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"Michel Petrucciani Body & Soul" di Michael Radford

Il consiglio di Elisabetta Randaccio

''Michel Petrucciani Body and Soul'' locDifficile non essere toccati dalla commozione alla proiezione del documentario di Michael Radford “Michel Petrucciani. Body and soul”, soprattutto per chi questo assoluto genio della musica l’ha visto esibirsi in un concerto indimenticabile (Cagliari, Teatro Lirico, tardi anni novanta).

E’, infatti ancora vivo, il ricordo del piccolo grande uomo, delle sue mani grandi e veloci sulla tastiera da cui il suono usciva così sinuoso e particolare da essere subito distinguibile rispetto a qualsiasi altra esibizione. Un suono ricco di ossimori: potente e delicato, melanconico e vitale, tecnicamente impeccabile, ma, nello stesso tempo, “colorato” da un’interpretazione efficace e personale. Questa la genialità di Petrucciani, morto a 36 anni, a New York, e sepolto nel celebre cimitero “Pere Lachaise” di Parigi, vicino a Chopin. Radford, regista discontinuo (il suo successo maggiore rimane “Il postino”, 1994), ma ottimo professionista, da sempre interessato alla musica, ha “scoperto” Michel Petrucciani tardivamente e, come tutti, si è innamorato di questa figura artistica straordinaria. Il documentario che gli ha dedicato, evitando il tipico commento fuori campo, annulla qualsiasi giudizio e identificazione. Il montaggio sapiente di materiali di repertorio (per fortuna ne rimangono svariati, i quali illustrano la vita del grande pianista dall’adolescenza alla maturità) e interviste a testimoni alternate a inserzioni brevi di ricostruzioni, rendono il film completamente gestibile dallo spettatore, che ne trae una visione emotivamente forte.

''Michel Petrucciani Body and Soul'', Petrucciani con la madreNon si tratta di un biopic commemorativo; Radford dà la parola a Petrucciani, ai suoi racconti di vita inframmezzati da piccole bugie o considerazioni anche drammatiche, mentre altre sono pungenti e divertite. La voglia di vivere intensamente, commettendo spesso errori fatali, era una caratteristica dell’artista francese, figlio di un musicista che possedeva un negozio di strumenti musicali e, sin dai primi anni di vita del suo bambino, ne capì la genialità e lo educò al piacere di suonare, gli modificò i pedali del pianoforte per consentirgli  l’apprendimento della tecnica in maniera completa, lo introdusse nel mondo dei concerti. Petrucciani era nato con una terribile malformazione (l’osteogenesi imperfetta), che gli rendeva fragilissime le ossa, gli aveva impedito una crescita fisica adeguata (era alto poco più di un metro). Questo handicap, invece che prostrarlo, lo aveva portato, anche grazie alla sua passione per la musica, ad una accettazione del suo “limite”. “Cosa è la normalità? Io ho problemi e tu? Ognuno ha le sue debolezze nascoste”. 

''Michel Petrucciani Body and Soul'', Petrucciani con il figlioSemmai la questione stava nella sensazione evidente del tempo che non gli sarebbe bastato, reso percepibile anche da un invecchiamento precoce. Questo è l’elemento messo in evidenza da Radford, il quale, quasi in maniera subliminale, fa comparire sullo schermo un grande orologio, il segna tempo della vita breve, ma speciale di Petrucciani, una esistenza caratterizzata dal desiderio di provare tutto, accompagnata da mogli belle e innamorate, dalla nascita di un figlio segnato dalla stessa malattia. I momenti in cui appare Alexandre Petrucciani sono tra i maggiormente toccanti: il giovane sente “il peso” di un padre così geniale, ma ne ha ereditato pure la filosofia (“ci sono i normali e io non lo sono, per cui devo essere eccezionale e ci sto provando.”). I testimoni intervistati nel documentario non tralasciano di descrivere la parte oscura di Petrucciani ed il ritratto, così, evita la retorica.

''Michel Petrucciani Body and Soul''Qualcun altro avrebbe insistito sul fatto che ogni concerto gli provocava dolori e fratture continue, eppure le sue performance non ne risentivano. Radford, invece, si concentra semmai su particolari che, appena accennati, delineano gli aspetti più intimamente rivelatori del musicista: dovevano portarlo in braccio sul palcoscenico o per salutare il pubblico in platea; questo gli piaceva moltissimo, specialmente se a farlo erano le donne. Gli ricordava, forse, l’affetto straordinario della madre e dei fratelli durante un’infanzia, che sarebbe potuta essere esclusivamente dolorosa e solitaria e, fu, al contrario, creativa, ascoltando i dischi del padre, vedendo (momento fondamentale per la sua ispirazione) Duke Ellington alla televisione e emanando n fascino assoluto che lo accompagnerà nel corso della sua turbolenta esistenza, anche quando non ci sarà più, così come la sua musica continuerà a vibrare per sempre nell’anima di chi la ascolterà.

29 giugno 2011
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