"To Rome with love" di Woody Allen
Il consiglio di Elisabetta Randaccio
Le città del quotidiano e le città del cuore non sono esclusivamente mera scenografia nei film di Woody Allen. Hanno lo stesso status dei personaggi, con cui si interfacciano, costruzioni dell’uomo che si animano e riproducono i loro sentimenti.
Per anni Manhattan, costruita sapientemente in una serie di fascinosi stereotipi (chi non si è fatto fotografare nella mitica panchina sotto il ponte di Brooklyn, reso romantico proprio da Allen, seppure obiettivamente luogo modesto), è stato il riferimento del regista di “Io e Annie”, simbolo di un’anima critica nel cuore di una società contraddittoria e sostanzialmente in disfacimento. Così le storie dei film di Allen si sono sovrapposte, nel tempo, a quelle di New York e dei suoi abitanti della classe medio ricca e intellettualoide, un America a parte, sia politicamente che socialmente. Per problemi strettamente produttivi, poi, Allen si è trasferito in Europa e, attraversate dal suo tratto poetico, le grandi città del vecchio continente hanno acquisito un’importanza notevole nei suoi film, soprattutto a livello di immaginario, l’unico possibile per un “turista cinefilo” come Allen.

Nelle commedie, le metropoli si ammorbidiscono, perdono le periferie, i luoghi sporchi e trascurati per diventare scenografie straordinarie e stereotipate, esattamente come si potevano sognare nelle sale cinematografiche, quando non era ancora giunto il momento del turismo di massa.
Così, la bella Roma di “To Rome with love”, capitale “da sogno”.


Allen, poi, possiede la capacità di cucire le proprie sceneggiature a orologeria agli attori, i quali, magari, decisi dal casting, conosce appena. E’ una dote straordinaria che permette agli interpreti di lavorare a delle buone performance. In “To Rome with love” sono presenti molti attori italiani; tra i maggiormente efficaci c’è sembrato Antonio Albanese, perfetto nel ruolo della star cinematografica narciso, un omaggio al Sordi dello “Sceicco bianco,” reso con grande consapevolezza interpretativa.
Il consiglio precendente: "Diaz" di Daniele Vicari
9 maggio 2012