Percorso

“Capo e Croce” in concorso a Roma

Il cinema vince sulla politica: dopo il fermo di Civitavecchia, “Le ragioni dei pastori” sbarcano nella capitale con il documentario di Paolo Carboni e Marco Antonio Pani, in un affascinante bianco e nero. L’intervista agli autori. di Elisabetta Randaccio

''Le ragioni dei pastori''La sezione “Prospettive Doc Italia” del Festival Internazionale del Film di Roma (dall'8 al 17 novembre all'Auditorium del Parco della Musica), è tra le più interessanti di una manifestazione che, nonostante la direzione di Marco Müller, e lo sforzo economico e volontaristico della città, non riesce ancora a trovare una dimensione specifica, un impatto di immagine o di particolarità nell'ambito delle rassegne internazionali di cinema.

Perché “Prospettive Doc Italia” intriga? Perché si dà spazio a prodotti con possibilità di sperimentare nell'ambito del genere filmico più “vivo” e pulsante di questi anni: il documentario. Perso il complesso di inferiorità rispetto alla fiction, ormai capace di incuriosire un pubblico vasto e variegato, il documentario sembra avere legami meno ferrei con la struttura sostanzialmente immobilistica e autocensoria caratterizzante il circuito tradizionale, per cui offre, molto spesso, finestre sul mondo disegnate con stili profondamente diversi e imprevedibili.

''Le ragioni dei pastori''Nella sezione dedicata, appunto, ai documentari in concorso al Festival di Roma 2013, troviamo due film che raccontano differenti aspetti della società in Sardegna, a dimostrare, ancora una volta, l'interesse per la nostra isola del mezzo filmico e dei suoi autori. Saranno presentati, infatti, in tale sezione sia “Capo e croce. Le ragioni dei pastori” di Paolo Carboni e Marco Antonio Pani sia “Dal profondo” di Valentina Pedicini, che sarda non è, ma ha realizzato un lungometraggio sull'ultima lavoratrice delle miniere del Sulcis. Pastori e minatori, ovvero la parte fragile della crisi e del dramma economico e sociale, in cui si dibatte la Sardegna.
Paolo Carboni e Marco Antonio Pani sono tra i migliori registi sardi, hanno già alle spalle cortometraggi e documentari importanti (peraltro sono stati anche vincitori della prima edizione di “Cagliari in corto”, prodromo del nostro “Cinemecum”). Pani ha firmato, tra gli altri, il “magico” “Panas” e il commovente “Arturo torna del Brasile”; Carboni è l'autore del delizioso “Circolare notturna” - una sorta di “Sacro Gra” ante litteram – e del toccante “Cattedrali di sabbia”.

''Le ragioni dei pastori''Si sono incontrati qualche anno fa per il progetto sul Movimento Pastori. Prodotto da “Areavisuale” (ovvero dagli stessi autori) in associazione con l'Istituto Superiore Regionale Etnografico e il sostegno della Società Umanitaria-Cineteca Sarda, ci sono voluti tre anni per completarlo, tempo trascorso soprattutto nella ricerca di uno stile adeguato a un contenuto che hanno imparato a conoscere in progress.  

“Il tempo è stato utilizzato per acquisire materiale sempre aggiornato alla vicenda che si intendeva narrare” ci spiega Paolo Carboni, “ma soprattutto per penetrare un mondo, la cui conoscenza per noi era solo superficiale, poco approfondita e ricca di stereotipi. Era, inoltre, necessario capire bene i “personaggi”, che si muovevano in tale contesto. Comprenderli e, dunque, scegliere le storie esemplari, adeguate per aiutare a avvicinarsi alle “ragioni dei pastori”. Con pazienza e attenzione mai invasiva, siamo riusciti a costruire un rapporto di amicizia e solidarietà con il gruppo del Movimento dei Pastori ed è per questo che le loro “chiacchierate”, le “interviste”, nel film, appaiono fortemente naturali, mai forzate o mistificate.”

''Le ragioni dei pastori''A questo punto, mi rivolgo soprattutto a Marco, fondamentale deve essere stato il lavoro di montaggio…
“Il montaggio, effettivamente, è stato una fase delicata, anch’essa frutto di un’analisi più teorica che tecnica. Bisognava costruire il film, cercando l’essenza del materiale girato, dei racconti appresi. Nei primi tempi, forse, spinti dalle vicende “forti” accadute durante le lotte del Movimento dei Pastori, abbiamo pensato come l’angolatura giusta fosse quella “epica”. In seguito, con l’affastellarsi dei fatti, i quali hanno visto contrapporsi alle prime vittorie e ai primi riconoscimenti del Movimento, una indifferenza totale delle istituzioni, che sembra quasi, nel corso della storia della Sardegna, ciclicamente ripetersi, abbiamo pensato fosse meglio optare nel  nostro lavoro per un tono diverso, dove si desse spazio non solo alla forza delle lotte, ma pure ai freni, alle delusioni, alle snervanti mancanze della politica, con conseguenze sociali e psicologiche anche drammatiche, abbandonando, così, qualsiasi traccia di trionfalismo.”

Marco Antonio PaniAvete scritto nelle note di regia come l'uso del bianco e nero sia una sorta di ribellione al colore sfrontato che, spesso, dipinge una Sardegna patinata e falsa. A me è sembrato avere un senso iperrealistico e poetico, coerente con l'immaginario cinematografico sardo di tipo desetiano…
“Abbiamo cercato di usare” continua Marco Pani “un determinato tipo di fotografia con un bianco e nero così contrastato, per riflettere un contenuto ben preciso: le luci e le ombre della vicenda, la vita dura e, nello stesso tempo, positiva dei pastori, il loro essere, per certi versi, contemplativi, ma anche decisivi, pratici, pronti addirittura ad occupare un aeroporto o a difendersi da uno sfratto.” Prosegue, poi, Paolo Carboni: “Non avevamo nei nostri parametri di riferimento De Seta, perché lo sapevamo inarrivabile! Ora, a ripensarci, è vero che anche il regista di “Banditi a Orgosolo” si servì del bianco e nero in tempi in cui il colore al cinema era ben affermato, ma se avessimo pensato al suo esempio ci saremmo scoraggiati...”


Paolo CarboniCosa vi aspettate dalla partecipazione a un Festival prestigioso come quello di Roma?
“E’ la nostra prima volta ad un Festival così rilevante. In questo momento, non abbiamo idea dei contatti, delle sorprese che ci riserverà tale occasione. Siamo già soddisfatti di essere stati selezionati, di avere una ottima visibilità. Se poi, potrà esserci una spinta distributiva maggiore, ben venga. Per ora siamo riconoscenti a “Torre film”, la quale porterà “Capo e croce” nelle sale sarde.”

Ritornerete a collaborare insieme, a firmare regie in sinergia?
“Assolutamente no! Ovviamente scherziamo, non sappiamo esattamente cosa ci riserverà il futuro lavorativo e personale; ora siamo impegnati a seguire “Capo e Croce”. Vero è che l’incontro per questo progetto è stato quasi casuale, finché l’idea è stata totalmente condivisa, c’è stato un completamento di motivazione e la ricerca come la fatica l'abbiamo sostenuta insieme, riuscendo a far sovrapporre adeguatamente le nostre personali competenze e il rispetto per le idee dell’altro.”

23 ottobre 2013

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