Percorso

Cincinelli Sonia

"Occidente" di Corso Salani

di Sonia Cincinelli

''Occidente'' locandinaLa marginalità, il buio e lo straniamento hanno spesso invaso gli schermi e i teatri, invitando a riflettere sulle loro forme, a volte ingigantendosi in un solo uomo. L’attore è l’unico che le può contenere tutte ed è l’unico che, raccontando il suo personaggio, può trionfare su di esse. Corso Salani è esattamente questo: un autore e un attore che sfiora la decomposizione sociale e individuale, che racconta l’habitat dell’uomo senza nazionalità, parlando del suo dolore e di quel lutto che meglio gli si addice.

Diplomatosi nel 1984 presso l’Istituto di Scienze Cinematografiche di Firenze, debutta alla regia, proprio in quello stesso anno, con Zelda, girato in Super8 nell’isola di Capraia. Trasferitosi a Roma, riesce a trovare lavoro come aiuto regista di Carlo Mazzacurati in "Notte italiana" (1987), poi finalmente produce la sua prima opera, il documentario "Voci d’Europa" (1990), realizzato con una troupe ridotta al minimo e girato in 16mm, rappresentativo del modo di fare cinema che caratterizza anche i film successivi. Seguono "Eugen si Ramona" (1990) e il suo capolavoro, scritto con la  sceneggiatrice di fiducia, Monica Rametta, "Gli ultimi giorni" (1992) con Lorenza Indovina. Come attore, si mette in luce invece con "Il muro di gomma" (1991) di Marco Risi, che lo vede recitare accanto ad Angela Finocchiaro, Johnny Dorelli, Gianfranco Barra, Roberto Herlitzka, Ivano Marescotti, e Tony Sperandeo.

Corso SalaniDopo "Cinecittà… Cinecittà" (1992) di Vincenzo Badoliasi, si esibisce anche in "Nel continente nero" (1993) sempre di Marco Risi e ne "La fine è nota" (1993) di Cristina Comencini. Nel 2008 è interprete in "Mar Nero "di Federico Bondi. Regista nel 1995 con Gli occhi stanchi, fa seguire il pluripremiato documentario Cono Sur (1998) e le pellicole "Occidente" (2000), "Corrispondenze private" (2003) e "Il peggio di noi" (2006). Pur amando la direzione degli attori, Salani si impone come ottimo interprete di "L’ospite segreto" (2003) di Paolo Modugno e "Il vento, di sera" (2004) di Andrea Adriatico, per non parlare di "Piano, solo" (2007) di Riccardo Milani. A soli 48 anni Corso Salani scompare prematuramente nel giugno del 2010. Un vuoto incolmabile nel cinema italiano ed indipendente. Quel cinema che non accetta compromessi e che fa del suo prodursi una missione etica e morale. Come regista il suo stile è una miscela fra documentario e fiction. Salani osserva la realtà, ma la rielabora con una poesia immensa e con importante potenza narrativa. L’incomunicabilità antonioniana, il sentimento di randagismo e spaesamento tipici del teatro vengono trasportati nelle sue opere filmiche e diventano piccoli capolavori invisibili. La Pablo Film, fondata nel 1998, è una delle case di produzione più rilevanti nel panorama italiano del giovane cinema indipendente. Il primo film distribuito è Ospiti (1998) di Matteo Garrone, seguito da Un amore (1999) di Gianluca Maria Tavarelli e I nostri anni (2000) diDaniele Gaglianone.
 
''Occidente''"Occidente" viene realizzato nel 2000 dal cineasta toscano. Una pellicola antinarrativa a basso costo, molto vicina al documentario, ricca di tempi morti, aperta all’improvvisazione. In un ristorante per soldati americani ad Aviano lavora Malvina, una giovane rumena emigrata in Italia dopo la rivoluzione del 1989. Si incontrerà con Alberto, un giovane professore dell’Istituto alberghiero, che si sente anche lui straniero, come quasi tutti ad Aviano. Questo incontro cambierà le loro vite. Lo spunto parte da un documentario girato dieci anni prima, durante l’insurrezione rumena contro Ceausescu. Ma qui siamo in piena fiction per un cinema introverso e nomade che parla d’incomunicabilità individuale e geo-politica. Salani adotta mezzi di estrema sobrietà: un fraseggio della macchina da presa prosciugato ed essenziale, una recitazione totalmente priva di enfasi. Non è cinema per palati facili, Occidente. Una pellicola che ci parla dell’estraneità a se stessi, della dialettica tra speranze e delusioni che unisce la vita di tutti come pochi altre opere hanno saputo fare.

Nella pellicola da segnalare è la scena in cui Malvina parlando ha un’esitazione su le parole “condannati/comandati”, riferendosi al regime in Romania, in realtà è un lapsus, ma non si sbaglia: gli uomini che li hanno comandati li hanno anche condannati ad una esistenza infelice con il ricordo della dittatura. Poesia fatta cinema in questo indimenticabile film di Corso Salani, uno degli autori più obliqui del cinema italiano.

3 novembre 2010

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