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Percorso

Politica e cultura. Giovanni Columbu, ''Su Re sardista''

Chi è e come pensa di potenziare il settore Cinema il regista nuorese, neo segretario del Partito sardo d’Azione. L'intervista di Carlo Poddighe 

Giovanni Columbu

Suo padre Michele, deputato indipendente eletto col Pc e poi europarlamentare sardista, è stato sindaco di Cagliari per un giorno. A lui, Giovanni Columbu, potrebbe andare meglio. Il regista di Arcipelaghi e Su Re potrebbe rimanere segretario del Psd’Az per quasi due settimane.

Eletto sabato 14 marzo nuovo segretario sardista per acclamazione dal Consiglio nazionale del partito riunito a Oristano, dovrà superare una nuova assemblea voluta dal padre-padrone del Psd’Az, Giacomo Sanna, che ha fissato per sabato 28 marzo, alla Torre aragonese di Ghilarza, un ulteriore voto per la nomina del segretario del partito. Noi, tenute conto anche le novità del momento, con Giovanni Columbu, nuorese di 64 anni, abbiamo fatto una chiacchierata che inevitabilmente ha rimbalzato tra Cinema e politica.

Giovanni ColumbuGiovanni, da regista e ora da leader di partito, secondo lei la politica deve ancora avere un ruolo nel finanziamento della cultura?
Certo. È improbabile che possa esistere un’azione culturale incisiva senza intervento pubblico. L’arte ha bisogno di risorse e, se in passato si sono vissute delle stagioni importanti, anche nel Cinema, è stato perché ci sono stati governi attenti che hanno creato le giuste condizioni di sinergia tra potere e operatori artistici.

Condizioni difficilmente replicabili in un periodo di crisi generale, come quello attuale.
Sicuramente il periodo non è dei migliori. Ma, restando al Cinema, nel dopoguerra, pur con tutte le difficoltà, si è vissuta una delle stagioni migliori del Cinema italiano.

Soddisfatto dell’attenzione riservata al settore dalla Regione?
Nell’ultima Finanziaria mi sembra siano state messe a disposizione del settore buone risorse. È già qualcosa. Personalmente apprezzo il credito dato al Cinema.

Niente da contestare a chi governa nell’Isola anche la cultura?
Il limite è sempre lo stesso. Vedere la cultura come un motore di sviluppo solo parziale, come qualcosa di collaterale che sottrae risorse al resto.

Giovanni ColumbuE invece?
E invece anche in Sardegna bisogna guardare al Cinema come a un veicolo di crescita. Se L’Italia è stata grande, ciò è avvenuto perché a cultura e arte è stato dato rilievo. Anche il Cinema va pensato come fatto economico, industriale e produttivo. E, per quanto riguarda la nostra terra, questo settore di sviluppo è più autentico, più compatibile di tanti altri risultati fallimentari.

“Più cineprese, meno ciminiere” sarà il nuovo slogan sardista?
Diciamo che in passato si è fatto ricorso ad economie in aperto contrasto col territorio, col tessuto sociale. Su questo tipo di industria, fallimentare, sono stati fatti investimenti colossali e il risultato è stata la distruzione del paesaggio. Stessa attenzione non è stata riservata alla cultura, sembra che in essa non ci si creda mai abbastanza. Infatti, paradossalmente, si è puntato su economie estranee al tessuto culturale e sociale della Sardegna.

Si sieda nella poltrona del politico e ci dica cosa servirebbe per invertire la rotta.
Prima di tutto, finanziamenti apprezzabili al settore Cinema e arte in generale. Ma è fondamentale anche un cambio di mentalità e un serio ragionamento sul modello di sviluppo che vogliamo dare all’isola.

Seduto nella sedia del regista, invece, cosa ha in programma?
Niente di immediato. Tra un anno trasformerò in film tre spettacoli teatrali che andranno in scena al Teatro Massimo di Cagliari. I protagonisti saranno non vedenti, sordi e sofferenti psichici. Sarà un lavoro girato parzialmente in teatro e il tema sarà la difficoltà di vedere, sentire e capire ciò che dovrebbe essere palese.

Una sorta di allenamento al confronto politico?
Potremmo vederlo anche così.

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