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Quando la videoarte incontra l'architettura

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 A Cagliari, durante la tre giorni di "FestArch" Casu, Altenhoff e Merone hanno raccontato il loro concetto di "limite". Nell'architettura, certo, ma anche nella grafica, nella videoarte, nella comunicazione. di Arianna Salaris

 (Foto di Nicola Monari)
Cosa ci fanno un esperto dei media, un regista multimediale e un architetto, un sabato sera di fine giugno, in uno spettacolare spazio dismesso, nel cuore di Cagliari? Semplice. Parlano di contaminazioni: tra architettura, media, videoarte, design. E molto altro ancora. "Architetture del limite" era infatti il titolo dell'incontro cui hanno partecipato Andreas Altenhoff , Francesco Casu e Olindo Merone in occasione della bellissima kermesse di FestArch, il primo festival d'architettura d'Italia organizzato negli spazi della ex manifattura tabacchi di Cagliari, e che ha visto una presenza inaspettata di ben trenta mila visitatori. 
I tre, insieme, hanno offerto al pubblico un'originale carrellata di realizzazioni e progetti sperimentali  in grado, attraverso l’interazione tra mondo digitale e mondo reale, di creare  una “nuova architettura” basata non solo tra lo scambio di informazioni tra computer e utente, ma  in grado di realizzare inusuali sintesi di significati.
 
La prima idea forte dell’intervento nasce da una fiaba animata, di Maria Lai, “Il pastorello”. Attraverso disegni essenziali in bianco e nero, sapientemente accompagnati dalle musiche di Romeo Scaccia, tradizione e contemporaneità si incontrano per dare vita a una storia che, dietro l’apparente semplicità, è portatrice di una metafora profonda, l’idea che a partire da un nucleo poetico l’arte è in grado di generare altra arte, in una germinazione  radiante dei linguaggi. Non a caso dalla fiaba di Maria Lai, attraverso una moltiplicazione dei linguaggi tra arte/tecnologia e architettura, sono nate altre interessanti e diversissime realizzazioni. Segno che i media si riproducono in maniera inaspettata.
 
Rivisitazione del simbolo come oggetto seriale, restauro della memoria e riattualizzazione del genius loci, sono invece i concetti chiave privilegiati dall’architetto Olindo Merone per il recupero di una stazione abbandonata delle ferrovie dello stato, a Uta, fatta rivivere artisticamente attraverso un riscoperta del senso dell’incontro tra le persone. Protagonista: il pannello segnalatore  che si moltiplica come modulo dando vita ad un inattesa riconfigurazione del luogo.
 
Concetto di limite, perdita e recupero della memoria dei luoghi, indagine sull’esperienza del confine, sono i nuclei tematici alla base dei lavori presentati da Andreas Altenhoff,  esperto di media alla Kunsthochschule fur Medien, a Colonia, una delle prime Accademie europee ad aver recepito già negli anni '80 il processo di radicale trasformazione dei linguaggi plastici,comunicativi e audiovisvi. Tra fotografie di case fittizie, case con dentro roulotte, case filosofiche, strani alloggi per gli alberi, treni reali e treni dipinti, è evidente che la sperimentazione della scuola si rivolge in tutte le direzioni audiovisive, giocando sul sovvertimento e sull’incongruenza del segno. A volte con lo spirito del gioco ironico e dell’assurdo, di Debordiana memoria; in altri casi, con impegno etico e lucida malinconia, come nel video “Destruxion”, dove la perdita della  memoria di luoghi un tempo abitati ma, ormai, scomparsi, sopravvive attraverso il ricordo nella voce delle persone che lo raccontano attraverso la memoria del loro vissuto.
 
Tra i numerosi e diversi progetti presentati durante l’ incontro è evidente un  riecheggiare  continuo di temi e suggestioni condivise tra gli autori: l’idea della tessitura, presente in un video  di Francesco Casu, si rispecchia ad esempio, anche nella musica che accompagna il video, nella struttura quasi architettonica della composizione contemporanea di Ettore Carta,  costruita di  frammenti, iconemi  sonori di cultura sarda. E lo stesso tema (la tessitura) ricompare ancora in un altra opera, sempre realizzata dagli allievi della Kunsthochschule, dove però diviene flusso, astrazione, connotandosi come riflessione sul concetto di limite, sul rapporto mare – terra.
 
Tutte le tematiche, le idee, i concetti esposti in occasione dell’evento, convergono nel progetto delle torri multimediali di Francesco Casu, dove l’obiettivo è  la creazione di una rete di comunicazione, una sorta di sistema intranet tra le torri costiere presenti in Sardegna. Le torri delle coste isolane, nate con vocazione militare per avvistare il pericolo dal mare, simbolo di inclusione ed esclusione, difesa e apertura, vengono qui ripensate come interfaccia, sistema di scambio di informazioni, in perfetta fusione tra arte digitale e paesaggio. Un’ idea di bellezza etica ed ecologica, dunque, un’architettura “dematerializzata”, “invisibile”, che pur lasciando il bene intatto, da luogo ad una potente ristrutturazione di senso e ad un recupero di memoria in termini attivi. Oltrepassando i cancelli della fenomenologia.
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