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Percorso

"Doom Generation" di Gregg Araki

 
Doom, locandinaIl primo intervento che feci in questo sito fu con una citazione di Luis Buñuel «invece di cercare di spiegarle, bisognerebbe accettare le immagini come si presentano. Dovremmo accontentarci di sapere se ci ripugnano, se ci emozionano, o ci attirano». Questa rubrica “Review” vuole proseguire su questa linea, andando a rivedere alcuni film (più o meno conosciuti) che secondo il mio punto di vista – e speriamo anche quello dei lettori - hanno trasmesso delle emozioni intense o, per dirla alla Picabia (uno dei più importanti dadaisti), « ci danno la vertigine, promuovendo sensazioni intense e superando il “looping the loop “ dell’aereo». Se è vero che l’opera d’arte deve creare uno shock e per usare le parole di Benjamin , «è diventata un proiettile e viene proiettata contro lo spettatore», il film che questa settimana andremmo a rivedere è un’opera d’arte che spara e colpisce forte lo spettatore agli occhi, allo stomaco, e come tutti i film “di pancia” è brutale e sconvolgente. Il film, molto duro e nel contempo disturbante (i lettori sono avvisati!) è "The Doom Generation" (Doom generation), 1995, del regista nippo-losangelino Gregg Araki.

Oltre a far riscoprire certi film meritevoli, la scelta di questa particolare pellicola è stata fatta anche per dimostrare come la capacità del cinema di cogliere la realtà, reinterpretandola anche a livello emotivo, non può essere eguagliata da nessuna cronaca.

Sceneggiatore, produttore, regista e montatore dei suoi film, Gregg Araki è stato uno dei pionieri della "Queer New Wave", che, per usare un eufemismo, traduciamo con “nuova ondata omosessuale”. Questa precisazione è d’obbligo perché il film di cui parliamo questa settimana, porta come sottotitolo in copertina: “Un film eterosessuale di Gregg Araki”. Con una fortissima influenza godardiana, Araki è autore, dal ’94 al ’97, della cosiddetta trilogia sull’apocalisse e l’inquietudine dei giovani della generazione X, ("Teenage Apocalypse Trilogy" ) formata da: "Totally Fucked Up", "Doom Generation", "Ecstasy Generation".
"Doom Generation" rappresenta la prima produzione ad alto budget di Araki e mette in mostra il suo grandissimo talento visivo attento a raccontare quei fenomeni, anche scabrosi, della società borderline americana. Nel raccontare la trama di questo film si corre il rischio di banalizzarlo e renderlo simile ad altri prodotti che inseguono lo stereotipo adolescenti-violenza-sesso, di qualità decisamente più scadente perché scritti solo per raggranellare qualche soldo. Il film di Araki è invece una visone da godersi appieno, di quelle che ti coinvolgono dall’inizio alla fine e davanti alle quali è impossibile fare lo spettatore passivo perché ti entrano nel sangue scuotendoti completamente e nel migliore dei casi lasciandoti un sapore agrodolce e un senso di inquietudine al termine della visione.

Volendo comunque abbozzare una sinossi, diremo che il film racconta di una diciassettenne Amy Blue e del suo stralunato e ingenuo ragazzo Jordan White che fermano l'automobile per aiutare Xavier Red, un ragazzo che ha appena subito un pestaggio. Insieme si fermano presso un supermarket per fare delle compere. Appena il commesso dichiara il prezzo (6 dollari e 66!), non avendo la somma tentano di allontanarsi senza pagare; il padrone tira fuori un arma per minacciarli e Xavier corre in loro aiuto e durante la colluttazione gli mozza la testa. Da questo momento inizia la loro fuga allucinante che sarà costellata da altri incontri con vari strani personaggi che subiranno la stessa sorte del gestore del market, in un crescendo di violenza macabra e senza scrupoli di coscienza. Per il resto trascorrono le giornate a fumare, bere e sperimentare il sesso vicendevolmente trovando anche il tempo di interrogarsi sul senso della vita. Poi, nella notte, alcuni teppisti assalgono Amy, Xavier e Jordan; questi soccombe dopo essere stato evirato. Ad Amy e Xavier non resta che continuare, a bordo della loro automobile, la strada verso il nulla.

Già dalla prima sequenza il regista mette le cose in chiaro facendo scorrere la macchina da presa su una scritta che campeggia all’ingresso della discoteca all’interno della quale conosceremmo i protagonisti: “Welcome to hell”. Se questo non bastasse, la mdp continua la sua corsa nel profondo rosso del locale dove veniamo accolti con un “stronzi” . Un battuta pronunciata, con tono di schifo (quasi rivolto al mondo intero) dall’attrice Rose McGowan che, con caschetto nero e labbra rosso fuoco, ci riporta al personaggio di Mia Wallace, interpretato magistralmente dall’attrice feticcio di Quentin Tarantino, Uma Thurman. in "Pulp Fiction". Ma il regista pulp per eccellenza ritorna spesso in questa pellicola sia per i “colorati” cognomi dei personaggi che sembrano un omaggio ai cattivi di "Le Iene" (ricordate Mister Pink,  Mister White, Mister Orange?), sia per il gusto del citazionismo e la mescolanza dei generi: Commedia, horror,splatter (vedi la testa tagliata e il braccio mozzato buttato in macchina come un bagaglio) e atmosfere fumettistiche. Se poi l’attrice Rose McGowan sarà ripescata da Tarantino e dal suo caro amico Robert Rodriguez per le lo loro spassosissime ed iconiche pellicole "Grindhouse - Planet Terror"e Grindhouse - A prova di morte, il cerchio si chiude!

Insomma, un film pulp oriented e debitore di un altro grande visionario come Lynch per le sue atmosfere oniriche e psichedeliche e ad alta gradazione di eros allucinato che ha una messa in scena sporca e lontana da Hollywood (è forse un difetto?!). Se vi è piaciuto un altro road movie come "Natural born killer" appassionandovi alle gesta del duo di anime perse come Mickey e Mallory, qui abbiamo un trio di belli e dannati che rappresentano quella generazione bruciata - qualcuno direbbe da bruciare - degli anni ’90 e tristemente anticipatrice di quella attuale che si pone domande ma fa tutt’altro che cercare le risposte. Se anche non tutti hanno il genio di Kubrik con Alex di "Arancia meccanica", amante della violenza e di Beethoven, è interessante riflettere sulle parole di Araki che forse un po’ presuntuosamente dice: ”Uscire dai ghetti o dal tubo catodico della televisione e dei varietà più cretini, oggi, è possibile anche grazie a film come il mio!” "Last but not least" la colonna sonora elettrizzante firmata da grandissimi nomi della scena undergorund come Cocteau Twins, Jesus and Mary Chain, Nine Inch Nails, Front 242.

Per i più attenti e incalliti cinefili segnalo la penultima sequenza – forse la più agghiacciante del film quella in cui avviene l’evirazione di Jordan White (James Duval, che poi ritroviamo nei panni o meglio sotto la maschera di Frank in "Donnie Darko"). La scena in questione è stata girata con una sorta di luce stroboscopica che porta alla mente in maniera “lampante” il finale grandguignolesco di "In cerca di Mr Goodbar", pellicola interessantissima di Richard  Brooks risalente al 1977 con la partecipazione di Richard  Gere che per uno strano gioco del caso ritorna nel film di Araki (vedere alla fine dell’articolo!)

Nota dolente: la versione che è passata come una meteora in tv dura meno di un'ora (tranne a "Fuori Orario") perché qualcuno ha pensato di censurarla abbondantemente… I segreti di Brokeback Mountain ha avuto un degno predecessore!!

Frase del film: Jordan White in un momento di depressione “Mi sento come un criceto nel culo di Richard Gere”
Citazione: “Il cinema è la vita con le parti noiose tagliate” di Alfred Hitchcock
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