Percorso

Steve Della Casa o il coraggio delle idee

Un appello forte e chiaro “Attivare la produzione di film sul territorio e creare occupazione: questo è il compito fondamentale di una Film Commission”. A raccontarlo uno dei più autorevoli critici e promotori di cinema del Paese. Che sottolinea: “Le risorse? Vanno cercate”. di Anna Brotzu
 
Steve Della CasaFilm Commission nella bufera (o forse no): il comma 2, art. 6 del Dl 78/2010 che esclude ogni forma di compenso (salvo eventuali rimborsi spese e gettoni di presenza) per i presidenti e i membri del CdA delle Fondazioni, trasformandole in cariche meramente onorifiche, rischia di incidere pesantemente sul destino degli enti che giocano un ruolo strategico nell'attrazione di produzioni cinematografiche sul territorio. Tra le righe della Finanziaria 2011 licenziata dal ministro Tremonti s'intravedono ulteriori, drastici tagli alla cultura: se n'è parlato a Carbonia, in una discussione sulla Legge Regionale sul Cinema della RAS e l'attività della Film Commission.
Abbiamo affrontato la questione, che propone una nuova emergenza sul fronte delle risorse per la produzione cinematografica, con il critico Steve Della Casa, storico conduttore di “Hollywood Party” su RadioTre, firma de La Stampa, interessato in prima persona dal provvedimento in qualità di presidente della Film Commission Torino/Piemonte, uno dei più importanti promotori e finanziatori del cinema italiano. Lui sdrammatizza: “Credo che l'impasse verrà risolta all'italiana: la funzione di presidente e quella di amministratore non son pagate ma son pagate le deleghe. Una Finanziaria così “rigorosa” potrebbe prestare il fianco a molte critiche, ma si troverà un equilibrio, una giusta soluzione.

Nessuna catastrofe annunciata dunque per le Fondazioni.
Sicuramente per tutte le istituzioni ed enti che si occupano di cultura c'è stato un ridimensionamento, non enorme, di cui occorrerà tenere conto: la Film Commission Torino/Piemonte è sostenuta e partecipata integralmente da Comune e Regione, mentre abbiamo costituito una società finanziaria parallela per ricevere l'apporto dei privati, ad esempio una banca.

Film Commission Torino PiemonteTra tagli al FUS e in tempo di crisi economica, qual è il ruolo della Film Commission?
Attivare la produzione di film sul territorio e creare occupazione: questo è il compito fondamentale di una Film Commission – in Piemonte come in Sardegna – il resto, il turismo e la promozione delle città e del paesaggio, viene dopo. Spesso si fa l'errore di legare queste agenzie al comparto della cultura ma in realtà dovrebbero dipendere dall'assessorato all'industria, con strutture e risorse uguali  a quelle che favoriscono la costruzione di fabbriche e impianti industriali; e dovrebbero rispondere dell'occupazione creata, delle ricadute economiche sul territorio, della formazione, dell'incremento di professionalità e competenze. Certo da zero non ci s'inventa nulla: occorre un progetto, una programmazione che sappia guardare oltre l'immediato. Altrimenti si rischia di disperdere alla cieca risorse ed energie: a Terni, che con Cinecittà Umbria Studios sarebbe dovuta diventare il nuovo centro di produzione cinematografico, rivaleggiando con Roma, ci son gli studi abbandonati. Le iniziative se non si programmano con cognizione, con un respiro di 5 – 10 anni, rischiano di cadere nel vuoto.

Ma in Piemonte la Film Commission sembra funzionare..
Noi puntiamo sulle location: la gente viene a girare soprattutto in appartamenti, piazze e castelli. Posti veri, non ricostruiti in studio, inediti e particolari. E a Torino c'è il Museo del Cinema, importantissimo; ci sono i Festival: come Film Commission cerchiamo di agire in maniera coordinata, operiamo all'unisono con le altre realtà e istituzioni. E se pensiamo al numero delle fiction che vengono girate in Piemonte, i risultati ci sono, e sono positivi. Nel 2009 sono stati realizzati 11 film e altrettante tra Fiction TV e Soap Opera e 13 tra spot e videoclip, e sono una cinquantina i documentari realizzati in tre anni grazie al Piemonte Doc Film Fund: nel solo 2009 gli investimenti in Piemonte superano i 30 milioni di euro.  Lo scopo è quello di attrarre registi e produzioni italiani e internazionali, rendere vantaggioso e interessante girare a Torino e in Piemonte, offrire una struttura produttiva che possa rispondere alle diverse esigenze: tra le cose interessanti degli ultimi anni, anche le fiction televisive.

''Benvenuti al sud''Tornando al cinema, qual è lo stato dell’arte?
Direi che il cinema italiano sta vivendo un momento favorevole, anche al botteghino, dove sta  recuperando grosse quote di mercato: fino al 40 % dei biglietti, cosa che non succedeva dagli Anni Settanta. Questo anche grazie a una nuova generazione di registi e attori che stanno riconquistando il pubblico e la critica e non solo grazie alla commedia: “Il divo” e “Gomorra” non sono film facili, eppure sono stati distribuiti in tutto il mondo con molto successo. Sommersi da un'orda di mostricciattoli in 3D forse gli spettatori hanno finalmente voglia di qualcosa di diverso. Ed emergono nuovi autori e registi, come Luca Miniero con “Benvenuti al Sud” e il Fausto Brizzi di  “Maschi contro femmine” e “Femmine contro maschi”.

La politica gioca un qualche ruolo?
Ora, tra tagli al FUS, meno di sempre, ma in realtà quel che sempre è contato è una certa testa, un certo modo di pensare e fare cinema e per quello non è detto che ci voglia una politica in grado di supportare i talenti, e comunque non sarebbe quello l'elemento determinante. Le risorse vanno cercate, uno deve farsi da fare per far valere la propria opera e farsi conoscere in tutti i modi possibili, ma è difficile delineare percorsi, trovare una formula che vada bene per tutti: ognuno segue la propria strada, oggi come 10 o 40 anni fa.

Attraverso la sua trasmissione, “Hollywood Party” si riceve un'impressione molto ricca e variegata del cinema italiano, anche degli artisti emergenti.
Noi raccontiamo tutto, cerchiamo di stare attenti a tutto quello che succede, certo se i media,  le tivù e i giornali, dessero spazio di più alla voce di chi fa le cose ci sarebbe più informazione e aggiungerei anche che per chi si occupa di cultura il dovere di farlo in maniera non noiosa, per evitare di farne un tema d'élite. Mentre per comunicare è necessario rendere la materia “interessante”,  e aprirsi con curiosità al nuovo.

Come vede il futuro del cinema?
Io non penso al futuro: guardo cosa viene giorno per giorno. Anche perché uno a posteriori riguarda le previsione, scopre immancabilmente che erano tutte sbagliate: inutile immaginarsi il futuro, bisogna viverlo.

Quando la rivedremo in Sardegna?

Quando mi invitate

L'occasione dell'incontro con il critico cinematografico è stata offerta dalla serata conclusiva della rassegna de L'Alambicco dedicata a Mario Monicelli: inevitabile soffermarsi sulla figura del grande regista, recentemente scomparso.

Mario MonicelliChi era Monicelli?
Mario è stato un titano del cinema popolare cioè uno che ha fatto alcuni film che sono stati tra i maggiori successi dell'epoca in Italia. Una persona molto dura, molto forte, molto piena di sé nel senso buono: è stato un grande amico, uno disponibile per gli studenti  (com'ero io quando l'ho conosciuto) - che gli chiedevano consigli. Poi ho fatto ben 3 libri sulla sua opera e quindi quegli incontri son stati molto utili!
Mario Monicelli è stato un punto di riferimento perché era uno che con grande semplicità, nel cinema come nella vita, diceva tutto quello che pensava e lo diceva sempre con ironia, senza mai prendesi sul serio. Però era molto serio quando lo diceva.  Tutto questo è stato Mario Monicelli:. Ricordo che al primo appuntamento che ci siamo dati – quando cominciavo a fare le interviste per il Castorino che poi io gli ho dedicato - mi ha detto (erano i primissimi anni ottanta) - “guarda io ti parlo però sappi che sono contrario a tutte le interviste, cioè son favorevole alle interviste basta che non siano scritte, radiofoniche, televisive o su internet. Con questo esordio...  Poi in realtà ha parlato per delle ore, poi da allora ci siamo frequentati molto.

E' stato anche, lui come altri di quella stagione, un inventore di cinema?
Sì, ha inventato cinema, ha inventato attori: lui ha preso Gassman che faceva sempre il cattivo, e gli ha fatto fare la commedia; ha preso Monica Vitti, che era l'attrice di Antonioni e le ha fatto fare la commedia pure a lei; ha preso il barista del bar sotto casa, Tiberio Murgia, che era sardo e gli ha fatto fare il siciliano per tutta la sua carriera. Era uno che prendeva le persone e le trasformava perché aveva una fortissima personalità.
Ed era uno a cui piaceva tantissimo cazzeggiare (nel senso buono), con i suoi amici e da questo cazzeggio nascevano poi le storie dei film: la storia di “Amici Miei” in parte è anche un po'  la storia di cosa facevano lui,  Age Scarpelli, Benvenuti, De Bernardi, magari Suso un po' meno perché era più signora, ma loro quando si trovavano insieme erano uno scherzo, un lazzo, una presa in giro continua. E quelle prese in giro poi se uno stava attento le ritrovava nei film che facevano subito dopo

''Amici miei''Fino all'altro ieri Monicelli ha continuato a stare dietro alla macchina da presa.
L'ultimo film l'ha fatto due anni fa, ed era un documentario sul quartiere dove viveva da parecchio tempo a Roma. Il suo ultimo film di fiction l'ha fatto a più di 90 anni nel deserto della Tunisia, cioè in un posto che spaventerebbe chiunque: quindi è uno che non si è mai fermato. Ma lui l'ha sempre detto, insomma, e secondo anche la fine che ha scelto di fare ha scelto di farla  quando ha capito che non era più autonomo, che la sua indipendenza che lo portava a vivere in una casa da ragazzo con i muri colorati di vola, di giallo, di verde e con il leone d'oro che aveva preso a Venezia per “La grande guerra” che usava come fermacarte per  le bollette della luce o del gas, era finita: quando ha capito che quella vita lì  non avrebbe più potuto farla.

Dietro lo schermo dell'ironia c'era una vivida coscienza civile
Beh lui era molto politicizzato, la sua famiglia era antifascista, lui è stato sempre iscritto al partito socialista finché c'è stato un partito socialista, e negli ultimi tempi lo si vedeva ai cortei di Rifondazione e dei comunisti. Credo che sugli ideali socialisti avesse fondato gran parte della sua conoscenza e questo lo condivideva perché anche tutti gli altri, Age, Scarpelli, Suso, anche Benvenuti De Bernardi erano tutti di quell'area lì: era anche questa una comunanza che aveva con i suoi amici di sempre.

Che ne pensava del cinema di oggi, del futuro in Italia?

Una delle sue uscite pubbliche che aveva più sorpreso tutti era quando aveva pubblicamente difeso Ciprì e Maresco che erano stati censurati per il loro  programma su Raitre. Guardava molto le cose dei ragazzi, dei giovani: alcune gli piacevano altre no, non gli piacevano le cose complicate, gli piacevano le cose lineari però diceva, un po' scherzando e un po' no, che era tempo che la sua generazione andasse in pensione  (non lo pensava affatto, per questa prima parte, ma la seconda parte invece secondo me  la pensava davvero) è che ci fossero degli altri ragazzi che scherzando tra  di loro riuscissero a costruire delle storie e stava molto attento alle cose nuove, guardava, seguiva con interesse tutto quello che usciva di nuovo.
 
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22 dicembre 2010

 
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