La delusione francese
Cannes: “Amour” di Michael Haneke vince la Palma d’oro, Gran Prix a Matteo Garrone. E i francesi ci rimangono male. di Francesco Bellu
I francesi ci sono rimasti male. Parecchio. Nessun premio per il cinema francese da parte del loro regista italiano preferito. Monsieur Nanni ha dato la Palma d’oro a “Amour” di Michael Haneke e ancor più grave per i nostri “cugini”, il Gran Prix a Matteo Garrone per “Reality”.
Il giorno dopo l’assegnazione dei premi è un pullulare di articoli al veleno nei confronti dei verdetti della Giuria, che a onor del vero, pare se le sia date di “santa ragione”, visto che nessuna decisione è stata presa in maniera unanime. Se la Palma al regista di “Fanny Games” era nell’aria dal giorno della sua applauditissima proiezione, a colpire è proprio il Gran Prix a Garrone. Nessuno si aspettava che facesse il bis a quattro anni da “Gomorra”, soprattutto dopo l’accoglienza contrastante avuta in Croisette.
Se la stampa italiana aveva molto ben recensito il film, il resto degli accreditati internazionali era rimasto invece molto freddo. A farne le spese è stata forse l’opera di Leos Carax, forse una delle poche sorprese in positivo, di un festival con pochi sussulti. Il suo “Holy motors”, strambo, autoreferenziale, eppure allo stesso tempo molto intrigante aveva scatenato l’unica vera reazione forte della stampa e della platea. Un po’ come è successo, ma in senso opposto, con “Post tenebra lux” di Carlos Reygadas, fischiatissimo ma che è riuscito a portarsi a casa il premio per la regia. Una scelta questa, discutibile, e se un appunto deve essere fatto alla Giuria presieduta da Moretti, è proprio in questo caso.
Perché il resto dei premi sono condivisibili: dagli attori Cristina Flutur e Cosmina Stratan per Dupa Dealuri (''Beyond the Hills'') del rumeno Cristian Mungiu, vincitore anche del Premio Miglior Sceneggiatura e Mads Mikkelsen in ''Jatgen'' di Tomas Vittenberg, sino al Premio speciale dato a Ken Loach per “The angel’s share”. In fondo le scelte sono cadute sui film più apprezzati del festival, nonostante Brad Pitt cerchi di difendere i film americani in concorso, rimasti anche loro a bocca asciutta. Perché a parte “Maud” di Jeff Nichols, il resto degli “yankee” ha fatto un tonfo pazzesco, incluso il “Killing them softly” da lui interpretato e prodotto e passando per le delusioni cocenti di “On the road” di Salles, tratto da Keruac, “Paperboy” con la Kidman in versione “Barbie” assatanata, all’innocuo “Lawless” di Hilcoat.
Non resta che dire: au revoir. All’anno prossimo.
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30 maggio 2012