Percorso

Festival

Cosi Gubitosi racconta a Cinemecum la formula di successo di un grande festival ideato per i più piccoli ma apprezzato dai più grandi.

 
 Nasce piccolo il GFF. Nasce in un posto remoto dell’entroterra salernitano. Nasce nel 1971, in un momento storico in cui sembra una follia parlare del “leggero” cinema per ragazzi mentre si addensa in tutti i settori della vita civile e culturale del Paese la pesante atmosfera degli anni di piombo. Non riscuote subito gloria e onore il GFF, ma è come un segnale che qualcosa di positivo al sud si può ancora fare. Gli anni passano, la mia dedizione alla “creatura” cresce. E cresce anche la stima della stampa, degli addetti ai lavori, delle famiglie. È un festival pulito e vicino alla gente, lontano dal glamour scintillante, ma anche freddo e intoccabile di altre manifestazioni prestigiose. 
È agli inizi degli anni ottanta che il GFF s’impone alla ribalta nazionale, grazie anche al cast di ospiti che ad ogni edizione si allestisce per supportare la formula innovativa di questa manifestazione. Formula tra l’altro semplice: il cinema dei ragazzi deve essere visto, discusso e giudicato esclusivamente da ragazzi. Ma non da una piccola rappresentanza in formato classe scolastica, piuttosto da una nutrita platea di giovani e giovanissimi a cui viene aperto il microfono per far sentire la loro voce e a quali viene consegnata una scheda attraverso la quale esprimere il proprio voto di gradimento. Senza filtro di adulti che ne condizionino i pareri e le preferenze.
Giffoni si rivela così essere una sorta di Isolachenoncè in cui i ragazzi si appropriano della possibilità di farsi sentire come “presente” e non come “potenziale futuro”. Tanto è vero che il grande maestro del cinema francese, François Truffaut, premiato con l’Oscar e ormai considerato uno dei più grandi autori di tutti i tempi, pronunciò in occasione della sua lunga visita al GFF nel 1982 la famosa frase: “Di tutti i festival quello di Giffoni è il più necessario”.
Da allora queste parole sono diventate una sorta di monito che mi ha guidato e allo stesso tempo un sigillo per il nostro duro e appassionato lavoro. Da allora abbiamo sempre mantenuto vivo il senso più profondo di questo evento: dedicarci ai ragazzi, alla loro voce e alle loro emozioni, alle loro menti e ai loro cuori, ai loro desideri e alle loro paure.
La nostra attenzione al tessuto sociale ed antropologico del ragazzo si manifesta essenzialmente nella scelta dei film che presentiamo loro. Ora il marchio GFF è diventato una garanzia di qualità per le opere dedicate ai teenager e alle famiglie, perché non abbiamo mai deragliato dai binari della qualità, non abbiamo mai trascurato l’esigenze dello “spettatore” a cui abbiamo sempre fatto riferimento.
Questo non vuol dire essere accondiscendenti o buonisti. Non ci ha esonerato dall’obbligo, per certi verso etico, di dover mostrare al nostro giovane pubblico anche opere scomode, film che mettono in crisi le loro certezze e li obbliga sempre e comunque a pensare, a riflettere, a giudicare dopo aver considerato e non sulla base di concetti e parametri prefabbricati. Siamo sempre stati convinti, ed a maggior ragione in questi delicati anni del XXI secolo, che aiutare a crescere significa esattamente questo: offrire la possibilità del confronto.
Non è facile scegliere poche decine di film in mezzo ai circa 1600 tra lungometraggi e cortometraggi che vedo insieme al mio staff artistico, girando in tutto il Mondo o visionandoli direttamente “a casa”. Non è facile se si considera che poi a vederli sarà la giuria composta di ragazzi da tutto il mondo. 1650 bambini e giovani dai 6 ai 19 anni, da tutt’Italia e da una trentina di nazioni. Ragazzi di diverse etnie, diverse culture, diversi stili di vita e diverse religioni. Bisogna sempre fare i conti con il ventaglio delle differenti sensibilità: non smettiamo mai di ripetere e ripeterci che non ci rivolgiamo alla platea intesa come folla indistinta, ma al singolo; e arrecare offesa anche ad uno solo dei nostri “giurati” con le immagini o con le parole sarebbe per noi intollerabile.
L’esperienza Giffoni ha proprio questa prerogativa: convivenza tra i popoli e tra le diverse idee, ma senza facile demagogia piuttosto con l’applicazione costante di questo precetto. Basta vedere ragazzi palestinesi e israeliani seduti alla stessa tavola al ristorante. O anche iraniani e americani scambiarsi le loro email per non perdersi di vista.
La forza di questo festival si misura anche nella possibilità che si dà a questi ragazzi di conoscere da vicino i loro miti o di sentire dalla viva voce le esperienze di autentici testimoni del tempo.
Nel corso di questi 37 anni l’elenco dei personaggi dello spettacolo, della cultura e della politica che si sono succeduti nelle varie edizioni è diventato sterminato. Da premi Nobel come Gorbaciov e Walesa a premi Oscar quali Robert De Niro, Meryl Streep, Oliver Stone, Ben Kingsley, Jeremy Irons; dagli autori più importanti del nostro cinema come Gabriele Salvatores, Gianni Amelio, Michelangelo Antonioni, Sergio Leone, Giuseppe Tornatore, Dino Risi, Roberto Benigni, i fratelli Taviani ai nomi giovani del grande e del piccolo schermo come Raul Bova, Sabrina Ferilli, Riccardo Scamarcio, Stefano Accorsi, Margherita Buy, Fiorello, Luca Zingaretti.
Certo è che il Giffoni Film Festival si è evoluto in questi quattro decenni ed è cambiato profondamente. Nel tempo ha assunto i caratteri di una sorta di azienda culturale, di una officina della creatività al servizio dei giovani. Innanzitutto ha perso il carattere della stagionalità. Nel senso che non esaurisce la sua azione solo nel periodo necessario all’organizzazione dell’evento, piuttosto il GFF sforna iniziative a getto continuo lungo l’intero anno, impiegando in questo modo decine e decine di persone (per lo più giovani) in maniera continuativa. Una realtà fatta di numerosi dipendenti e collaboratori, che si è imposta come un’oasi di lavoro in mezzo al deserto della sempre “depressa” area meridionale.
Il GFF ora non è più un festival di cinema. O meglio: non è più solo festival di cinema. C’è il teatro di grande qualità, la musica degli artisti più importanti del panorama italiano, partnership istituzionali (tra cui Ministero degli Interni, Ministero dei trasporti pubblici, Telefono Azzurro) con cui si realizzano grandi progetti. Il GFF come recita anche il payoff di apertura del sito internet, tra l’altro ciccato 10 milioni di volte all’anno, è un’esperienza. Una realtà sfaccettata e complessa che ruota sempre intorno alla stessa anima che ha dato vita a tutto questo: i ragazzi!
La crescita di popolarità del GFF nel corso degli anni ha dato visibilità a un progetto che è diventato nell’immaginario collettivo come una realtà positiva e meritoria. Un motivo di orgoglio per l’Italia e più specificamente della regione Campania e della Provincia di Salerno. GFF significa Mezzogiorno che non piange su sé stesso e sulle sue miserie, che spesso ci fanno dimenticare invece i suoi tesori immensi, per inciso.
Giffoni Film Festival è l’appeal di un evento che ha successo, di una terra che ascende ingiustamente alla ribalta delle cronache più per i mille problemi che per le sue capacità.
E non si trascuri i benefit in termini economici e di ritorno d’immagine che il GFF ha saputo creare per il suo territorio, diventando come una calamita intorno a cui far gravitare tutto il complesso delle attività della zona.
Capacità magnetica che esercita con ancora maggiore forza su tutti quei giovani che vedono nel GFF una straordinaria opportunità per esprimere il potenziale dei loro studi o della loro passione per il cinema e la comunicazione. In questo si riallaccia il mio discorso con la parte iniziale di questo mio intervento. Sulla funzione “scolastica” del GFF, che negli anni ha formato sul campo decine di ragazzi trasformandoli in professionisti di riconosciuta qualità.
Il GFF è anche scuola di vita nel senso che i giurati provenienti da tutto il Mondo dopo aver partecipato al festival ne escono arricchiti, diversi, finanche un po’ cresciuti. Senza esagerazioni. Basterebbe leggere le centinaia di email che ci arrivano da questi giurati innamorati del GFF. Basterebbe guardarli, osservarli bene durante i giorni di luglio in cui il festival esplode in tutta la sua bellezza.
La bellezza di una formula che ha apprezzamenti ovunque, attraverso i cinque continenti.
Se il primo step del nostro cammino è stato portare il Mondo a Giffoni, la seconda fase, in pieno sviluppo, ha un procedimento inverso: portare Giffoni nel Mondo.
A viaggiare, a segnare le tappe di Giffoni nel Mondo è la sua idea vincente. Un’idea forte a supporto di un format duttile e capace di adeguarsi alle diverse realtà geografiche in cui viene realizzato. La formula GFF si modifica. Si articola. Esprime l’euforia e l’energia del festival-padre, nel pieno rispetto delle specificità territoriali e delle richieste di chi sceglie la nostra Idea per aprirsi ai giovani e al cinema.
A Berlino la prima prova sul campo. Sette anni fa. Poi Miami. Nasce il Next Gen Film Festival. Un successo che in due anni coinvolge decine di migliaia di studenti. In parallelo, in Europa, Polonia e Albania si aprono al concept GFF. È amore a prima vista. Il 2005 è un anno decisivo per la propulsione della attività internazionali. Si apre con un appuntamento in Australia, nella capitale culturale Adelaide. Si chiude a Los Angeles, con la prima esplosiva edizione di Giffoni Hollywood. Si bissa l’anno successivo, il 2006, con un finale “stellare” al Kodak Theatre (cornice degli Oscar) e la consapevolezza di essere stati dei pionieri nell’esportazione di un festival di cinema proprio nella sua “capitale mondiale”.
Nella sfavillante Dubai (capitale degli Emirati Arabi) c’è l’attesa per quello che sarà il grande evento del 2007 che segnerà la Per fronteggiare l’imponenza di questo progetto di internazionalizzazione del marchio, il GFF ha creato una struttura dal nome evocativo: Giffoni World Alliance. È una rete. Un sistema in cui ogni nodo fa capo al centro di diramazione che è appunto il GFF.
Per concludere questo mio intervento non posso non parlare di futuro prossimo. Del progetto che più di tutti gli altri  mi sta a cuore. La vera rivoluzione copernicana di questo festival, ovvero la Giffoni Multimedia Valley. Parlarne approfonditamente meriterebbe ancora altro spazio e forse ho già abusato troppo della gentilezza che questa rivista mi ha concesso.
Dirò solo che GMV sarà la grande città del cinema dei giovani, sarà un polo creativo come non ce ne sono altri nel meridione. Una struttura imponente di cui la Cittadella costruita 6 anni fa rappresenta solo l’incipit di un’opera monumentale. La seconda fase dei lavori prenderà il via l’anno prossimo. Lo stanziamento della Regione è importante e si tradurrà in quegli spazi che ho sempre sognato: adibiti a produzione, formazione, entertainment nell’ottica di un campus per i giovani e per le loro idee. Una ghiotta occasione offerta a tutti coloro che vogliono impegnare la loro passione per il cinema e per i ragazzi.
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