Percorso

“Lilliu prof. Giovanni”: ritratto di un maestro

Il documentario di Marilisa Piga racconta il grande archeologo: dai dialoghi con il nipote Gabriele all’avventura degli scavi. di Salvatore Pinna

Giovanni LilliuUna silhouette di sola luce allude alla sua pancia rotondeggiante; insieme all’immancabile cappello e giacca troppo grande, ne costituiscono l’inconfondibile icona. Disegni di dee madri e di bronzetti alludono al rapporto sinonimico tra l’uomo e i segni più riconoscibili della cultura sarda.

L’animazione dichiara subito l’approccio confidenziale della regista nei confronti dell’uomo che si offre con fiducia e generosità alla ripresa cinematografica anche perché ha come co-starring il nipote Gabriele.
L’uomo è Giovanni Lilliu, archeologo, professore, accademico dei Lincei, Sardus Pater, ma soprattutto nonno che racconta la sua lunga vita a un nipote bambino e poi adolescente. Il film è “Lilliu prof. Giovanni”, di Marilisa Piga, che si compone di riprese effettuate in due tempi diversi, tra il 1999 e il 2008. 

''Lilliu prof. Giovanni'', di Marilisa PigaQuesto raddoppio temporale obbligato, si presume, dalle contingenze produttive, è diventato una risorsa, l’arma segreta del film: Gabriele  e il suo doppio, il nonno alle prese con due diverse età della vita propria e del nipote, con le diverse posture e curiosità di quest’ultimo. La scelta stilistica e narrativa di filmare il professore nella sua funzione di nonno consente di sviluppare, quasi implicitamente, senza didascalismi fastidiosi, concetti importanti e impegnativi che hanno attraversato la vita del grande sardo. La guerra e lo sfollamento, gli studi universitari a Roma, la conoscenza della futura moglie, l’archeologia introspettiva e simbolica (non studio di cocci). Gabriele, e lo spettatore con lui, è destinatario di parole importanti sulla riappropriazione del mare da parte dei sardi, come un discorso di libertà, sulla mancanza di giustizia sociale e sulla perdita del senso di appartenenza.

''Lilliu prof. Giovanni'', di Marilisa PigaIl bisogno  di un ethos della trascendenza, gli indovinelli sull’età del nonno con Gabriele piccolo, il ricordo della madre persa a soli tre anni, l’amore per la propria terra, sono temi che si inanellano evocati da una visita, da un paesaggio, da una passeggiata mano nella mano di nonno e nipote, curiosi uno dell’altro. La casualità e la quantità dei temi suggerisce la dimensione di normali chiacchierate familiari. Il registro che sceglie Mauro Palmas, autore delle musiche, è quello della camminata, dell’andare, e quindi un po’ del mistero di non sapere cosa ci aspetta al prossimo passo. Gesti di pedagogia dell’esperienza, come quello di far toccare al piccolo nipote una pecora durante una passeggiata in campagna, si accompagnano a discorsi sulla lingua sarda, anch’essi nati dall’esperienza del ritrovamento, durante una visita di nonno e nipote bambino nella “stanza dei ricordi” a Barumini,  del libro di Leopold Wagner. Lingua e amore per la propria terra sono un tutt’uno.

''Lilliu prof. Giovanni'', di Marilisa PigaAnche Gabriele è figlio di gente che è nata nella terra: “Ma tu lo sai, perché tu conosci gli animali, li hai visti e devi sempre avere anche l’amore per il luogo dove sei nato. La terra di qui è anche terra tua.” Anche la lingua sentita dai nonni è un patrimonio di Gabriele: “sono sicuro che Gabriele parlerà la lingua sarda. Quindi sarà un erede per così dire. ”Quando il nonno Giovanni affida al nipotino Gabriele un’eredità capiamo che gli affida la parola, che non è una rendita ma una riconquista. Quel messaggio rivolto al piccolo nipote è per tutti, perché in realtà la voce si espande anche verso Gabriele - che si aggira intorno, come una farfalla che attraversa a volte lo spazio proibito della telecamera - ma lo sguardo di Giovanni Lilliu è rivolto all’obiettivo della macchina da presa.

''Lilliu prof. Giovanni'', di Marilisa PigaLa narrazione di Marilisa Piga con la sceneggiatura di Cicci Borghi (Nicoletta Nesler firma la consulenza) colloca alla fine l’avventura degli scavi, dal 1950 al 1955, perché la scoperta di su Nuraxi è anche la storia dell’interruzione di una bella storia. “Coi cartaginesi e poi coi romani qui la vita praticamente è finita, la gente che c’era non sappiamo dove sia andata.” È significativo che questo anti lieto fine abbia come ascoltatore Gabriele bambino, come era avvenuto per il discorso sulla lingua, perché gli apprendimenti importanti avvengono in età precoce. La mancanza del lieto fine non può preoccupare Gabriele bambino, intento ad armeggiare con una tenaglia, quasi sullo sfondo, in una profondità di campo che raddoppia l’azione, rassicurato da un nonno che ha saputo ritrovare le traccia di gente lontana che ci riguarda ancora, e dalla sua fiducia che “le ombre di oggi diventano luce”.

''Lilliu prof. Giovanni'', di Marilisa PigaGabriele ragazzo integra le curiosità di Gabriele bambino, come la perdita del dito da parte del nonno, la tragedia della guerra, il rapporto di Lilliu preside di lettere con gli studenti del ’68, ma anche il tifo calcistico che si manifesta in una gag in cui il nipote romanista canzona amabilmente il nonno juventino. Ed è a lui, già beneficiario dei racconti di Gabriele bambino, che il nonno consegna il messaggio di ottimismo che Lilliu sa sempre trarre dalla storia e dalla personale fiducia nell’idea che l’ombra contenga la sua luce.  E allora davanti a quel neolitico così vicino e a portata di mano narra di quando la donna governava e c’era la pace. Le donne: l’avvenire è in loro mano, se il mondo vuole vivere in pace. Come non cogliere un’eco di un amore che si intuisce particolarmente forte verso la propria moglie?

''Lilliu prof. Giovanni'', di Marilisa PigaDi cui aveva detto, parlando con Gabriele bambino: “Non sono stato mai solo. Io non sono mai solo. Perché c’è mia moglie che è sempre al mio fianco, che mi conforta e che mi aiuta. Sono stato un uomo felice in questo senso.”
Lilliu prof. Giovanni” è un  documentario insolito, intelligente, commovente, che in filigrana fa leggere anche la difficoltà di produrre documentari in Sardegna e la preoccupazione – di cui Marilisa Piga aveva dato prova con “Inventata da un dio distratto” dedicato a Maria Lai - di farci riguadagnare il contatto con i nostri maestri. Gli autori fanno i film e poi non gli appartengono più. Dopo dovrebbero appartenere ad altri. Il guaio è che dopo non appartengono più a nessuno perché a nessuno sembra interessare l’operazione semplice di “promuovere”, “far conoscere”, “passare”.

23 luglio 2014

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