Percorso

È giusto che i registi sardi si avvalgono di maestranze non sarde per realizzare film?

INTERVENGONO NEL DIBATTITO, ACCESO DALL'INTERVISTA DI PITZIANTI, ENRICO PAU E GIANFRANCO CABIDDU.

 
ENRICO PAU

 Per quanto mi riguarda la squadra di produzione (punto nevralgico in un film che va dalla organizzazione agli ispettori di produzione): di “Jimmy della collina” era interamente formata da sardi. E nel film c’erano molte maestranze locali. Per non parlare degli attori sardi, che a mio parere danno un contributo di grande qualità ai nostri film. Ogni volta cerco e coinvolgo anche giovani stagisti. Forse perché io avrei fatto qualsiasi cosa per entrare nella produzione di un film tanto che avevo anche telefonato a Nanny Loy per poter partecipare a un suo film gratuitamente. Avrei anche pagato per lavorare. Non mi voglio confrontare con Nanny Loy, ma credo che per imparare sia necessario all’inizio essere armati di tanta passione ed entusiasmo ed essere disposti a offrire il proprio contributo gratuitamente. Io so che ci sono delle professionalità anche in Sardegna. Ho finito da poco un documentario su Cagliari e mi sono avvalso di un montatore sardo molto bravo, Enrico Deidda e anche di un tecnico del suono sardo. Piano piano sta nascendo una generazione di professionisti. Però, per esempio, non mi sembra che ci siano ancora validi direttori della fotografia.
Per Jimmy della collina ho scelto invece di montare con Johannes Kijima, un nippo/tedesco, perché mi piacevano i suoi lavori. Ma è stato qua quattro mesi con noi. Abbiamo montato all’istituto professionale Meucci dove ci sono quattro postazioni professionali di final cut e il mio assistente alla regia, Andrea Lotta, ha fatto anche l’assistente al montaggio; con Kiyma ha potuto fare una esperienza importante. I montatori sardi non sono tanti ad avere esperienza nel campo del lungometraggio .
Voglio aggiungere che speravo che tutto quanto si sta muovendo in campo cinematografico in Sardegna, anche grazie alle nostre battaglie, potesse creare un po’ di solidarietà e orgoglio; invece percepisco tanta rabbia ingiustificata. So infatti che anche nei film dei miei colleghi sono stati utilizzati tanti giovani sardi. E’ solo questione di tempo, il tempo necessario a fare crescere le professionalità. E comunque io mi metto a disposizione di tutti i giovani, non ho mai detto di no a nessuno. Debbono, però capire che tante scelte non dipendono dai registi, ma dalla produzione e dalle convenienze economiche.

GIANFRANCO CABIDDU

 Dobbiamo innanzitutto chiarire che i finanziamenti non finiscono nelle tasche dei registi , ma dei produttori. Per quanto riguarda “ Disegno di sangue”, la Regione ha deciso di contribuire alla produzione in cambio di tre settimane di riprese in Sardegna che hanno portato un indotto non indifferente fra comparse, attori, alberghi, senza parlare poi del fatto che le stesse scene sarebbero state girate negli studi a Roma invece che fra le strade e le spiagge della Sardegna.
Per quanto riguarda le maestranze. In Sardegna c’è ancora poca esperienza e professionalità rispetto a Roma. Mancano direttori della fotografia, capi elettricisti. E poi le scelte non le fa il regista, ma la produzione. Questo è bene chiarirlo. In ogni caso il mio direttore della fotografia è sardo. Si chiama Massimo Pau, ma vive a Roma. La scelta del direttore della fotografia è molto personale, non può essere casuale, ci vuole un grande affiatamento fra il regista e il direttore della fotografia. I sardi , se vogliono imparare, devono avere il coraggio di spostarsi. Tutti coloro che vogliono fare cinema, vivono a Roma. Anche Alessandra Mura, la scenografa sarda, lanciata da Grimaldi con “I soliti ignoti” , ora abita a Roma.
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