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Percorso

Sergio Rubini, ‘’Sud’’ e altre storie (di cinema)

L'artista pugliese racconta i suoi film. Dal primo incontro con la decima musa, “L'intervista” di Fellini, ai progetti e alle prospettive future. di Anna Brotzu

Sergio RubiniNell'Isola – sotto le insegne del CeDAC – con un (quasi) inedito recital dedicato al “Sud” (al posto della commedia “La serata”), Sergio Rubini svela volti sorprendenti, ironici e poetici del Meridione d'Italia attraverso le parole di Matteo Salvatore, il cantore del Galgano, e di Eduardo De Filippo, e l'icastico racconto de “La guerra dei cafoni” firmato da Carlo De Amicis, fra il ricordo del padre capostazione,  i versi in vernacolo di Giacomo D'Angelo e una citazione dai “Persiani” di Eschilo.

Tra i più interessanti – ed eclettici – interpreti del nostro cinema, capace di spaziare dalla commedia al dramma, dalla ricostruzione storica alla fantascienza, dal giallo al noir, nonché regista di film come “La stazione”, “Prestazione straordinaria”, “Il viaggio della sposa”, e poi “La terra”, “Colpo d'occhio”, “L'uomo nero” e “Mi rifaccio vivo”, Sergio Rubini (recentemente sul set de “La stoffa dei sogni” di Gianfranco Cabiddu sull'Isola de L'Asinara) racconta il suo (felice) incontro con la decima musa.

Sergio Rubini, ''Mi rifaccio vivo''Com'è iniziata la sua avventura davanti (e dietro) la macchina da presa?
Nel cinema in realtà ci sono capitato. Pensavo di fare l'attore di teatro; a sedici anni decisi che, finito il liceo, avrei provato a fare l'Accademia d'Arte Drammatica, e a vent'anni ho cominciato a lavorare in teatro. Poi sono capitato in un film e ho iniziato a lavorare al cinema da attore, finché Procacci vide “La stazione” e mi propose di farne un film e di curarne la regia. Il cinema era una mia passione quando ero ragazzo, però mi sembrava così lontano - lo schermo, i suoi attori - per cui non ho mai sognato di fare il cinema: il teatro mi sembrava più concreto, più possibile. Poi, invece, il cinema è diventato la mia vita.

“Sud” è il titolo del suo recital – ma anche un tema ricorrente nel suo cinema.
Il “Sud” mi sta molto a cuore, non perché sia migliore del Nord o dell'Est: è il mio luogo natio, il mio punto di riferimento per lo meno mentale, non più geografico; è lo spazio della mia formazione, della mia storia. Uno che fa il lavoro che faccio io non può che attingere da se stesso; e quindi il Sud è il luogo della mia creatività, del ricordo, della nostalgia. E' il luogo per il quale mi batterei – è il luogo che “abbatterei”.

Sergio Rubini, ''La stazione''Il suo cinema volge spesso in commedia – con un certo gusto per il grottesco.
Devo dire che a me piace molto anche il cinema di genere, quindi ho fatto delle “incursioni”, per esempio con “La terra”, che era un giallo; e il mio primo film, “La stazione”, si può dire un “nero”.
Comunque sono “balzacchiano”, nel senso che ritengo che nella commedia si consumi anche il dramma. Il comico, e il grottesco, mi appartengono: fa parte delle mie radici, della cultura della mia terra, questa capacità di rinascere dentro i drammi e le tragedie anche attraverso uno sguardo ironico, delle volte disincantato, sulle proprie miserie e vicissitudini.

“La Serata” - un progetto fra teatro e cinema
Sì, ho scritto prima la sceneggiatura; avendo però questo film un impianto teatrale, con il produttore abbiamo pensato di fare alcune date per mettere a punto il testo e verificarlo con il pubblico prima di girare (come per “La stazione”). A quel punto, quando vai a girare ti porti dietro tutto quello che hai compreso approfondendo il testo durante le prove, ma soprattutto interpretandolo di sera in sera e soprattutto scopri che fra il teatro e il cinema non c'è nessuna differenza!

Sergio Rubini, ''L'uomo nero''Tra i suoi film, “L'uomo nero” fa i conti con gli archetipi (e gli incubi) dell'infanzia.
L'uomo nero” è un film per certi versi autobiografico, che parte dalla passione di mio padre per la pittura, e quindi è anche una fantasticheria: quando andavo da bimbo nei musei con mio padre, lui sostava talmente tanto davanti ai quadri che io mi preoccupavo, perché avevo la sensazione che li volesse rubare! Da qui l'idea di un film che racconta quanto i genitori sbaglino sempre, ma il tempo poi aiuti a rivedere quegli errori da una prospettiva diversa, più sorprendente. I guasti dei genitori sono immedicabili, però è interessante poi spiegarseli, quei guasti... è il tempo alla fine che dà un senso a tutto.

Sergio Rubini, ''L'intervista''Ne “L'intervista” lei è stato alter ego – sullo schermo – di Federico Fellini.
E' stato un incontro folgorante, fondamentale – basti pensare al fatto che io ho lavorato con lui nel 1986 e siamo nel 2015 e sono ancora qui che rispondo a queste domande: s'intuisce bene che quello è l'incontro della mia vita. Da quell'incontro io ho avuta tanta luce, e anche tanti insegnamenti che vanno al di là del cinema, ma che entrano in una sfera intima, privata, che riguarda proprio l'aver avuto a che fare con un uomo molto semplice però molto dotato, molto intelligente, la cui intelligenza era palpitante, percepibile. Una persona aperta, con uno sguardo sul mondo libero, pieno di meraviglia; un uomo... un vecchio maestro che riusciva a mantenere vivo lo sguardo sul mondo, e lo stupore.

Cabiddu e RubiniA proposito di Sardegna – e di cinema – lei è nel cast de “La stoffa dei sogni”.
E' un copione bellissimo di Gianfranco Cabiddu, che ho letto qualche anno fa, e ho voluto a tutti i costi interpretare. Penso che lui sia stato giustamente folgorato dal suo incontro con Eduardo – di cui aveva curato l'incisione de “La Tempesta” in napoletano antico. Il racconto è simile alla “Tempesta”, come in un gioco di specchi: una barca con a bordo dei camorristi e una compagnia di comici fa naufragio, e finisce sull'Isola del penitenziario. I camorristi impongono ai comici di spacciarsi a loro volta per attori, e il direttore del carcere attraverso un espediente dovrà capire se in mezzo a loro ci siano anche quei criminali che aspettavano. In questo Paese non è facile portare avanti progetti che non si allineino all'ultimo film che ha avuto successo. Mi auguro che “La stoffa dei sogni” trovi una strada...

Sergio RubiniLo stato dell'arte del cinema in Italia – e non solo?
Penso che in Italia ci sia – oltre a quella economica - una grande crisi culturale, che abbraccia anche il cinema; fare un film è sempre più difficile, si fanno film più piccoli, finanziati in modi alternativi e diversi. E' chiaro che è sempre meno un'industria la nostra - anche questi film a bassissimo costo possono avere successo, ma è un caso; e un'industria non si regge sul caso. Forse il cinema nel mondo è un po' in crisi: io credo che sia molto più attuale oggi la televisione – una certa televisione fatta bene; mi affascinano i protagonisti delle nuove serie, personaggi negativi, obliqui.

In Sardegna è stata istituita già da qualche anno la Film Commission: e noi guardiamo con molta attenzione al modello pugliese – lei che ne pensa?
Io per certi versi sono un po' il decano della Film Commission pugliese – nel senso che sono andato a girare in Puglia nell'89, e poi più volte, prima che venisse creata la Film Commission - solo “L'uomo nero” l'ho fatto con l'ApuliaFC. Io non posso che dir bene delle Film Commission; e penso che la Puglia stia vivendo un momento di grande attenzione, proprio perché le istituzioni hanno saputo interpretare gli imput arrivati dalla base. Qui potrebbe accadere la stessa cosa. Poi, dipende: le Film Commission diventano quasi delle mode: un periodo era la Toscana, adesso la Puglia. Però non bisogna vivere semplicemente la moda, perché poi la moda finisce: le Film Commission hanno appunto il compito di radicare nel territorio un know how che faccia sì che, passata la moda, qualcosa rimanga.

18 marzo 2015

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