Il documentario? Che gran lavoro
Io ho partecipato, a Firenze, all’Italian Doc Screening. Ho avuto questi incontri che si chiamano “1-To-1 Section”. Un potenziale acquirente, con cui ho preso un appuntamento, è il rappresentante della Tv finlandese che ha fama di essere una grande acquisitrice di format italiani. È seduto a un tavolino. Io mi siedo di fronte col mio bel computer e incomincio: il mio progetto si intitola “Il segreto delle calze” ed è la storia di due anziani che sono andati in Cina…
La risposta?
La risposta è stata: non mi interessa.
Quindi mi sono messo a preparare, in inglese ovviamente, il mio intervento per il prossimo potenziale acquirente.
È un esperienza che può essere devastante.
Il metodo è questo: sei in un ascensore e incontri un produttore. Il tempo che impieghi a salire al piano devi spiegare e convincerlo. Hai di fronte persone, che rappresentano il meglio delle TV europee, che hanno il compito di demolire il tuo progetto. A livello personale l’interlocutore può anche pensare che tu hai una una storia bellissima ma se per gli spazi del documentario all’interno del palinsesto questa storia non c’entra niente, hai perso un’occasione. Ho assistito alla presentazione de “La vera storia dell’uomo Plasmon” il personaggio dal fisico scultoreo che, negli anni '60 appariva negli spot Plasmon. Ha vissuto di tutto: la fama, i soldi, un arresto per spaccio di droga e 20 anni di carcere in Egitto. Una storia veramente forte. Un rappresentante della Tv canadese ha detto: non possiamo far vedere questo personaggio come positivo, non mi interessa.
A metà giugno io e il direttore della fotografia andiamo in Cina con visto turistico. Non possiamo entrare con macchine professionali che acquisiremo mediante noleggi. Andremo con la 5D della Canon Mark II, quella con cui, per intenderci, Infascelli ha girato all’Asinara. Come fotografia è stupenda. Da un punto di vista estetico a me piace molto il fatto di cercare uno sguardo unico e in quadri abbastanza larghi. La fabbrica in questo senso ci avvantaggia perché ha degli spazi effettivamente grandi per filmare. Le nostre 5D ce lo consentono perché hanno delle belle prese lunghe. Allo stesso tempo è ovvio che la camera seguirà i due protagonisti, cercherà di dare il senso della scoperta attraverso i loro occhi.
Ci stiamo avvalendo di un piccolo fondo messo a disposizione della PAO FILM, ovvero da Marilisa Piga. Quest’anno abbiamo partecipato alla Toscana Film Commission e ci sono buone probabilità di avere il finanziamento.
Attraverso l’Istituto per il Commercio Estero abbiamo partecipato ad una giornata tra produttori italiani e potenziali acquirenti cinesi a Shangai. A quell’incontro c’era gente importante come il direttore della fotografia di Lanterne rosse. La casa di produzione LIC CHINA si è mostrata molto interessata al progetto. I suoi produttori esecutivi volevano addirittura acquistarlo. Ma è preferibile conservare la completa libertà estetica e andare verso forme di pre-acquisto.
Quando si potrà vedere almeno il montato grezzo?
A novembre ci sarà ancora il Doc Screening e io conto di poter proporre un buon montato de “I segreto delle calze da mostrare alle TV e cercare delle opzioni di acquisto e di coproduzione.
È la storia di Emilia e Angiolo, due piccoli imprenditori toscani, che, dopo il fallimento della propria azienda di calze per signora, dal piccolo distretto industriale di Empoli emigrano a Yiwu, capitale mondiale delle merci a basso costo. Grazie al loro saper fare artigiano si sono trasformati a sessant’anni in protagonisti nel paese che sta cambiando la realtà nella quale viviamo e rinunciando a tutto hanno potuto recuperare la capacità di sognare e fare progetti insieme.
Guarderemo attraverso gli occhi dei due personaggi questo mondo in divenire, questo cambio di centrismo che sta avvenendo proprio in questi giorni. Noi saremo Emilia e Angiolo e loro saranno il nostro sguardo su una realtà che non capiscono e non vogliono neanche comprendere in fondo. Uno dei punti di forza è il personaggio di Emilia: diceva che in Cina non ci sarebbe mai andata, perché i cinesi comprano le fabbriche ad Empoli, perché li costringono alla chiusura. I cinesi sono il nemico e lei non ha mai cambiato opinione su di loro. Mi piacerebbe riuscire a rendere questo shock culturale. Poi c’è la loro vita quotidiana nell’immensa città cinese, la dipendenza dagli interpreti, il loro ruolo di ingegneri delle calze, come li chiamano lì, indispensabili ingranaggi della grande macchina industriale ma allo stesso tempo destinati a obsolescenza quando il loro ruolo di trasmettitori di competenze sarà esaurito. Conto di tornare a trovarli a dicembre e di filmare il loro addio alla Cina dopo sette anni di permanenza passati a insegnare ai cinesi il segreto delle calze.