Percorso

"Noi credevamo" di Mario Martone

di Clara Spada

''Noi credevamo''Presentato in gara a Venezia nella versione originale di circa quattro ore arriva nelle sale, accorciato di tre quarti d'ora, "Noi credevamo", ultima fatica di Mario Martone. E' un filmone, un grande affresco corale delle lotte carbonare e del Risorgimento visti dalla prospettiva dei tanti che li hanno vissuti lontani o ai margini delle stanze del potere.
Una visione ben diversa da quella tradizionale ed enfatica che presenta come eroi epici Mazzini e Garibaldi, Cavour e Crispi, Pellico e Maroncelli, Pisacane e i giovani di Sapri, l'impresa dei Mille, i Bersaglieri di Porta Pia e infine il sogno realizzato dell'Italia unita. Niente di tutto questo eccetto pochi vaghi accenni intrisi di sangue, di stragi, di teste mozzate. Martone, con la collaborazione di De Cataldo, si è basato sull'omonimo libro del 1967 di Anna Banti in cui l'autrice fa rivivere le imprese carbonare del giovane calabrese diventato suo nonno. Qui la narrazione parte dal massacro compiuto dai soldati borbonici nel 1828, al quale assistono impotenti tre giovani amici, i nobili Domenico e Angelo e il proletario Salvatore che, sconvolti da tanta barbarie, decidono di affiliarsi alla Carboneria, combattere l'invasore e perseguire l'ideale di una patria italiana, unita e liberale.
''Noi credavamo''l film li segue per oltre vent'anni nella loro evoluzione politica e rivoluzionaria che li porta a contatto (fugace) con i capi: Mazzini (Toni Servillo), Crispi (Luca Zingaretti), Orsini (Guido Caprino), Gallenga (Luca Barbareschi).
Splendido il salotto di Cristina di Belgioioso, ritrovo di intellettuali, politici, musicisti, in cui la nobile giovane dama agiva per tramare e sovvenzionare i rivoluzionari dei quali condivideva gli ideali. Molto improbabile la sua relazione intima con Angelo che vuole da lei i fondi per attuare un nuovo attentato: secondo lui, che non ha esitato ad  uccidere l'amico Salvatore credendolo spia e traditore, un ulteriore spargimento di sangue è necessario. In seguito Angelo, con Felice Orsini, verrà ghigliottinato per l'attentato (fallito) a Napoleone III. Domenico è più di Angelo e Salvatore il filo conduttore del film, l'unico che dopo anni di lotte, di clandestinità, di prigione, vedrà la fine dei conflitti ma non realizzato il suo concetto egalitario di patria unita.

''Noi credavamo''Supportato da bellissime immagini degli aspri paesaggi del sud, questo lavoro conserva la scansione tipica dello sceneggiato tv come era l'idea d'origine, un racconto crudo e amaro dell'altra faccia della medaglia meno stereotipata e molto più feroce della gestazione e della nascita dell' unità d'Italia. Alcuni punti da rilevare: a parte la lunghezza non si riesce a comprendere il perché, coi trucchi attuali, si sia preferito cambiare attore a seconda del trascorrere degli anni: difficile afferrare d'impatto che Andrea Bosca e Valerio Binasco sono entrambi Angelo, che Domenico è Edoardo Natoli e (ottimo) Luigi Lo Cascio, che Cristina di Belgioioso è la stupenda Francesca Inardi ma anche Anna Bonaiuto.
''Noi credevamo''E così via. Inoltre si ricorre ai sottotitoli (che molti spettatori non riescono a leggere) quando gli interpreti parlano francese o inglese e francamente si fatica anche a capire i dialoghi in dialetto del 1800. Belle e d'atmosfera le musiche di Verdi, Bellini, Rossini, eseguite dall'orchestra della RAI di Torino diretta da Roberto Abbado.
Tutto sommato un film da vedere pur se è inevitabile che il pensiero corra verso "Il Gattopardo" e la sua celebre frase "cambiare tutto affinchè niente cambi".
24 novembre 2010

 

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