Percorso

Bechis, l'Argentina e il sorriso del duce

Incontro col regista, tra i protagonisti dell' "Asuni film festival", attualmente alle prese con un documentario sul fascismo in Italia. "Voglio mettere in evidenza come il potere riesca a ottenere il consenso popolare". di Elisabetta Randaccio
 
Marco BechisLa sesta edizione dell’Asuni Film Festival ovvero “Cinema nelle terre di confine”, rendendo omaggio all’Argentina (la sua cultura, la sua produzione filmica più recente), ha ospitato anche il regista Marco Bechis, che, di questo paese, ha raccontato la recente storia: i momenti terribili della dittatura (quasi una intera generazione cancellata dagli omicidi di stato) con l’indimenticabile “Garage Olimpo” (1999) e, in seguito, la difficile “normalità” della democrazia, dove le ferite ancora aperte non sono state sanate completamente (“Hijos”, 2001). Nel 2008 ha poi realizzato un’opera intensa ambientata in Brasile: “Birdwatchers. La terra degli uomini rossi”, nello stesso tempo una fiction sulla condizione degli indios pauperizzati da uno sfruttamento che  ha strappato loro le proprie terre, ma anche un confronto di culture, uno scambio di esperienze. Come dice lo stesso Bechis nel backstage veramente interessante, proiettato dopo il lungometraggio, ad Asuni, “non siamo stati noi ad insegnare qualcosa, ma la loro vita è diventata parte di questo lavoro” .
 
''Birdwatchers. La terra degli uomini rossi''Dunque, qualcosa di più di una realizzazione cinematografica, la quale ha coinvolto, in una sorta di formazione, sia la troupe sia gli indios, ovviamente attori non professionisti (“mi ha insegnato a piangere, a morire!”, afferma uno degli interpreti).
Innanzitutto a Marco Bechis, nel contesto della full immersion argentina di Asuni, chiediamo un parere sulla produzione filmica di questa nazione.
“Posso dare solo un giudizio parziale, perché non ho visto nella sua completezza la produzione cinematografica argentina degli ultimi anni. Semmai posso fare qualche riflessione generale. Sicuramente, dopo la drammatica crisi del 2001, il cinema, come tutta l’industria del paese, ha dovuto trovare il modo di sopravvivere e rinnovarsi con l’essenzialità di mezzi e di linguaggio. E’ stato un momento complicato, ma anche di stimolo verso una nuova generazione di autori. Infatti, subito dopo la fine della dittatura, erano ancora in attività i registi, che, per sopravvivere, avevano anche lavorato col regime, ma poi realizzarono film di riflessione come, per fare un solo esempio, “La notte delle matite spezzate” (1986) di Hector Olivera.  La crisi del 2001 ha portato con sé una sorta di desiderio di rinnovamento anche nel cinema”.

''La notte delle matite spezzate'' di Hector OliveraC’è un’attenzione, in questa generazione, per l’analisi del recente passato?
La spinta del 2001, oggi si può dire esaurita. C’è la naturale volontà di entrare nel mercato internazionale. I film indipendenti, come d’altronde succede anche in Italia, hanno bisogno dei festival per avere la giusta visibilità. Il cinema argentino non pare aver preso di petto la storia appena trascorsa, le ferite ancora aperte.

Nel suo "Birdwatchers", l’elemento interessante è il particolare punto di vista così chiaro sulle conseguenze di uno sfruttamento non solo economico degli indios, ma di un azzeramento culturale di questi ultimi, disegnando, però, anche le contraddizioni dei personaggi, i loro ripensamenti. E’ un lavoro che ha una forte componente di studio antropologico..
E’ stato un lavoro lungo, importante per chi vi ha partecipato. Ho “portato” il cinema in quella comunità non invasivamente. E’ stata la scoperta di una comunicazione, che passava anche dalla acquisizione di una narrazione diversa. Non è questione di insegnare a recitare, ma di mostrare come si esprimevano anche altri registi, Sergio Leone per esempio. Nel backstage si nota meglio questo particolare rapporto creatosi nella realizzazione di "Birdwatchers".

Bechis a Venezia con ''Birdwatchers''A cosa sta lavorando in questo periodo?
A un documentario sul fascismo in Italia. Si intitolerà “Il sorriso del capo” e, utilizzando i materiale dell’Istituto LUCE -, il primo motore di propaganda visiva del regime - tende a mettere in evidenza come il potere riesca a ottenere il consenso popolare, quelle masse che, come si osserva nei cinegiornali d’epoca, osannavano e applaudivano Mussolini.

Dunque, una pausa dalla fiction?
In realtà, sto scrivendo  una sceneggiatura improntata sulla narrazione di tre vicende, ma, ovviamente, è prematuro parlarne.
 
 
Programma completo e orari del festival sono consultabili sul sito www.asunifilmfestival.it
 
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2 febbraio 2011
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