Percorso

L'istante di Farina

Incontro col regista, scrittore e sceneggiatore torinese ospite a Cagliari per la rassegna Libri e Cinema col suo romanzo "La figlia dell'istante". “La mia carriera? Un paradosso cinematografico”. di Elisabetta Randaccio

Corrado FarinaIl primo incontro della rassegna “Libri & cinema”, proposta dalla Società Umanitaria-Cineteca Sarda, che proseguirà fino al prossimo 24 maggio, è stato dedicato al romanzo (pubblicato alla fine del 2010 per le edizioni Fogola) del regista Corrado Farina: “La figlia dell' istante”.

Il sottotitolo “Un grande feuilleton torinese” e la bella copertina che contamina una immagine di Janet-Lange con la silhouette fotografica di un personaggio stereotipo da narrativa gialla (un uomo con occhiali neri, sciarpa, impermeabile e occhiali scuri), offre immediata la chiave di lettura dell'estetica del regista piemontese sia per quanto riguarda l'opera letteraria sia quella cinematografica. Farina, infatti, conosce a perfezione il linguaggio e la storia della comunicazione popolare, utilizza le capacità di sintetizzare e diffondere i messaggi, anche di contenuto complesso, in maniera semplice e accattivante e ne ha sempre apprezzato, nelle sue varie forme (dal fumetto al film, dal romanzo d'appendice a quello poliziesco), la produzione, senza sostenere le superate e inutili barriere con quella identificata come arte “alta”. 

''La figlia dell'istante''Così, anche la “Figlia dell’istante”, allo stesso modo degli altri suoi sette romanzi (uno da consigliare ai cinefili è sicuramente “Giallo antico” che ci fa percorrere in flashback e foreword Torino, prima capitale della produzione filmica italiana e, tra i vari misteri, inserisce un’ipotesi originale sulla morte dello scrittore Emilio Salgari: omicidio al posto del suicidio) è appassionante per il lettore nella forma e nel plot, attraversato da una buona dose di ironia e diviso in capitoli- puntate, come appunto i primi feuilleton usciti nei periodici e nei quotidiani tra l’ottocento e il novecento. La genesi di questo testo è curiosa e l’ha raccontata lo stesso Farina nell’incontro con il pubblico, supportando la spiegazione con la proiezione di un suo vecchio servizio girato per la gloriosa trasmissione RAI “Gulliver”, nel 1980.

“Mi avevano chiesto di intervistare gli scrittori Fruttero e Lucentini, ma non volevo realizzare un servizio banale. Così, nacque l’idea di riprendere i due autori in uno studio, mentre costruiscono, improvvisando, una trama narrativa gialla. Andavano a braccio, identificavano i personaggi e le situazioni, montate da me, con “ricostruzioni” interpretate da Milva. Il titolo del romanzo doveva essere proprio la “Figlia dell’istante”, molto vicino a quelli di Carolina Invernizio, evocante agnizioni sconvolgenti, invece si trattava della figlia di un uomo che faceva una istanza! Questo soggetto, che mi era subito piaciuto, ho tentato di riprenderlo tanto tempo dopo; Lucentini era già morto e, dunque, chiesi a Fruttero di scrivere il libro con me, a quattro mani, nella modalità di collaborazione a cui era abituato, ma il progetto non è andato in porto, per cui, alla fine, l’ho realizzato io, come ha scritto un recensore, cogliendo un bel gioco e una bella sfida”.

La narrativa popolare diventa da subito materia per i suoi film.

Il mio primo lavoro, “Il figlio di Dracula”, in effetti, riprendeva modelli di genere, che mi piacevano moltissimo.  E’ una sorta di cortometraggio comico, anticipazione dei film sui vampiri, oggi così di moda. Era, ovviamente, penalizzato dal budget, attualmente è inserito come extra nel dvd di “Hanno cambiato faccia”.

'Hanno cambiato faccia''Proprio “Hanno cambiato faccia” (1971), che vedremo in coda alla serata, utilizza la figura del vampiro, seppure in un’interessante metafora del potere capace di annientare qualsiasi ribellione con la sua forza di annullamento e cooptazione.
“Hanno cambiato la faccia”, seppure vincitore del Pardo d’oro al Festival di Locarno nel 1971, ebbe una pessima distribuzione e fu visto da pochi spettatori. Col tempo ha acquistato una nuova giovinezza, è diventato un piccolo cult. La sceneggiatura risentiva della situazione politica del tempo, si veda la frase del filosofo Herbert Marcuse posta come epilogo a conclusione del film, che ruota sui vampiri, connotati con le loro tipologie classiche, ma avidi più che di sangue, di potere…

La sua carriera di regista di fiction e di scrittore è stata certamente influenzata dall’aver lavorato, per un certo periodo, nel mondo della pubblicità; questo elemento, infatti, è declinato in varie modalità nei suoi romanzi.
Sono stato per 5 anni nello studio Testa; probabilmente più che andarmene, mi sono fatto sbattere fuori! In ogni caso, nei miei film e romanzi l’universo pubblicitario, sia nei suoi metodi quanto proprio nel suo “essere”, è fortemente attaccato.

I suoi libri hanno un forte impatto visivo, sono già strutturati come film.
Certamente la mia carriera è un paradosso cinematografico, visto che ho realizzato due pellicole, ma otto testi letterari! Di sicuro, girare un film è sempre più complicato. Negli anni sessanta siamo arrivati, in Italia, a produrre 450 opere, ora non solo si girano pochi film, ma pure quelli realizzati con i soldi pubblici, “spariscono”. La distribuzione, momento chiave della vita di una pellicola, è gravemente carente. Il pubblico, così, non può conoscere i film già esistenti, non potrà apprezzarli. Il mio primo romanzo, “Un posto al buio”, era nato come soggetto cinematografico, avrebbe dovuto essere prodotto da Franco Cristaldi. La prima distribuzione di “Nuovo cinema Paradiso”, che andò male al botteghino, finché non venne ripreso e rimontato da Tornatore, si ritorse sul mio progetto: Cristaldi non poteva più investirci in quel momento così difficile, per cui decisi che sarebbe diventato un romanzo, caratterizzato dal suo linguaggio specifico, ma sicuramente influenzato dai miei gusti cinematografici.

4 maggio 2011

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