Percorso

“Il Rosa Nudo”: storia di Pierre Seel

Cinema d'autore per un flashback sulla Storia: il film di Giovanni Coda rievoca la persecuzione degli omosessuali sotto il nazismo, tra cruda verità e poesia visionaria. di Anna Brotzu

Lo sguardo della macchina da presa indaga nell'anima, scava nei ricordi per evocare i fantasmi di un passato volutamente “dimenticato”: ne “Il Rosa Nudo” di Giovanni Coda riaffiora la memoria perduta dell'omocausto, una pagina tragica del Novecento scritta dalla follia nazista, e poi celata dietro un muro di silenzio.

Una rapsodia di sguardi, sequenze di gesti simbolici e misteriosi, come in una danza, accompagnano il racconto in prima persona del protagonista, testimone e vittima dell'orrore: la vita di Pierre Seel, sopravvissuto alle torture e all'incubo dei lager, venne stravolta e segnata irrimediabilmente da ciò che aveva subito e a cui era stato costretto ad assistere. Per sottrarsi al dolore – reso muto dall'indifferenza – scelse come molti di nascondersi dietro la facciata di una presunta “normalità”, di sposarsi e mettere su famiglia, rinnegando una parte di sé e della propria storia, fino all'outing con le rivelazioni terribili che hanno messo a nudo la verità (pagato a caro prezzo con l'isolamento e l'abbandono da parte di amici e parenti negli ultimi anni della sua esistenza). L'autobiografia di Pierre Seel diventa il fil rouge di un racconto per immagini, come in un lungo flashback tra creature affascinanti, e ambigue, per dar corpo e voce all'indicibile: la giovinezza e la scoperta dell'amore, la fragile bellezza di una stagione della vita, i sogni, le speranze, i desideri  infranti con crudeltà dalla cieca volontà di distruzione di un regime, proiettato  nella sua delirante marcia verso una distopia,  fino a divenire emblematica incarnazione del male. Le parole possiedono una propria forza icastica, che si riverbera nelle immagini rarefatte, quasi astratte, mai esplicite, piene di struggente poesia: nel suo film Giovanni Coda privilegia la metafora, la costruzione anaforica, in un raffinato gioco di accostamenti e contrasti, con la reiterazione involontaria e inevitabile dell'incubo reso più atroce dall'affiorare dell'antica tenerezza, dalla lieve carezza dei petali, dalla nostalgia di un incontro di sguardi, di un sorriso. Il giovane Pierre, separato a forza dal suo amante che rivedrà solo in circostanze tragiche, rivive attraverso il ricordo dell'uomo che è diventato, ormai sulla soglia della vecchiaia: la verità troppo a lungo negata grida attraverso di lui, denuncia l'indifferenza e l'oblio, ulteriore supplizio per le vittime delle persecuzioni.
Film d'autore, con una cifra personalissima e rigorosa, “Il Rosa Nudo” è il punto d'arrivo di un percorso artistico, di una ricerca tra le pagine della storia e le iconografie del Novecento: un film “fotografico” in cui la logica della narrazione s'infrange nella libertà dell'immaginario, fino ad avventurarsi nei territori dell'inconscio, senza nessuna indulgenza estetica, ma con un'intima necessità che si traduce in sobria, essenziale e struggente bellezza.



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