“Sardegna terra di location? Sì, ma dovete muovervi”
A tu per tu con Massimo Foletti, direttore della fotografia di Mereu, di cui ha firmato le luci di “Bellas Mariposas” in uscita la prossima estate. “Con Salvatore c’è un ottimo feeling, il film sarà molto bello”. L’intervista. di Enrica Anedda

Nonostante tutto, al seguito di un Mereu più grintoso che mai, la troupe è riuscita a concludere quasi tutte le riprese, che termineranno nella prossima primavera. Cinemecum ha intervistato Massimo Foletti, il direttore della fotografia, scelto da Mereu. Classe 1962, Filetti ha studiato fotografia a Parigi e cinema a Milano per intraprendere una carriera che l’ ha visto approdare nella nostra isola, dove in questi ultimi anni è diventato il direttore della fotografia “di fiducia” dei nostri maggiori registi. Alla terza esperienza con Salvatore Mereu (“Sonetauala”, “Tajabone” e “Bellas Mariposas”) ora sta collaborando anche con Giovanni Columbu nelle riprese di “ Su re” in cui è intervenuto solo nella parte finale.

Ho iniziato con “Sonetaula”, al quale ho lavorato solo nella parte finale, ci siamo conosciuti tramite la montatrice Paola Freddi. Ora siamo al terzo lavoro.
Spesso nel cinema direttore della fotografia e regista lavorano in tandem e collaborano continuativamente, è così anche per lei e Mereu?
Con Salvatore si è creato un feeling, abbiamo lavorato bene, tanto che siamo alla terza prova. Se lavoreremo ancora dipenderà da lui: giustamente è il regista che decide. Io penso che sia bello lavorare con lo stesso regista ma anche che sia giusto confrontarsi con nomi diversi, così come per i registi avere esperienze con differenti direttori delle luci. Dipende anche dal tipo di film che devi fare, un professionista può essere più idoneo a un progetto piuttosto che a un altro. D’altronde in Italia si girano pochi film e già da “Sonetaula” a “Bellas mariposas” è passato qualche anno.

Dopo un confronto con Salvatore abbiamo preso delle decisioni che tengono conto del fatto che si tratta di una storia estiva ambientata in una terra con una luce molto intensa. Dunque abbiamo optato per dei colori saturi - senza abusare del controluce - con contrasti marcati e una fotografia aggressiva. Sono contento che Salvatore abbia insistito per girare in pellicola nonostante la scelta di attori non protagonisti e dunque la necessità di ripetere le riprese più volte avrebbe suggerito il digitale dal punto di vista economico. Io però preferisco la pellicola perché il risultato è migliore e anche nell’esercizio del lavoro mi consente di avere maggiore controllo dal momento che posso fidarmi dell’esposimetro e non ho bisogno di un monitor necessario, invece, per il digitale dove la sensibilità è relativa. Abbiamo poi deciso di rinunziare all’utilizzo di luci artificiali: in esterni abbiamo sempre usato la luce naturale con dei riflessi.
Quali difficoltà ha trovato?
La difficoltà maggiore è stata mantenere una continuità fotografica. La storia si sviluppa in due giorni, ed è girata in tre mesi. Garantire la coerenza delle scene diventa difficile. Molte scene erano ambientate al tramonto ma noi dovevamo girare magari a mezzogiorno. Abbiamo anche girato dei notturni a Sant’ Elia: iniziavamo alle otto e mezza per finire alle cinque del mattino. Anche in questo caso abbiamo scelto un approccio leggero tecnicamente, simulando dei lampioni che poi dovevamo smontare e rimontare il giorno dopo. In questi casi abbiamo scelto dei quarzi mentre il neon lo abbiamo usato solo in appartamento.

Abbiamo girato con una pellicola kodak 200 per gli esterni, e per gli interni e notturni 400. Avevamo la steady che negli esterni ci ha consentito di fare a meno dei binari, che dunque abbiamo usato talvolta solo per gli interni. Abbiamo usato un braccio qualche volta.
Lei ha iniziato come cameraman però quando gira fa solo il direttore della fotografia, della macchina da presa si occupano altri, perché?
Ogni direttore della fotografia ha il suo stile. Io preferisco avere un operatore, ho più tempo per seguire quello che devo fare e il regista ha una persona più disponibile per discutere dei problemi relativi alle luci.
Quale è stato il risultato, ora che le riprese sono finite?
Non sono finite, mancano ancora alcune riprese che termineremo in primavera. Credo che il film sarà pronto per l’inizio dell’estate. Il lavoro complessivamente non è stato semplice perché con gli attori non protagonisti la priorità e l’attenzione sono tutte concentrate su di loro. Il racconto di Atzeni è bello, Salvatore ha fatto un cast riuscito trovando le facce e le personalità giuste. Sarà un bel film di sicuro.

Con Sonetaula le difficoltà sono state altre: abbiamo girato per due settimane “con effetto notte” (si gira di giorno facendo finta che sia notte) e con l’attore principale con la faccia dipinta di nero. Io però sono intervenuto solo nella parte finale
Lei ha girato anche con Columbu, come è stata l’esperienza?
Nelle riprese di “Su re” ho lavorato solo da aprile e maggio e due settimane fa abbiamo girato alcune scene a Olzai e nel nuraghe di Santa Cristina. Si gira con le Reds che sono camere molte buone, ma io preferisco la pellicola. Ho visto un premontato e mi sembra un bellissimo lavoro, visionario. Anche qui ci sono attori non professionisti, ma adulti, ed è stato un po’ più semplice.

Li accomuna una ricerca della verità che si manifesta nella ricerca di attori non professionisti ma anche nel desiderio di avere una fotografia naturale. La differenza maggiore è il carattere: Salvatore è più esplosivo, Giovanni più riservato.
Oramai lei è sardo d’adozione
Sono stato in Sardegna 5 mesi. Succede così nel nostro lavoro, un regista suggerisce un professionista con cui si è trovato bene a un altro e così via.
Cosa ne pensa della Sardegna, come terra di location per il cinema?
Ci sono molte location interessanti. Magari l’isola può avere meno possibilità per le storie urbane. E’ certamente un posto privilegiato ogni volta che serve il mare. Io ci ho girato molti spot pubblicitari. Il problema è il vento che può creare difficoltà al fonico, ma anche con le attrezzature che bisogna ancorare al suolo nel caso di vento forte. Quando c’è maestrale a volte abbiamo dovuto dirottare le riprese dagli esterni agli interni. Persino nei raccordi possono presentarsi problemi: in una ripresa gli attori hanno i capelli fermi poi d’ improvviso si alza il vento e allora cambia tutto con i capelli che volano per aria. In generale credo che il segreto per promuovere la Sardegna sia la professionalità. E’ un lavoro che bisogna saper fare a livello produttivo, di comunicazione. Ci vuole la capacità di coinvolgere gli alberghi, i servizi. A Torino sono molto bravi, anche in Puglia ultimamente. In Sardegna credo dovreste muovervi di più.

Fabio Cianchetti, il direttore della fotografia di “Terra Ferma”, il film di Crialese. Anche Bigazzi è molto bravo. Quella italiana è un’ottima scuola.
Film italiani recenti che le sono piaciuti?
Tutto il cinema di Sorrentino mi piace molto. L’ultimo film con Sean Penn particolare. Poi i film di Crialese. Ma ci sono molti film con registi e attori italiani molto bravi.
Consigli per un ragazzo che volesse tentare il mestiere di direttore della fotografia?
Io ho seguito diverse scuole, ma soprattutto una lunga gavetta. Dopo aver fatto l’operatore in molti documentari e l’assistente operatore, ho dato molti contributi gratuiti in cortometraggi e produzioni indipendenti a basso costo. Nel 1989 ho comprato in un’asta della Rai una 16 mm e con degli amici abbiamo fatto una società e iniziato a investire per girare dei cortometraggi. Il primo film come direttore della fotografia l’ho fatto nel 1989 “Archi a sesto acuto” per la regia di Andrea Faini. Credo che la pazienza e la determinazione siano fondamentali, specie in questi ultimi anni in cui è più facile da un lato fare film in digitale a basso costo. Arrivare in serie A però è diventato davvero molto difficile.
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21 dicembre 2011