Percorso

Monte Claro parla francese

Parte il 23 giugno la rassegna estiva del parco il cui obiettivo è quello di unire il cinema alla letteratura. Quest'anno tocca alla Francia con interventi di critici e operatori culturali. Focus sui classici  fino all'8 settembre. di Elisabetta Randaccio
 
Jean GabinAnche quest'anno lo scenario di Monte Claro, a Cagliari, diventa uno spazio per una rassegna estiva attesa dai fedeli spettatori. “La biblioteca va al parco”, infatti, nacque con l'idea di essere una nicchia culturale tesa a unire il cinema alla letteratura. Il successo è stato così inaspettato e evidente, da ripetere ogni estate la proposta, articolandola sul fronte del “cinema classico”, gradito dal pubblico che, evidentemente, non ama rimbambirsi di fronte a varia spazzatura televisiva ed è curioso di un tipo di film, ormai poco frequentati in video. Voluta dalla Provincia di Cagliari e dalla Società Umanitaria-Cineteca Sarda, questa volta la rassegna è dedicata a “Blanc et noir. 30 anni di  cinema francese.” e prevede anche introduzioni ai film di critici e operatori culturali. La scelta delle opere è, come sempre, assai interessante, perché si cerca di sposare le proiezioni, allo stesso tempo, di rilevanza storica e di gradevolezza assoluta. Così la panoramica su una buona fetta della produzione francese tra gli anni trenta e  i settanta è segnata da “classici” capaci di sintetizzare le potenzialità artistiche di una nazione, ma pure la sua storia, così complessa nell'ambito del Novecento.
 
Gabin, ''Alba tragica''Infatti, come non respirare l'aria del Fronte Popolare con il suo seguito di speranze politiche, poi perdute, che nel cinema si espresse attraverso il “realismo poetico”? Icona di questo momento indimenticabile del grande schermo fu l'attore Jean Gabin, il quale soprattutto nei film girati con Marcel Carnè, impersonò un antidivo bello, ma con un'anima sfaccettata, i cui personaggi si districano in amori e amicizie problematiche, con, nello sfondo, una Parigi indimenticabile. Nella rassegna troviamo, a questo proposito, “Alba tragica” (1939, che ebbe un remake americano interpretato da un eroe parallelo a Gabin come Henry Fonda) e “Il bandito della Casbah” di Julien Duvivier (1937, definito dai critici “una tragedia moderna”). Un discorso a parte meriterebbe il capolavoro “L'Atalante” di Jean Vigo (1934), per certi versi, un film “maledetto”, non solo perché fu l'ultima opera di un regista straordinario morto ventinovenne per una fulminante leucemia, ma perché fu massacrato dai produttori e svilito nel rimontaggio; è stato restaurato, ricercando l'attendibilità filologica, solo negli anni novanta. Da non perdere.

Gabin, 'L'ispettore Maigret''Il periodo del secondo dopoguerra ha la sua visibilità in un realismo più crudo, nel bianco e nero come scelta per disegnare città di provincia e metropoli insicure in “Il commissario Maigret” di Jean Delannoy (1958), dove un Jean Gabin senza più la bellezza evidente giovanile, ma il fascino melanconico dell'età di mezzo, incarna uno dei detective più famosi al mondo. Il regista è attento a riportare nella pellicola gli ambienti descritti da Simenon, i suoi personaggi mai “assassini nati”, bensì tristi relitti di una società in crisi. Questa nazione delle ombre e delle ambiguità, però, era stata già descritta in un capolavoro assoluto, anch'esso maledetto, ovvero “Il corvo”, il più bel film di Herni George Clouzot. Girato quando ancora la Francia era occupata dai nazisti, fu addirittura proibito e il regista sospeso dal lavoro per sei mesi, accusato senza fondamento di collaborazionismo. In realtà, mostra come si può ridurre l'uomo in un clima di sospetto e di paranoia: le lettere anonime spedite da “un corvo” riescono a devastare l'equilibrio (seppure ipocrita) di una piccola comunità.
 
Francois TruffautDov'è il male? In una famosa sequenza in cui un personaggio agita su e giù una lampadina, viene detto “Voi pensate  che il bene sia la luce e l'ombra il male. Ma dov'è l'ombra? Dove è la luce?”, una considerazione che si adattava perfettamente al drammatico clima del momento storico, segnato da troppi “volenterosi carnefici”.
E, anche se la rassegna, giustamente, non prosegue a livello cronologico, per meglio stuzzicare la curiosità dello spettatore, procedendo, per certi versi, per connessioni e analogie, si può notare come l'opera più recente sia “I quattrocento colpi” di Francois Truffaut, il regista-critico, che, iniziando il movimento straordinario della “nouvelle vague”, si pose con molta severità rispetto al cinema precedente, il “cinema de papa”, di cui la rassegna ci offre vari esempi. Ma anche Truffaut cambierà idea col tempo, pure lui destinato a diventare un classico e a raccontare il suo paese nel transito inquieto dai soffocanti cinquanta agli energici e utopisti settanta.
 
22 giugno 2011
Powered by CoalaWeb

Accesso utenti e associazioni