Percorso

Pesaro, o l'idea di un nuovo cinema

Intervista a Torri, fondatore nel '65 del Festival di Pesaro e a Spagnoletti, suo decennale direttore, fautore dei cinema in piazza. Le peculiarità, le problematiche, gli orizzonti della rassegna definita "la madre di tutte le mostre culturali".  di Giovanna Branca
 
Festival di PesaroConclusasi il 27 giugno, con la vittoria del premio Lino Miccicchè da parte del nordcoreano Park Jung-bum e del suo “The Journals of Musan”, la Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro ha raggiunto quest'anno la sua quarantasettesima edizione. Fondato nel 1965 da Lino Miccichè e Bruno Torri,  da dieci anni diretto da Giovanni Spagnoletti, il Festival di Pesaro ha una tradizione importantissima nel panorama cinematografico italiano e anche straniero. Nato per valorizzare a gettare le basi per comprendere la “Nouvelle Vague” italiana, ma anche  tutte le cinematografie nuove che a livello mondiale nascevano in quegli anni, il Festival è stato anche teatro di convegni da cui sono scaturite alcune delle più importanti riflessioni sul cinema prodotte in Italia, su tutti forse gli interventi di Pasolini sul cinema di poesia e sul cinema come lingua scritta della realtà.
Quest'anno, oltre al tradizionale concorso che comprendeva film provenienti da tutto il mondo, ci si è concentrati sulla produzione documentaria nella Russia dei giorni nostri e si è dedicata una retrospettiva all'artista contemporaneo Cosimo Terlizzi e ai videoartisti italiani Flatform.  L'evento speciale di questa edizione è stato un incontro con il regista italiano Bernardo Bertolucci, di cui sono stati proiettati tutti i film e che è stato intervistato da Bruno Torri e Adriano Aprà. Parte di questo incontro sarà visibile nel documentario sul maestro italiano che è in fase di realizzazione ad opera del regista di “Io sono l'amore”, Luca Guadagnino. A Pesaro, abbiamo incontrato il direttore della mostra Giovanni Spagnoletti e il suo cofondatore Bruno Torri.
 
Giovanni SpagnolettiQual è l'aspetto caratteristico della mostra del nuovo cinema di Pesaro rispetto alle altre?
(Giovanni Spagnoletti) Una volta era evidente che la particolarità del Festival era l'attenzione al Nuovo Cinema, ma oggi non si sa esattamente cosa possa essere. Si prova a ridefinirlo, a ripensare questo concetto e cercare dei film che possano interessare un pubblico cinefilo che vive ormai nell'epoca del digitale e che tra le tante cose, consente un cinema a basso costo e incoraggia le opere indipendenti.
Pesaro era anche un Festival che organizzava tavole rotonde, centri di produzione culturale importanti. Oggi lo studio del cinema è molto più orizzontale, diffuso, una cattedra di cinema si ha in tutte le università italiane e i libri di riflessione teorica su questo tema sono abbastanza rari.

Bruno Torri(Bruno Torri) Pesaro è diversa perché sin dalle origini ha cercato di darsi un'identità precisa, di qualificarsi come manifestazione per una certa idea di cinema e film. Agli inizi era più facile individuare e promuovere ciò che era stato chiamato Nuovo Cinema. Col passare degli anni questa nozione è stata contaminata, confusa e ha perso senso. Bisogna quindi rinnovare le iniziative che possano ancora dare significato e produttività a questo concetto. Se un tempo voleva dire Nouvelle Vague e avanguardia, oggi si possono includere anche altre esperienze: certe forme di documentarismo sociale, più incentrate sui contenuti che sui modi di rappresentazione; l'uso delle nuove tecnologie, che possono aprire nuovi orizzonti espressivi;  l'attenzione a nuovi modi di organizzazione del sistema produttivo; l'innovazione dello sguardo, ad esempio nel documentario narrativo, che viene spesso contaminato con la fiction.
L'esperienza di Pesaro è stata molto imitata, perché vuole essere una manifestazione che punta a qualificarsi per la produttività culturale: nella storia del Festival sono stati scritti più di trecento libri, realizzati con una selezione molto pensata dei collaboratori e seri approfondimenti della materia, tanto che molti sono diventati testi universitari. Approfondimento e ricerca sono  una  connotazione tipica della mostra.  Ci possono essere anche altri spunti di ricerca: ad esempio individuare un nuovo autore, un nuovo tipo di esperienza creativo-produttiva e cercare di farli uscire dalla marginalità. Emanuela Martini (oggi coordinatrice del Festival di Torino) disse che Pesaro è la madre di tutte le mostre culturali. Perché ha generato l'idea di Nuovo Cinema, e perché il modello è stato riproposto da  molti che erano convinti della bontà di questa formula. Non è del tutto privo di significato che a Venezia e Roma non si facciano libri. Questi Festival non prevedono attività permanenti ma solo espositive, poco accompagnate da momenti di riflessione e confronto.

Spagnoletti, cos'è che caratterizza la sua gestione rispetto al passato?
Principalmente, ho introdotto il cinema in piazza, direttamente in rapporto con l'evoluzione del cinema stesso. Si tratta di presentare ad un pubblico di non addetti ai lavori dei film che non ha mai visto e che non andrebbe mai a vedere in sala. Se in piazza si facessero brutti film, la gente non verrebbe. A maggior ragione se si pensa che oggi la cinefilia non è più a 360 gradi: c'è chi vede solo i film horror, chi interessa solo – per dire – ai film coreani. E' in corso una sorta di specializzazione della cinefilia che diviene una cosa semi-ossessiva. Manca la curiosità di una volta.
 
Cosimo Terlizzi sul setCome mai quest'anno la scelta di concentrarsi sul documentario russo, e quali le ragioni delle retrospettive a Cosimo Terlizzi e ai Flatfrom?
(Giovanni Spagnoletti) Per quanto riguarda i russi abbiamo completato il discorso dell'anno scorso, incentrato sulla produzione di fiction di quel paese. Anche negli anni Ottanta un'edizione della mostra fu dedicata al cinema russo, perché si tratta di un enorme paese, molto importante, con una tradizione molto ricca e molto bella. Cosimo Terlizzi e i Flatform sono invece il completamento del discorso sul nostro paese: non esistono solo i grandi maestri della tradizione come Bertolucci, bisogna esplorare anche ciò che di più “sotterraneo” accade a casa nostra. Sono documentaristi, cineasti fuori dagli schemi e fuori dai circuiti di distribuzione delle sale tradizionali.

I tagli alla cultura di questi anni influiscono ovviamente anche sul Festival di Pesaro. In che modo la mostra è stata condizionata dalla riduzione del budget?
(Giovanni Spagnoletti) Si fa di meno, e si cerca di fare meglio. Anche “dimagrendo” si possono avere dei vantaggi.
(Bruno Torri) Non c'è stata una volontà punitiva nei confronti della mostra. La torta dei finanziamenti pubblici è andata via via restringendosi mentre aumentavano i soggetti che ne volevano una fetta. C' è poi una maggior difficoltà a trovare gli sponsor, i costi crescono e così via. Ma non ci si può lamentare oltre un certo limite perché Pesaro ha sempre ricevuto un'attenzione quantomeno equilibrata da parte dello Stato. I tagli hanno costretto a rinunciare solo ad alcune iniziative collaterali. Quest'anno abbiamo ridotto il programma, il numero delle pubblicazioni, il numero di inviti. Che pesa. Ma pur così snellita la mostra non ha perso il suo impatto culturale.

Bruno Torri e Bernardo BertolucciSpagnoletti, alla passata mostra del cinema di Venezia lei e Gianni Canova avete lanciato uno studio sulle ricadute sul territorio dei Festival italiani. Ce ne può parlare?
Il progetto è nato dall'Associazione dei Festival Italiani. Si tratta di una ricerca condotta dallo IULM con il supporto della MACNO per mettere a punto e cercare di conoscere la ricaduta – soprattutto economica - che i Festival hanno sul territorio. Si è iniziato da circa un anno a monitorare alcuni festival, tra cui quello di Pesaro, per far comprendere che il festival non è solo un fatto culturale ma anche di valorizzazione: serve al territorio, non sono soldi buttati ma ben spesi. Si produce valore. Non esiste l'alternativa “non facciamo il Festival di Pesaro o tagliamo gli asili nido”. Questo è il ricatto del “la cultura a che serve?” Ma sono mistificazioni: noi siamo come una piccola azienda.
29 giugno 2011
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