere allo stesso tempo. Il mio narrare mi porta sulle strade che conosco meglio e dunque mi porta anche a narrare di donne ma, ogni volta, tento di mettermi in ascolto, della voce di quel personaggio o di quella storia, non sapendo dove mi condurrà, perché se lo decidessi troppo a priori allora avrei troppe rivendicazioni da fare. Vorrei poter invece lasciarmi la sorpresa di inventare una terra che non conosco e poter occupare il mio spazio senza chiedere il permesso: nessuna donna dovrebbe farlo se ha qualcosa di importante da dire.

Lo sa che c’è stata a Nuoro, nel 1938, una maestra, si chiamava Mariangela Maccioni Marchi, che si oppose al direttore che voleva imporle la didattica del  “credere, obbedire combattere”, proprio come la maestra del film?
Mi fa piacere sapere di questa maestra disobbediente di Nuoro e di averla in qualche modo evocata!
9 marzo 2011
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