Percorso

"Hereafter" di Clint Eastwood

di Pinuccio Bussu

''Hereafter''Mi riesce difficile ormai parlare di Clint Eastwood. Voglio dire, parlarne con distacco senza essere troppo ripetitivo. Pero' ho visto Hereafter, ecco. E ci ripiombo dentro, ancora una volta, letteralmente annegando nella meravigliosa e toccante poetica umanistica del regista californiano.

Hereafter è un film splendido. Tre storie di persone a modo loro al confine tra vita e morte. Tre persone normali, sfiorate in modo diverso dalla Grande Livellatrice. Che nel frattempo continua a falciare senza pietà tra tsunami (i primi venti minuti riguardanti il maremoto sono letteralmente sbalorditivi) , incidenti stradali, attentati kamikaze in metropolitana e medium riluttanti, che ogni giorno muoiono piano piano di solitudine. Le loro storie, ovviamente, finiranno per intrecciarsi, in un finale emotivo e commovente come pochi. Si piange, altrochè. Eppure non come nei film di Inarritu, la cui eccessiva carica emotiva finisce per risultare davvero troppa. No, qui l'emotività è necessaria e autentica, assolutamente non forzata. Sottolineata da musiche come sempre meravigliose. Incredibile, il vecchio Clint. Un Autore con la Maiuscola, ormai. La cui prolificità non va praticamente mai a scapito della qualità.

''Hereafter''Eastwood e' un uomo di confine. E basicamente il suo e' un cinema di frontiera. A lui interessa parlare soprattutto dell'ultimo border, della frontiera che non sparirà: quella tra la vita e la morte. Il confine per eccellenza. E' già stato detto che ogni fotogramma del suo cinema, soprattutto quello degli ultimi vent'anni, e' pervaso da un incombente senso di morte. Eppure, paradossalmente, il suo e' un cinema vitale come pochi. Del resto,  vita e morte sono parti inscindibili della commedia umana. E come detto, il cinema di Clint e' quanto di piu' profondamente umano e toccante possa vedersi in giro. Hereafter non fa eccezione, anzi: osa  persino di piu'. Il regista (che probabilmente ormai se lo puo permettere) ha il coraggio di fare un film sulla sottile linea rossa tra vita e morte, sulle nostre umane paure, speranze, dubbi, sul nostro rapportarci ad un ipotetico aldilà, senza alcuna paura. Con uno sguardo come sempre laico e disincantato, eppure pieno di Dubbi, evitando ogni fanatismo misticista e facendo altrettanto con quello ateista, restando con i piedi saldamente per terra eppure rispettando profondamente l'umanissima paura della morte e la domanda delle domande: cosa succede quando moriamo?

''Hereafter''Certo, la morte e’ ineluttabile. La vita e' questa e dobbiamo tentare di viverla adesso. Come dice George, interpretato da un bravissimo Matt Damon, “una vita segnata dalla morte non vale la pena di essere vissuta“.  Eppure,  siamo uomini. E in un modo o nell'altro continuiamo a interrogarci terrorizzati sul Dopo. Malgrado questo, tanto piu pensiamo alla morte, anzi, al post mortem, tanto più dobbiamo renderci conto dell'importanza di questa nostra misera esistenza. I personaggi del film, tutti toccati in modo diverso dalla morte, devono comunque tornare a vivere la loro vita. Questa vita. Perche' tutti vorremmo “sapere a cosa e' servito vivere, amare, soffrire”, tutti vorremmo sapere se il nostro vissuto, le emozioni, il dolore, l'amore, le persone care, “andra' perduto come lacrime nella pioggia”. E sappiamo benissimo quanto sia insostenibile questo dubbio.

''Hereafter''Ovviamente i grandi artisti, come Clint Eastwood, hanno il coraggio di mettere il dito proprio nella piaga. E il risultato e' questo bellissimo film che ovviamente, vista la tematica, divide e dividerà. Provocando le critiche sprezzanti di certa intellighenzia alla Odifreddi (capace di scrivere qualcosa del tipo: "un film di un attore-regista formatosi alla scuola degli spaghetti western"). Oppure la volgare stroncatura di Sabina Guzzanti, che tutti sappiamo essere la nuova Truffaut. Bah. I gusti son gusti, ovviamente. I punti deboli della pellicola esistono, eccome. Eppure, che noia questi ontomologhi dell'emozione! Lasciarsi andare ogni tanto, no eh? Emozionarsi e non vergognarsene, ogni tanto, no eh? Abbiamo sempre letto Dylan Dog, no? Beh, non abbiamo mai chiesto a Sclavi di spiegarci didascalicamente perchè Lillie Connelly muore giustiziata, malgrado in Inghilterra la pena di  morte non esista più da decenni.

''Hereafter''Abbiamo forse chiesto spiegazioni per quei meravigliosi finali onirici? Pensiamo a Lost in translation: c'è bisogno di sapere quello che Bob sussurra nell'orecchio di Charlotte prima di partire?
Incredibili, questi soloni.

Ecco, tenetevi i vostri film perfetti. Io preferisco di gran lunga l'imperfezione molto umana di questo ottantenne, ogni volta capace di emozionarmi come pochi, parlando senza paura di temi universali ed esplorando l'animo umano con una sensibilità sbalorditiva e sempre piu’ invidiabile.

Lunga vita a Clint Eastwood..

"Hereafter": vai alla recensione di Elisabetta Randaccio

9 febbraio 2011

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