Percorso

La capitale, il boss e l'antistar in passerella

Ultimi giorni di grandi presenze a Roma per il festival del cinema. Applausi a Springsteen, Landis, Scorsese anche se le perle della manifestazione non sono ancora del tutte esaurite.  di Giovanna Branca

''Boardwalk Empire''E’ poco ortodosso fare il bilancio di un Festival che non si è ancora concluso, ma può succedere che l’“appeal” mediatico di un evento non coincida necessariamente con il suo intero svolgimento. E’ questo il caso del Festival Internazionale del Film di Roma 2010, che oggi (3 novembre) accoglie l’ultima proiezione di grandissimo rilievo: l’anteprima italiana di "Boardwalk Empire", episodio pilota di un serial TV statunitense girato da Martin Scorsese.

Questo però non vuol dire che le perle di un Festival non possano alle volte annidarsi nelle sezioni più marginali da un punto di vista del rilievo mediatico, e in questa prospettiva il Festival romano di quest’anno non può certo dirsi ancora concluso.

Ugo TognazziCome già gli anni scorsi, la festa del cinema di Roma è divisa in più sezioni: dalla più tradizionale lista di film in concorso ad “Alice nella città”, che accoglie i lavori più sperimentali e soprattutto girati da giovani cineasti. Ci sono poi le retrospettive e gli omaggi: dal tributo a Ugo Tognazzi a vent’anni dalla morte alla retrospettiva sullo Studio Ghibli, la casa di produzione del grandissimo regista d’animazione giapponese Hayao Miyazaki, relativamente snobbato in Italia fino alla sua consacrazione agli Academy Awards per il suo "La città incantata" del 2001.
Non manca ovviamente una nutrita lista di italiani: in concorso c’è Guido Chiesa con "Io sono con te", una rivisitazione in chiave “femminista” della storia di Maria di Nazareth; e anche Claudio Cupellini con "Una vita tranquilla", interpretato dall’ormai imprescindibile Toni Servillo, nei panni di un ex camorrista che si è ricreato una vita come ristoratore in Germania. Gli italiani affollano anche le sez
ioni “collaterali”, regalando a volte delle piccole perle inaspettate. E’ il caso ad esempio di "Termini Underground" di Emilia Zazza, accolto da “Alice nella città”: un documentario che segue i preparativi per mettere in scena un’ “Eneide hip hop” in una palestra sotto la stazione Termini.  Ma non è un palestra qualsiasi, perché gli allievi sono quasi tutti immigrati o rifugiati politici, e il film attraverso la loro esperienza consegna al pubblico una lezione di civiltà e uno squarcio su una possibile variante di società futura (e particolarmente evoluta).

i CentoautoriMa l’arrivo del maggior numero di artisti del cinema italiano al Festival di Roma non è dovuto a motivi artistici, non direttamente almeno. Il tappeto rosso si riempie dei grandi nomi della nostra cinematografia in occasione dell’occupazione simbolica dell’Auditorium organizzata dall’associazione Centoautori contro i tagli imposti dal governo Berlusconi alla cultura - e nella fattispecie al settore cinematografico - che corre il rischio di non veder neanche riconfermate in Finanziaria due agevolazioni fondamentali come tax credit e tax shelter. La manifestazione di protesta si svolge nel giorno di apertura, e arriva a occupare simbolicamente l’Auditorium. Sul tappeto rosso – a condannare l’ingiusto accanimento contro il cinema – ci sono tutti, da Ettore Scola a Sergio Castellitto, fino a Paolo Sorrentino, che rompe la sua notoria reticenza e si unisce anche lui a questo doveroso atto di protesta.

John LandisPolemiche a parte, tra gli eventi più affascinanti del Festival ci sono le lezioni di cinema, generalmente moderate dal critico e curatore della sezione Extra Mario Sesti. Quest’anno svetta su tutti l’incontro con uno dei registi più di culto che ci siano in circolazione: John Landis - autore di film intramontabili come The Blues Brothers, Animal House e Un lupo mannaro americano a Londra - a Roma per presentare in concorso il suo ultimo lavoro, Burke and Hare, commedia romantica sulla vera storia di due serial killer scozzesi dell’ ‘800. Landis è l’antistar per eccellenza: è felice di rispondere alle domande, dà risposte torrenziali e sempre simpaticissime, ma soprattutto regala al pubblico (che immortala con la sua macchinetta digitale) un’inestimabile lezione di cinema. Ricorda ad esempio il suo metodo di lavoro con l’attore John Belushi, e racconta e spiega come si facevano gli effetti speciali dei “bei tempi”, quando ancora la corsa al digitale non aveva reso tutti “più pigri” e di gran lunga meno creativi. Cosa non da poco, se si pensa che la mutazione del “suo” lupo mannaro David Naughton è ad oggi ritenuta - con circa trent’anni di evoluzione tecnologica nel mezzo - la più bella mutazione che il genere horror ricordi.

Martin ScorseseMa Landis non è sicuramente l’unica attrattiva di questo Festival, che ospita anche un regista del calibro di Martin Scorsese. Scorsese non passa però dalla capitale per presentare il suo lavoro, "Boardwalk Empire". Il regista cinefilo – autore di una delle più intense e approfondite “lezioni” sul cinema italiano, “Il mio viaggio in Italia” – è infatti a Roma per presentare la versione restaurata di La dolce vita, a riprova del suo amore e attaccamento nei confronti del grande cinema della madrepatria dei suoi genitori. La sua sfilata sul tappeto rosso è una delle più acclamate, anche se non tutti riconoscono il regista americano: alcuni si chiedono chi sia l’ometto che al suo passaggio scatena le urla della folla attaccata alle transenne, pur senza essere una bionda mozzafiato alta un metro e ottanta.
Tra i film più attesi al Festival c’è anche il nuovo lavoro del regista David Fincher (conosciuto soprattutto per "Fight Club", film culto di un’intera generazione): "The Social Network", ovvero la storia del controverso creatore di Facebook, Mark Zuckerberg, il più giovane miliardario del mondo.

David FincherFacebook ha infatti attualmente 500 milioni di iscritti, e il valore della società è stimato intorno ai 25 miliardi di dollari. Il film -  uno dei più belli che si siano visti alla festa della capitale - fa un ritratto di questo giovanissimo miliardario senza mai tentare di dare una spiegazione delle sue pur discutibili scelte, ed evita così di rimanere intrappolato nei clichè del biopic, tanto che l’impostazione della trama è quella del thriller giudiziario. The Social Network costituisce però anche un’ interessante angolazione da cui osservare le accuse - soprattutto di provincialismo - piovute su questo Festival. Il film è infatti già uscito da tempo in patria, ed era già stato visto anche in Europa prima di arrivare al Festival di Roma. Come d’altronde Boardwalk Empire, che in America è già giunto al quarto episodio. Lo “scandalo” tuttavia è costituito dall’anteprima stampa del film di Fincher, che viene proiettato già doppiato in italiano, scatenando una marea di urla e fischi e obbligando gli organizzatori a raffazzonare all’ultimo minuto una proiezione successiva in lingua originale.

Jim Loach al Festival del Cinema di RomaUn’anteprima vera e propria è invece costituita dall’atteso film di Jim Loach (figlio del ben più famoso Ken): Oranges and Sunshine, la vera storia di Margaret Humphreys, l’assistente sociale che negli anni ’80 scoprì un traffico di circa 150.000 bambini affidati a istituti inglesi che vennero deportati dall’Inghilterra all’Australia (dove venivano fatti lavorare e dove il loro mantenimento costava molto meno) tra la fine dell’ ‘800 e gli anni ’70 del secolo scorso. Il film supera ogni aspettativa generata dalla discendenza artistica del regista, e consegna al pubblico un equilibrato e sentitissimo ritratto di questa “eroina”, interpretata in maniera eccezionale da Emily Watson. E poi – certo – c’è il “Boss” in persona.

Bruce SpringsteenL’arrivo di Springsteen per presentare il documentario “The Promise: The Making of Darkness on the Edge of Town” è annunciato quasi all’ultimo minuto, e scatena una caccia al biglietto mai vista in precedenza. I fan della rockstar affollano il tappeto rosso incuranti della pioggia e di qualsiasi altra cosa non sia l’oggetto della loro venerazione;  l’ingresso di Springsteen in sala suscita applausi e cori che non si vedono neanche negli stadi. Gira voce che, per non generare una rivolta tra i fan,  per la proiezione del documentariosiano stati venduti  anche posti in piedi a metà prezzo. La sala Santa Cecilia aveva infatti registrato il sold-out quasi nel momento stesso in cui si era saputo che il “Boss” sarebbe venuto a Roma a presentare il film su di lui. Una cosa del genere, a un Festival del cinema, si era vista raramente. Ma il rock è tutta un’altra storia.

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