Percorso

Si può vincere anche con pochi soldi


Parola del regista Cristian Mungiu, vincitore del Festival di Cannes. La Romania al centro del cinema internazionale, delusi gli americani. di Maria Elena Tiragallo

 

 La sessantesima edizione del Festival di Cannes, presieduta da Stephen Frears, premia la Romania.  La Palma d’oro è stata assegnata a “4 mesi, 3 settimane e 2 giorni” di Cristian Mungiu, che sin dall’inizio è sembrato la vera sorpresa della kermesse più importante al mondo. Storia di un aborto illegale nella Romania di Ceausescu, con scena shock di un piccolo feto. Girato con un piccolo budget, seicentomila euro, con scarsi mezzi tecnici è la dimostrazione che «si può -ha detto il regista- vincere anche con pochi soldi. L’importante è fare bene. Questo premio non fa altro che darmi la forza di continuare a raccontare buone storie».
E guarda a Est gran parte del palmarès : Gran Prix al giapponese “Mogari no mori” di Naomi Kawase, miglior attrice la coreana Jeon Do-yeon di “Secret sunshine”, miglior attore il russo Konstantin Lavronenko di “Izgnanie”, Premio della giuria all’iraniana Marjane Satrapi di “Persepolis” ex aequo con “Stellet licht” di Reygadas, mentre Fatih Akin si aggiudica il riconoscimento alla sceneggiatura con “The edge of heaven”. Non molta soddisfazione per gli americani: il premio alla regia per Julian Schnabel, autore del sorprendente “Le scaphandre et le papillon” che però batte bandiera francese, e una Palma speciale alla carriera inventata dalla giuria per Gus Van Sant per la sua indagine sulla gioventù americana senza valori in “Paranoid Park”. Sconfitti i fratelli Coen con il western “No country for old men”.
Significativo il commento del presidente della giuria, l’inglese Stephen Frears: «È stata una piacevole sofferenza-ha dichiarato- c’erano in gara tanti buoni film che per noi non dovevano avere bandiere».
A vincere sono state le storie, capaci di raccontare la famiglia, con gli adolescenti abbandonati a se stessi e i vecchi sempre più soli, l'incapacità di comunicare nella coppia, la malattia che emargina, la povertà che discrimina, la politica che opprime, la libertà che non esiste. La regista giapponese Naomi Kawase ha detto: «Che gran responsabilità essere l’unico film giapponese al festival di Cannes. Quello che volevo mostrare con questo film è l’attitudine che il mio popolo ha verso la vita e la morte. Il messaggio del film è che le cose invisibili sono altrettanto importanti di quelle visibili».
Deluso Julian Schnabel, vincitore per la miglior regia con “Le scaphandre et le papillon”: «Se avesssi vinto la Palma- ha detto- l’avrei dedicata a Bernardo Bertolucci, perché lui l’avrebbe meritata comunque più di me».
«Ha vinto un gran bel film- ha esordito il Nobel Orham Pamuk- sul quale non c’è stato bisogno di discutere più di tanto. Per me che non appartengo al cinema ma che in gioventù volevo fare il pittore e mi tuffavo nelle sale buie per vedere film molto amati, è stato come un viaggio nella giovinezza e sono molto contento di aver fatto quest’esperienza». Sul palco Alain Delon, accompagnato al festival dalla figlia Anouska, ha rubato la scena a tutti chiedendo «venticinque secondi di applausi per Romy Schneider, un’attrice immensa morta 25 anni fa».
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