"I colori della passione" di Lech Majewski
Distribuito miracolosamente anche in Italia, “I colori della passione” del regista polacco Lech Majewski, è un film sorpresa da non perdere. Il soggetto si snoda dall'elaborazione del capolavoro “La salita al calvario” che il pittore Pieter Brueghel (1525-1569) dipinse nel 1564, un quadro straordinario che ritrae il drammatico episodio evangelico, inserito in un contesto contemporaneo all'artista, affollato di personaggi della quotidianità, per quanto fortemente simbolico.
Nel film, che non è né un biopic su Brueghel, né un lungometraggio didattico - semmai ricorda l'episodio dedicato a Van Gogh in “Sogni” di Kurosawa -, il grande pittore ci spiega il senso di questa sua visione cristologica, ma, al tempo stesso, politica, sociale e filosofica. Il centro della “Salita al calvario” è sì il Cristo torturato che inciampa trascinando la croce, ma lo spettatore è attirato da un altro episodio riguardante Simone da Cirene e la mogli,e tesa a impedirgli di aiutare Gesù.
Il possente mulino sulla montagna con le pale, ad un certo punto immobili, a formare una speculare grande croce, è governato da un mugnaio-dio che può fermare l'azione, mentre la folla che segue tra il pathos e l'indifferenza quel corteo terribile, continua le sue azioni ordinarie, non ha il senso della Storia, tutto scorre senza neppure il tentativo di capire, si subisce senza reazione. Persino gli aguzzini, i quali hanno l'aspetto dei soldati spagnoli che, in quel periodo storico, dominavano le Fiandre dove viveva Brueghel, sono seviziatori, capaci di torturare insensibilmente chiunque non sembri ligio al loro potere politico e religioso, ma non sono ostacolati dal popolo misero, attivo a sfamarsi, a riprodursi, persino a cercare scorci di divertimento nei giochi dei bambini o nelle canzoni e balli popolari.
Il regista, così, ci racconta anche lo svolgersi del prima e del dopo di alcuni personaggi, i quali troveranno spazio nel quadro, incrociati con le riflessioni di Brueghel e del suo “committente”, che “entrano” nel dipinto e, poi, lo vedono dall'esterno, nei bozzetti e nell'animarsi davanti a loro. Non manca uno spazio per la “Madonna”, una delle figure della “Salita al calvario”, apparentemente più vicina agli stilemi del contenuto; in realtà, in lei convergono le immagini e le riflessioni della moglie dell'artista, della madre dolorosa, che, però, vorrebbe capire il senso del destino del figlio. Così, l'incipit del film che descrive con dovizia di particolari l'enorme mulino (il grano e il pane come elementi di sacralità percorrono l'insieme della pellicola), sta a indicarci l'inizio della storia, ma anche la genesi dell'epopea dell'essere umano, guidato da uno strano dio..