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Festival delle “Meraviglie”

Cannes 2014:  Palma d'oro per “Winter Sleep” di Nuri Bilge Ceylan; Alice Rohrwacher conquista il Grand Prix con “Le meraviglie” e il premio della Giuria va a “Mommy” di Dolan e “Adieu au langage” di Godard. di Anna Brotzu

Nuri Bilge Ceylan "Winter Sleep"Trionfa il cinema d'autore: il 67° Festival de Cannes premia “Winter Sleep” di Nuri Bilge Ceylan, opera visionaria densa di rimandi teatrali e letterari, tra dialoghi filosofici e crude tranches de vie proiettati in un remoto villaggio dell'Anatolia dove il protagonista, Aydin, un ex attore ora proprietario di un albergo vive con la giovane moglie Nihal e con la sorella Necla.

Palma d'Oro per il film dalla durata insolita – tre ore e un quarto – che affronta il tema delle relazioni umane e in particolare del rapporto uomo/ donna, sul sottile confine tra il bene e il male, l'amore e il sentimento del possesso. “Winter Sleep”, ultima fatica del regista de “Il potere e l'amore”, “Le tre scimmie” e il fortunato “C'era una volta in Anatolia”, e tra gli appuntamenti più attesi del Festival, ha conquistato la giuria presieduta dalla neozelandese Jane Campion con l'intensità di una narrazione affidata alle parole, che si fondono con il paesaggio, quasi un riflesso degli stati d'animo dei personaggi.

Alice RohrwacherGrand Prix per “Le meraviglie” di Alice Rohrwacher, ritratto di famiglia nelle campagne del Centro Italia – con uno sguardo attento sulle inquietudini e fragilità dell'adolescenza,  già avvertibile nel suo “Corpo Celeste”, presentato a Cannes nella “Quinzaine des réalisateurs” nel 2011. Nel cast: Alba Rohrwacher, sorella di Alice, una delle attrici rivelazione del nostro cinema, accanto a Sam Louwyck, danzatore e attore fiammingo, a Sabine Timoteo e a una convincente Maria Alexandra Lungu. Il film parla della prossima fine del mondo, un presentimento della catastrofe più volte annunciata da Wolfgang, moderno patriarca, diviso tra l'affetto per le figlie e la difficoltà di trasmettere loro la passione per la terra, impotente davanti alla pervasività dei media che stravolge la serenità del mondo agreste. Storia di Gelsomina, fanciulla in fiore, e della sua originale famiglia che ha optato per la natura, per un'esistenza tra miele e api di cui la regista evoca la bellezza e la fatica.

Monica BellucciL'arrivo in vesti di fata di Milly Catena (Monica Bellucci) con il suo programma “Le meraviglie” conferisce un ulteriore tocco surreale e grottesco alla narrazione, in cui l'universo contadino e il rutilante mondo dello spettacolo si confrontano in una fiaba moderna (con tratti autobiografici) senza lieto fine. “E’ stato difficile vivere quest’avventura, che fa un po’ male come i reumatismi, ma speriamo che porti bene per il futuro, per tutti!” ha concluso la regista toscana, nel ricevere il premio da una sempre affascinante Sophia Loren, dopo i ringraziamenti ai produttori, e alla giuria (“il vostro lavoro mi ha fatto innamorare”).

''Mommy''Premio della Giuria – ex aequo – per “Mommy” del canadese Xavier Dolan, film di emozioni intense, di vite disordinate ed estreme, di un complicato e delicato rapporto madre-figlio e “Adieu au langage” di un maestro della decima musa, Jean-Luc Godard, che si cimenta con un curioso esperimento narrativo, un mash-up poetico tra immagini e suoni sulla storia di un amore frammentato, tra l'abbaiare di un cane e il pianto di un bambino, metafora del cinema, del comporre per logiche e illogiche associazioni, e del raccontare con la macchina da presa.
Nel carnet d'oltreoceano, il Premio per la miglior regia a Bennett Miller per “Foxcatcher”, ispirato alla storia vera dell'omicidio del campione olimpico di lotta Mark Schultz, crudele parafrasi del sogno americano (infranto) e il Premio per la miglior attrice alla strepitosa Julianne Moore, “diva” insicura e perfida in “Maps to the Stars” di David Cronenberg, amaro affresco del mondo dello starsystem hollywoodiano tra vite bruciate e segreti inconfessabili, con una vena di visionaria follia.

"Foxcatcher"Miglior attore, il britannico Timothy Spall, protagonista di “Mr. Turner” di Mike Leigh, sull'ultima parte dell'esistenza del celebre pittore e incisore inglese, maestro della luce e geniale paesaggista, dal temperamento a dir poco eccentrico, accentuatosi dopo la morte del padre. Infine il premio per la miglior sceneggiatura va a “Leviathan” di Andrey Zvyagintsev (già vincitore del Leone d'oro a venezia con “Il ritorno”), un film di ascendenze quasi bibliche che racconta la vana lotta dell'uomo per decidere il suo destino, il potere dello stato e della burocrazia che agisce come una forza cieca e distruttiva. Fotografia della Russia di oggi, di un universo kafkiano in cui il cittadino si smarrisce nei labirinti del potere, nei misteri di una legge incomprensibile: «Così come tutti noi, per nascita, siamo marchiati dal peccato originale, allo stesso modo tutti nasciamo in uno “stato”. Il potere spirituale dello stato sull’uomo non conosce limiti».

''Le meraviglie''La 67a edizione del Festival di Cannes si chiude così in bellezza – dopo un inizio un po' movimentato tra le polemiche per “Grace di Monaco” e qualche disappunto per le aspettative disattese. E l'Italia lascia il segno con “Le meraviglie” di Alice Rohrwacher, e la presenza di un'icona del cinema come Sophia Loren, tra la standing ovation per Marcello Mastroianni e il restaurato “Matrimonio all’Italiana”; da segnalare il “Backstage at Cinecittà”, il ricordo di Federico Fellini e, complice Quentin Tarantino, l'omaggio a Sergio Leone.
Il Festival consegna al futuro un'immagine del cinema come specchio della civiltà, e dell'anima, tra la forza delle passioni e il dramma della solitudine, emblematici affreschi e ritratti d'artista, in un'indagine sottile e plurale sull'uomo e sul mondo. Un Palmarés interessante, coraggioso e non scontato, che privilegia lo sguardo autorale, l'originalità ma anche la capacità di stupire e suscitare emozioni.

"Winter Sleep"TUTTI I PREMI
Da segnalare inoltre il premio Caméra d'or  a “Party Girl” di Marie Amachoukeli, Claire Burger, Samuel Theis per la miglior opera prima; per i cortometraggi, la Palma d'oro va a “Leidi” di Simón Mesa Soto, con Menzione speciale ex aequo per “Aissa” di Clément Trehin- Lahanne; e “Ja Vi Elsker” (Yes we love) di  Hallvar Witzø.
Per Un certain regard, il Premio va a “Fehér Isten” (White God) dell'ungherese Kornél Mundruczó, metafora della crudeltà e della tendenza a infierire sui più deboli; Premio della giuria per “Force majeure” (Turist) dello svedese Ruben Östlund, feroce commedia su una famiglia prigioniera di  una valanga.  Premio speciale Un Certain Regard a “The Salt of the Earth” di Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado, sul fotografo Sebastiao Salgado; Premio "d'ensemble" a “Party Girl" dei francesi Claire Burger, Samuel Theis e Marie Amachoukeli, e Migliore attore, David Gulpilil per “Charlie's Country” dell'australiano Rolf de Heer.

Nell'ambito della Semaine Internationale de la Critique: Gran Premio a “The Tribe” di Myroslav Slaboshpytskkiy; Premio SACD a “Hope” di Boris Lojkine e infine il France 4 Visionary Award, sempre a “The Tribe” di Slaboshpytskkiy. Per la Quinzaine des Réalisateurs:  Art Cinema Award a “Les Combattants”, opera prima di Thomas Cailley, che ha ottenuto anche il Premio SACD e il  Label Europa Cinem; Premio Illy per il miglior cortometraggio a “Sem coração” di Nara Normande e Tião e Menzione speciale per “Trece si prin perete” di Radu Jude.
E ancora:  Palma Queer: “Pride” di  Matthew Warchus; Palma Dog: “Fehér Isten” (White God) di Kornél Mundruczó; Premio della Giuria Ecumenica: “Timbuktu” di Abderrahmane Sissako; Premio FIPRESCI (Federazione Internazionale della Stampa Cinematografica) - Concorso internazionale: “Winter Sleep” di Nuri Bilge Ceylan, Premio FIPRESCI/ Un Certain Regard: “Jauja” di Lisandro Alonso e Premio FIPRESCI/ Sezioni parallele: “Love at First Fight” di Thomas Cailley.

 

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