Percorso

"Lo strano caso di Benjamin Button" di David Fincher

di Clara Spada

Un film -americano- che si presenta al pubblico accompagnato dal risonare delle trombe di tredici nominations all'Oscar, fatto mai successo in precedenza, lo si va a vedere con molte perplessità e con maggiore propensione alla critica. Ed anche con una amica, giusto per sondare il terreno.

Succede anche in altre occasioni, per esempio quando vengono introdotti nuovi artifizi cinematografici e, invece dei soliti cartoni animati stile Walt Dysney, ti trovi di fronte a prodotti diversi.
A me è capitato con "Shrek". La nuova tecnologia mi ha piacevolmente stupito e meravigliato, forse più di quanto non lo fossero mia nipotina e un suo amichetto più "moderni" di me.
Il medesimo stupore, la stessa meraviglia mi hanno fatto immergere nella favola bella de "Lo strano caso di Benjamin Button". Colori anticati, ambientazioni minuziosamente accurate fin nei minimi dettagli, cognomi ad hoc, avventure di mare e di terra, di pace e di guerra, nebbie lattiginose e giardini in fiore, il jazz di New Orleans e le voci di Elvis e dei Beatles ti prendono per mano facendoti ripercorrere momenti di storia in parte vissuta.
La magia del cinema si ripete, ti avvolge e ti coinvolge e neppure ti accorgi che l'amica accanto a te cerca di respingere il sonno.

La favola bella continua e ti prende e ne sei partecipe, al punto di pensare che, già, questa immagine te ne ricorda un'altra e un'altra ancora.
La storia si conosce. Un neonato vecchio, un ET rifiutato e abbandonato, trova l'amore caldo di una mamma e una perfetta casa-ospizio, ben accoltoda vecchi uguali a lui, simile tra simili. Lui guarda, osserva, impara. Mentre cresce in altezza aumentano i capelli e si allisciano le rughe. Incontra una bambina e si innamora. Si comprendono: lei vede il diverso e lo accetta, lui vede sé stesso o come dovrebbe essere.
Si inseguiranno per tutta la vita. Le loro opposte esistenze si intrecciano e, come un passo di danza, si avvicinano e si allontanano.
Guardo affascinata lo schermo e penso all'orologio di "Moulin Rouge", al candore di Forrest Gump, alla barca a  vela True Love di "Alta società", alla prua di "Titanic", al giubbotto di "Il selvaggio, alla moto di "Easy rider"... e questo rompe l'incantodel primo impatto.

Brad Pitt e Cate BlanchettE mi accorgo che Benjamin è uno spettatore come me, guarda il susseguirsi delle immagini ma sembra si trovi in un'altra dimensione.
E' bello, Brad Pitt, qui è bello anche da vecchio (troppo vecchio, hanno calcato la mano!), diventa sempre più bello e più giovane fino a dissolversi. Ma non è Tom Hamks o Marlon Brando. La nomination come "miglior attore" gli va stretta. E va stretta anche a David Fincher, il regista che non sa sforbiciare la seconda parte del film, che pure è piaciuta alla mia amica più della prima. Vite al contrario, appunto.
Eric Roth, sceneggiatura e soggetto tratto da una novella di F. Scott Fitzgerald, è tra i più meritevoli di premio, come Taraji P.Henson, una dolce tenera grande mamma Queenie. Cate Blanchet, regale, vive il suo impossibile amore fino alla morte, spazzata via come New Orleans dal ciclone Katrina, il suo Titanic.Indimenticabile nella sua algida sensuale raffinata bellezza inglese è Tilda Swinton, nelle notevoli sequenze dei focosi incontri con Benjamin in una innevata Minsk. Per lei neppure una citazione.

Comunque, tra alti e bassi, è un film da non perdere. Ognuno vede e magari si commuove per un particolare che lo tocca e che non sfiora gli altri.
Nella sala, stracolma, silenzio assoluto. A fine spettacolo qualche applauso.

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