Percorso

Addio ad Alain Resnais: il ricordo del regista francese

Il maestro della rive gauche tra etica e sperimentazione nel racconto di Elisabetta Randaccio

Alain ResnaisIn una esemplare scena di “Anni di piombo” (1981), le due protagoniste adolescenti assistono alla proiezione di “Notte e nebbia”, uno dei primi documentari sui campi di sterminio nazisti.

Le ragazze ne rimangono sconvolte, perché è la prima volta che il passato rimosso dai padri, insieme alle menzogne cucite per i figli, appare in tutto il suo orrore. E’ un momento importante del film, che farà scegliere, in maniera completamente diversa, alle coppia di donne, la strada per affrontare le ingiustizie del mondo. Quel documentario, ancor oggi di grande impatto emotivo e artistico, era firmato da Alain Resnais, scomparso il primo marzo scorso, a 91 anni, sino alla fine impegnato nel suo lavoro di regista: il suo ultimo film è stato presentato al recente Festival di Berlino.

''Notte e nebbia''Infatti, Resnais è stato anche uno straordinario documentarista. “Notte e nebbia” (1955) racconta, per la prima volta sul grande schermo e con un forte trasporto etico, i lager a chi tentava di rimuoverli dalla coscienza e dalla storia. Questo gli costò la censura al Festival di Cannes, ma un grande interesse in tutto il mondo. Nel film, le immagini prettamente documentarie si alternano ad altre ritraenti ciò che resta delle costruzioni, delle barriere invase dall’erba, i pali scossi dal vento, ma la natura, così imperiosa, non riesce ad addolcire l’orrore.
Resnais aveva vinto anche un Oscar per il documentario con il suo “Van Gogh” del 1948, mentre del 1950 è “Guernica”, il quale contestualizza il capolavoro di Picasso comparandolo alle immagini della guerra civile spagnola.

''La guerra è finita''Un argomento, quest’ultimo, caro a Resnais, se è vero come in “La guerra è finita” (1966) ritorni ancora nella Spagna dominata da Franco. Questa volta, però, la riflessione verte sul logoramento dell’impegno politico dell’intellettuale comunista (interpretato da uno splendido Yves Montand), mentre la sceneggiatura di Jorge Semprún trova la sua valorizzazione nelle scene in uno splendido bianco e nero del passato e del presente.
La narrazione non lineare è stato un altro elemento del cinema di Resnais, affiancato per queste novità formali alla “nouvelle vague”, di cui non si sentiva, in realtà, parte e al “nouveau roman”, del quale, invece, Alain Robbe-Grillet ne era il capofila, e pure lo sceneggiatore di “L’anno scorso a Marienbad” (1959), forse, il film più famoso e criptico del regista francese.

''Stavisky il grande truffatore''Questa storia labirintica, di cui gli attori (tra cui il nostro Giorgio Albertazzi) dicevano di aver compreso poco durante le riprese, è diventata, come “8 e ½” di Fellini un punto di riferimento per tutti i registi contemporanei; David Lynch, per esempio, sembra derivare dalla “struttura” di questa opera una sezione consistente della sua produzione. Resnais, però, non si pose come snobistico artista d’elite; nella sua carriera, pur prediligendo percorsi narrativi originali, riuscì anche a coinvolgere il vasto pubblico (effettivamente soprattutto in Francia) con film come “Stavisky il grande truffatore” (1974), interpretato da Jean-Paul Belmondo e “Parole, parole, parole” (1997), una divertente commedia, dove le canzoni famose sostituiscono i dialoghi.

''Aimer, boire et chanter''Certo, però, l’ultima soddisfazione la deve aver avuta a Berlino 2014, quando il suo – ancora inedito in Italia – “Aimer, boire et chanter”, è stata accolta con successo dal pubblico e dalla critica che, in quell’occasione, ha sottolineato la sua anima di innovatore dell’arte filmica.

Innovatore a 91 anni, giustamente senza la rigidità sperimentalistica degli anni cinquanta, ma neppure l’abbandono a un cinema “di riposo”.

5 marzo 2014

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