Percorso

“L’ultimo pugno di terra”, nasce il romanzo del film

L’opera di Fiorenzo Serra sulla ‘rinascita tradita’ diventa un progetto multimediale della collana Filmpraxis, per le Edizioni Il Maestrale. di Elisabetta Randaccio

''L'ultimo pugno di terra''È stato presentato a Cagliari il progetto multimediale su L'ultimo pugno di terra di Fiorenzo Serra, dopo l'anteprima estiva, lo scorso luglio a Sassari.

Mercoledì 12 novembre al Minimax, il Ridotto del Teatro Massimo, si è svolta una serata densa davanti a un pubblico numeroso e attento. Dopo i saluti istituzionali del sindaco di Cagliari Massimo Zedda e dell'Assessore alla Cultura della Regione Sardegna Claudia Firino, Antonello Zanda, il direttore del CSC dell'Umanitaria di Cagliari, ente che con l'Università di Sassari ha voluto fortemente la realizzazione del progetto, ha messo in evidenza il senso dell'adesione a questa iniziativa all'interno della visione culturale della Cineteca Sarda. Successivamente, Paola Ugo e Giuseppe Pilleri, curatori del bel libro, una sorta di appassionante “romanzo del film”, su L'ultimo pugno di terra, hanno discusso insieme a Gianni Olla, che ha dedicato al regista sassarese oltre un saggio sul libro citato, anche altre pubblicazioni interessanti, a trecentosessanta gradi dell'opera di Fiorenzo Serra, coordinati da Sergio Naitza. Al termine è stata proiettata la versione restaurata del documentario.

''L'ultimo pugno di terra''Ma cosa ha significato per il regista e per il cinema sardo questo film così tormentato, per certi versi “maledetto”? Nelle pagine del libro curato da Ugo e Pilleri troviamo le risposte e, soprattutto, come capita ai capolavori cinematografici, riusciamo, attraverso un'opera d'arte, a ricostruire un periodo storico e culturale in maniera precisa. Possiamo partire dalla fine, cioè dalla proiezione fatta da Serra ai suoi committenti, ovvero l'amministrazione della Regione Sardegna, nel giugno del 1964: una serata che segnerà il destino della pellicola, ma anche la carriera del regista sassarese. Infatti il documentario non piace; dopo anni e consistenti contributi, la classe politica dirigente dell'isola, certamente non dotata di senso estetico, è delusa. Probabilmente avrebbe voluto che scorressero nello schermo immagini patinate riprendenti una Sardegna folclorica e rassicurante, come raccontavano buona parte dei documentari dell'epoca.

''L'ultimo pugno di terra''Il film di Serra, invece, è una riflessione su una Rinascita tradita, solo in parte realizzata, è una narrazione per capitoli su una situazione economica ancora drammatica e sui suoi rigurgiti a livello sociale. Il regista con i suoi collaboratori e sceneggiatori, ovvero il meglio degli intellettuali dell'epoca da Michelangelo PiraAntonio Pigliaru, da Luca Pinna a Giuseppe Pisanu tra gli altri, riuscirono a sintetizzare un mondo di contraddizioni, ancora lontano da mutamenti positivi. Non era, in realtà, un atto d'accusa, bensì una dura riflessione sulle lacune di quello che sarebbe dovuto essere il Piano di Rinascita. Ma ciò che non considerarono i politici in quella triste proiezione fu la grande forza delle immagini, la sensibilità cinematografica del regista, il quale, comunque, aveva prodotto scene straordinarie in quello che, comunque, possiamo definire il suo atto d'amore per l'isola.

''L'ultimo pugno di terra''Da quel momento, inizia il calvario del film, il quale, pur con vari tagli, riesce a vincere il premio “Agis” al Festival dei Popoli, ma, in seguito, la sua distribuzione sarà un incubo e negli anni si conteranno 4 versioni diverse (tre lungometraggi e un corto), mentre Fiorenzo Serra rallenterà la sua carriera di filmaker, fortemente toccato dalla sorte de L'ultimo pugno di terra. La proiezione della versione restaurata del film ridà forza al suo progetto primitivo e chi acquisterà il libro coi DVD potrà anche godere degli extra e capirne, dunque, le sue vicissitudini. Ancora meglio se si immergerà nella lettura del volume il quale unisce i contributi dei curatori e di altri esperti (oltre i citati Giuseppe Pilleri e Paola Ugo, Antioco Floris, Laura Pavone, Maria Margherita Satta, Micol Raimondi, Gianni Olla, Antonello Zanda e la figlia del regista Simonetta che dedica un toccante ricordo umano e professionale al padre) per fissare estetica, rimandi culturali, sociali, antropologici e tormenti distributivi e di restauro di un documentario che appassionò pure Cesare Zavattini, citato nei titoli di testa come “consulente artistico” e che, in alcune famose pagine del suo Straparole, descrisse la scena della corsa del gregge di pecore e agnellini individuandone la forte valenza poetica.

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