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"This must be the place" di Paolo Sorrentino

Il consiglio di Elisabetta Randaccio

''This must be the place'' locandina“This must be the place” è un film italiano contemporaneo. Eppure è raffinato, originale nella forma, non incartata nel solito (a volte necessario per questioni di budget) schematismo del“campo”, “controcampo”, “primo piano”, struttura estetica minimalizzante storie già misere, lontane dalla nostra realtà complessa e inquieta, che spera di aver ritrovato quota nella commedia e, invece di reinventarla, la replica fino all'autodistruzione.

“This must be the place” è un film italiano di un autore italiano, il quale evidentemente è stato uno spettatore curioso e cinefilo e, tuttora, è attento ai movimenti culturali ruotanti intorno alla settima arte. Non è uno snob, ama il cinema senza se e senza ma. E, dunque, può realizzare una simile opera, travolgente, divertente, resistente persino all'orribile doppiaggio italiano, che potrebbe uccidere anche il miglior capolavoro (per favore, vedere su “you tube” almeno il trailer in lingua originale per rendersi conto della intollerabile versione italiana).

''This must be the place''Paolo Sorrentino, alla difficile scelta artistica dopo un perfetto “Divo” (2008), vince la scommessa internazionale citando con ammirazione la Hollywood rivoluzionaria degli anni settanta (l'on the road come percorso saldato tra l'esterno e l'interno, lungo terapeutico viaggio nella memoria e nell'inconscio), ma anche il suo padre-punto di riferimento: Federico Fellini, di cui, secondo noi, è un umile allievo. Il grottesco in punta di fioretto ci ricorda il regista de “La dolce vita”, ma soprattutto la presenza sorprendente di oggetti e personaggi apparentemente fuori luogo e, invece, fortemente evocativi e simbolici. Pensiamo alla grande sagoma della bottiglia di whiskey posta ad intralciare l'highway dove sta passando l'auto guidata dal protagonista Cheyenne. In anni lontani, l'uomo è stato alcolista e quella enorme bottiglia sembra l'apparizione di un associazione mentale costruita nel pensare a se stesso, mentre la guida continua ti porta a decostruire la vita.

''This must be the place''Oppure il bizzarro uomo vestito da “batman”, eccentrico personaggio incarnatosi all'improvviso mentre il temporale fa da scenografia al cantante cinquantenne deciso a entrare nella casa misteriosa abitata dalla moglie del nazista. Fellini amava i clown e cosa è Cheyenne, ex rock star (“ho fatto i soldi con canzoni gotiche quando andavano di moda”), il quale deve ancora, per avere un suo senso nel palcoscenico del mondo, truccarsi pesantemente, indossare parrucche vistose, cercare, come dice a un certo punto della vicenda, “di essere ancora un ragazzo”, seppure il suo fisico riveli le cicatrici del passato eccesso? Cheyenne è un clown triste, dolce e cinico insieme, buffo e tragico.

''This must be the place''Come molti personaggi letterari e iconici della cultura americana, il problema “primordiale”, per lui, è il padre, il complesso di colpa di chi si è sentito abbandonato e, a sua volta, ha abbandonato. E' arrivato troppo tardi al capezzale del genitore, allora, forse, assecondando un immaginario da western, dovrebbe vendicarsi. Sicuramente la punizione per il novantenne ex aguzzino del padre è, simbolicamente, terribile. Certamente liberatoria. In quella camminata sulla neve nudo, che ricorda le orribili immagini di Auschwitz, l'uomo è condannato, e ora può cadere la maschera di Cheyenne. Ora può sorridere senza cerone, ha elaborato finalmente il lutto. La sceneggiatura del film, firmata dallo stesso Sorrentino, come si è detto attraversata dal grottesco, è un azzardo riuscito.

E se il personaggio di Cheyenne è opera sublime di Sean Penn, un attore che sa reinventarsi senza paura, la forza di “This must be the place” è la fotografia strepitosa di Luca Bigazzi con un occhio ai classici della pittura iperrealista; la sua tavolozza gioca con ombre e colori, interni ed esterni compattando la luce quasi fosse un personaggio del film. Imperdibile, anche per questo.

"This must be the place": vai all'approfondimento di Clara Spada e di Alessando Matta

Il consiglio precedente: "A dangerous method" di David Cronenberg

19 ottobre 2011
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