Percorso

I mestieri del cinema. Emiliana Gimelli

Professione coach. L'arte di “allenare” gli attori, supportandoli nella costruzione e nell'interpretazione del personaggio, al cinema e a teatro. di Anna Brotzu

Emiliana GimelliSegni particolari: gli occhi, immensi, scintillanti e profondi come la superficie di un lago, e uno sguardo che sembra scandagliare l'anima, fino a leggere i pensieri più segreti. E il sorriso, rassicurante e insieme malizioso, da novella Circe, una maga capace di irretire e sedurre, ma anche restituire la libertà ai suoi prigionieri, rimandandoli nel mondo più esperti, e più saggi.

Emiliana Gimelli, attrice e regista, cantante e coach di attori, nuorese di nascita, una vita da artista in giro per il mondo per confrontarsi, per sperimentare, per imparare... dalla Sardegna agli Stati Uniti, da San Francisco a Roma (prossimamente nell'Isola, con “Follia sotto Controllo”, progetto di formazione per attori, danzatori e performers: dal 19 al 21 dicembre 2014 all'exArt (ex Liceo Artistico) in piazza Dettori a Cagliari ospitato da LucidoSottile) racconta i segreti di uno dei mestieri del cinema. Il coaching è l'arte di “allenare” gli attori, seguendoli e sostenendoli nel processo creativo, nella ricerca e costruzione del personaggio, nell'espressione delle emozioni – nei tempi e con i ritmi sempre più incalzanti della “fabbrica dei sogni”, una macchina implacabile in cui ogni minuto è denaro, e ogni ritardo incide sui costi di produzione. Un'arte che come la maieutica socratica aiuta l'artista a tirar fuori da sé quegli elementi – ricordi, sentimenti, percezioni – necessari per dare volto, corpo e voce a una creatura – reale o inventata – che sappia muoversi, agire, parlare con accenti di verità, e vivere sullo schermo (o su un palcoscenico) per il tempo di una storia, e magari imprimersi indelebilmente nella memoria dello spettatore.

Quando è nato l'interesse per il lavoro dell'attore?
L'amore per la recitazione è nato quando ero veramente piccola, ancora una bambina: ho iniziato con uno spettacolo, anzi un paio di spettacoli, a scuola e già verso gli undici anni ho ottenuto le prime scritture per il teatro. La maturità di capire che era quello che volevo fare nella vita l'ho avuta verso i quattordici anni quando mi son proposta per un provino per l'Amleto in inglese (per il ruolo di Amleto, naturalmente!): avevo letto la notizia del casting su un giornale, ho fatto tutto da sola... e ho avuto la parte... non quella di Amleto, però. La passione è come una spinta interiore, una necessità a cui non puoi sottrarti sono cose che non puoi controllare. Io lo so, ci ho provato, ho cercato di smettere per un po' ma non ci sono riuscita.

''Ballo a tre passi''Un bell'esordio... con le parole di Shakespeare.
Sì, son stata fortunata. Il talento, e il caso però non possono bastare. Così decisi di fare una scuola: avevo quattordici anni, ma ero preoccupata per il futuro, per il mio futuro professionale, così mi iscrissi alla Civica Scuola d'Arte Drammatica all'interno dell'Akròama/ Teatro Stabile d'Innovazione. Nel lontano 1996: ero la più piccola, ma il direttore artistico Lelio Lecis mi fece entrare anche se non avevo ancora l'età giusta. Il mio debutto fu con “Broken Juliet”. Da lì ho cominciato, senza fermarmi più: ho preso parte a tantissime produzioni teatrali – prosa, teatro sperimentale e teatro-danza: mi lasciavo guidare dall'istinto, facevo tutto quel che mi piaceva, e che mi sembrava interessante, non avevo preclusioni, né pregiudizi.

L'incontro con la decima nusa?
Il primo film l'ho girato a diciott'anni: s'intitolava “Ancient Warriors”, era una piccola partecipazione - solo una figurazione - e il film è stato distribuito negli Stati Uniti e in Danimarca. Nel 2002 ho partecipato a “Ballo a tre passi” di Salvatore Mereu, in un piccolo ruolo: è stata una bellissima collaborazione con Salvatore, per lui era il primo lungometraggio; e il film è stato presentato e premiato nella Settimana Internazionale della Critica della 60ª Mostra del Cinema di Venezia, Salvatore ha vinto il David di Donatello come il miglior regista esordiente, e il Ciak d'oro e le nomination per il Nastro d'argento... Sul set ho conosciuto una meravigliosa attrice, Yaël Abecassis, che Salvatore aveva voluto fortemente nel film, dove interpreta Francesca... (Yaël è la protagonista di “Kadosh”, film cult di Amos Gitai); ci siamo reincontrate quando sono andata in Israele. L'ultimo film che ho girato in Sardegna – ma non è ancora uscito nelle sale – è “La leggenda di Eleonora D’Arborea” di Claver Salizzato, nel ruolo di Bianca.

Emiliana Gimelli, coach actorTeatro e cinema... e poi?
E poi ho continuato con tante produzioni teatrali, in Sardegna ho lavorato un po' con tutti, e in contemporanea ho mantenuto anche la linea del canto: io sono anche una cantante – e a San Francisco ho avuto la fortuna di incontrare, e di collaborare con uno di produttori più importanti: Narada Michael Walden, quello che ha scoperto Whitney Houston e Mariah Carey, e ha anche scritto canzoni per Aretha Franklin (“Freeway of Love”) e Diana Ross. E ho continuato a studiare - nonostante fossi una professionista a tutti gli effetti e avessi fatto regie mie: in Italia suona quasi strano, ma in America e nel resto del mondo è normale, un artista non smette mai di studiare, e in realtà non si finisce mai di imparare. Negli Stati Uniti ho avuto la possibilità di confrontarmi con gli attori dell' ACT Theatre , senza bisogno di raccomandazioni: ho suonato il campanello, ho chiesto di parlare con il direttore artistico e nel giro di una settimana ho avuto un appuntamento; ho sostenuto un provino e sono stata ammessa alla scuola, ho potuto studiare lì – gratis.

Un altro mondo... però ha scelto di ritornare...
L'America mi ha offerto molte opportunità di crescita professionale, poi, la vita, i casi della vita, mi hanno riportata in Italia. Mi sono stabilita a Roma, per proseguire il mio percorso di attrice, continuando a studiare recitazione – con il Metodo Stanislavskij e le tecniche elaborate da Lee Strasberg - al Duse International di Francesca De Sapio, fondato a New York nel 1985, in collaborazione con l'Actors Studio e con il patrocinio di artisti come Elia Kazan, Al Pacino e Sidney Pollack, Norman Mailer, Arthur Penn e Nikita Michalkov. Con grande dispiacere ho dovuto di nuovo lasciare la mia Isola: per un sardo andare via è una grande privazione, anche se quando si sta lì si vorrebbe scappare, andare via, vivere lontano da questa terra meravigliosa è pur sempre triste, si sente fortissima la nostalgia. Per questo – e per il desiderio di trasmettere quello che ho imparato - un anno e mezzo fa è nato “Follia sotto Controllo”: uso tecniche differenti, elaborate da me negli anni, che prendono come base  la bioenergetica di Alexander Lowen, il Metodo Stanislavskij, la Tecnica Alexander, e altre ancora, scegliendo di volta in volta quello che ritengo utile per lavorare con ciascun attore.

Emiliana Gimelli, coach actorQuando e come interviene un actor coach?
Dalla bioenergetica al metodo elaborato da Lee Strasberg all'Actor Studio, le basi sono sempre valide, sono gli elementi fondamentali della grammatica del lavoro dell'attore; poi è importante adeguarsi alle necessità e ai tempi, perché il mercato cinematografico è cambiato, anche in Italia, e chi si allena e si forma deve stare al passo con il mercato. Sul set i tempi sono serrati, gli attori passano da una scena all'altra, da una situazione all'altra, cercando di immedesimarsi nel personaggio, nelle sue emozioni: qui entra in gioco la figura del coach che assiste l'attore, preparandolo ad affrontare le varie scene, che si susseguono a volte quasi senza soluzione di continuità. Il mio lavoro non è diverso dagli altri mestieri del cinema però in Italia il ruolo del coach non è ancora ben conosciuto – e riconosciuto – e i confini tra le varie professionalità e competenze non sono abbastanza definiti. Faccio spesso il coach privato per attori di fiction e film - ma identiche difficoltà e necessità oggi si vivono anche a teatro, c'è pochissimo tempo per le prove, i giorni dedicati all'allestimento di un nuovo spettacolo sono sempre meno.

Differenze fra teatro e cinema?
Quando mi chiedono se preferisco fare cinema o teatro, rispondo che sono due modi di lavorare completamente diversi, ma meravigliosi entrambi, non potrei scegliere: il mio obiettivo è sempre lo stesso, emozionare il pubblico, cercando di  ottenere la verità del personaggio, davanti alla macchina da presa come in scena.
Si utilizzano tecniche differenti, è chiaro: stare davanti alla macchina da presa è diverso che stare sul palcoscenico, e quando uno si allena lo fa per affrontare tutto quello che può succedere in quel contesto; a teatro, l'impostazione vocale è differente e richiede uno studio e un'attenzione particolare, così come l'uso del proprio corpo all'interno dello spazio scenico; al cinema hai un microfono e la camera che riprende quello che il regista vuole inquadrare di quella scena, ma la “verità” che si richiede al cinema  deve esserci anche a teatro, soprattutto nei testi classici.

Emiliana GimelliParliamo di “Follia sotto Controllo”.
Il progetto nasce con l'idea di “restituire” qualcosa alla Sardegna, di mettere a disposizione quello che ho imparato fuori per gli artisti che hanno scelto di restare e per i giovani che stanno iniziando il loro percorso. In questo momento così difficile per tutti ho scelto di dedicarmi alla mia Isola: io me ne sono dovuta andare, ma sono convinta che la Sardegna sia un “covo di arte”; ci sono delle difficoltà... ci sono meno opportunità a volte, le potenzialità potrebbero essere più valorizzate, però i sardi hanno una grande possibilità di ispirarsi... Io ho voluto dare un piccolo contributo, essendo sarda, perché questi talenti possano tirare fuori il meglio sempre, perché chi fa e intende fare questo lavoro abbia un'occasione di confrontarsi, di crescere, di studiare utilizzando i metodi e le tecniche che io ho appreso in questi anni. La curiosità – e l'umiltà – sono fondamentali in questo lavoro – così come è importante avere uno spazio per potersi allenare, come fanno i grandi, quelli che ogni volta ci stupiscono e ci emozionano con la loro capacità di immedesimarsi in un personaggio, in una storia. Ho conosciuto Al Pacino – lui studia tutti i giorni: si allena anche con le tecniche che io uso per allenarmi e che porto nei miei seminari; è grazie a questo continuo allenamento che al ciak l'attore è  pronto ad entrare in azione, e quando appare sulla scena arriva un'energia fortissima al pubblico.

Tecnica e talento: quale conta di più?
Il talento è un dono prezioso, in Italia ce n'è tanto, per alcuni aspetti siamo avvantaggiati rispetto, per esempio, agli Stati Uniti: abbiamo un background formidabile, noi italiani, non dimentichiamoci che Stanislavskij rimase affascinato e studiò proprio il modo di prepararsi e di lavorare di Eleonora Duse e Gustavo Modena, questa capacità di emozionarsi è un tratto molto italiano. Il talento è un eccellente punto di partenza ma non basta, un attore deve acquisire delle capacità tecniche ed espressive, lavorare su se stesso e in relazione agli altri (un comportamento sbagliato può fare danni professionali enormi), deve studiare per valorizzare al massimo le sue qualità, le sue peculiarità. Io lavoro in modo individuale, non soltanto come coach privato: anche i miei workshops sono assolutamente individuali, mirati e sviluppati sulle caratteristiche di ciascuno dei partecipanti. Il lavoro sull'attore è un percorso lento, un processo graduale, ma inarrestabile: più si va avanti nella maturazione del proprio mestiere e più si tende ad adagiarsi, con il rischio di non stupirsi più, di perdere quella freschezza che si ha da piccoli. E' normale, anche la vita intorno cambia ed è per questo che ci si deve allenare a... come dire... tornare bambini diventando sempre più “grandi”.

Emiliana Gimelli, coach actorL'Italia, vista da Roma e dalla Sardegna: qual è il presente e il futuro dell'arte e della cultura?
In questo momento in Italia non si coltiva la creatività: per poterlo fare ci vuole un luogo... non basta stare a casa propria a pensare, serve uno spazio in cui esercitarsi,  sennò chi fa l'artista viene schiacciato da questa nebbia che ci sta sopra. Son tempi duri e difficili, ma c'è un solo modo per resistere: anziché lamentarsi bisogna allenarsi...
Questo vale ovviamente anche per la Sardegna, proprio perché ci sono tanti autori, tanti registi, attori, danzatori, scenografi, musicisti – sono fiera di appartenere a questa terra, anche se vivo (e lavoro altrove) -  noi siamo ovunque... l'attore è itinerante, non ha un casa, fin dai tempi di Shakespeare, e prima ancora, il suo palcoscenico è il mondo. Ma le mie radici, il mio cuore  sono in Sardegna.
La tentazione di fuggire dall'Italia, in questi tempi, è forte: tanti miei colleghi sono a Parigi, a Londra, negli States... Io non vorrei fare questo: vorrei dare il mio contributo al mio Paese... anche se qui è un momento molto difficile, e complicato, la mia arte la vorrei dare al mio Paese, alla mia terra.

Come si diventa actor coach?
Credo che conti l'indole, una certa predisposizione – oltre allo studio, la preparazione: nel mio caso tutto è iniziato dall'osservazione, dalla tendenza a osservare l'altro, durante il lavoro, a guardare cosa sta facendo per cercare di capire qual è il suo punto di difficoltà, e cosa dovrebbe fare per superarlo. A dispetto della mia età – ho trentatré anni – ho studiato moltissimo l'essere umano; e – la passione è fondamentale – mi sono appassionata al lavoro dell'attore. Un coach vede qual è il punto di blocco e sa dove intervenire a livello tecnico e anche psicologico sulla persona. Negli spettacoli in cui ho fatto l'aiuto-regia, mi son stati affidati sempre più spesso i compiti di coaching degli attori; ho iniziato così, in modo quasi casuale, e presa coscienza e avute varie esperienze soprattutto in teatro, ho iniziato a incontrare e seguire come coach in privato attori e attrici, che avevano saputo di me da altri attori, o da registi, durante la preparazione di film e spettacoli.

Emiliana Gimelli, coach actorQualche nome?
E' un segreto professionale! In Italia la figura del coach individuale non è ancora pienamente riconosciuta e - almeno finché le cose staranno così – per quel che concerne i rapporti “privati” non sarebbe corretto svelare dei nomi; in effetti mi è già capitato di essere chiamata a lavorare sul set, ma a causa di precedenti impegni non ho potuto accettare. Il coaching nell'ambito di una produzione cinematografica è un'esperienza totalizzante, che richiede una presenza assidua e una grande concentrazione – io faccio anche l'attrice, e curo le mie regie, e di volta in volta scelgo a cosa dare priorità per non tradire la mia parte creativa.

Professione coach: il presente e il futuro?
Nel cinema e in televisione il lavoro del coach serve agli attori ma anche al regista e alla produzione, permette agli interpreti di esprimere in modo preciso un certo stato d'animo, una data emozione, sempre seguendo le indicazioni del regista e sfruttando le proprie capacità, ma con tempi più rapidi. In teatro - specialmente in Italia, dove tutti fanno tutto – la figura del coach non viene ancora accettata, salvo eccezioni, anche perché resiste una certa confusione sul ruolo del regista e quello di chi segue la preparazione degli attori – che ovviamente non deve interferire ma facilitare il compito del regista. Specialmente nel cinema – sull'esempio americano, in cui i grandi attori hanno il proprio coach e questo non inficia, anzi, le loro straordinarie interpretazioni – l'utilità se non la necessità del lavoro del coach è sempre più sentita – se non dalle produzioni, che ancora tendono, o pretendono di risparmiare, dagli stessi attori che sempre più spesso vi fanno ricorso, con l'intento di sfruttare al massimo il tempo e migliorare le proprie performances.

Emiliana Gimelli, coach actorIl coaching in una battuta?
Un canale espressivo in più, un supporto per l'attore, uno specchio.

Progetti futuri?
La mia intenzione è fare qualcosa di mio, cerco sempre di ritagliare un momento per scrivere; ma   non bisogna avere fretta di far qualcosa a tutti i costi, io ho molto rispetto per questo lavoro, quindi seguo il flusso della mia voce creativa...
Intanto continuo a essere un'attrice, una regista, una coach; ci sono diversi progetti a cui sto lavorando con passione e dedizione. C'è tanto da imparare, penso che imparerò fino all'ultimo giorno in cui respirerò sulla terra.

17 dicembre 2014

Powered by CoalaWeb

Accesso utenti e associazioni