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Review - F. Primo

"Crash" di David Cronenberg

di Filippo Primo

''Crash'', locandinaDieci giorni fa è morto all’età di 78 anni, lo scrittore inglese J. G. Ballard. Considerato uno dei padri del cyberpunk, è stato il profeta del vuoto della contemporaneità attraverso i suoi romanzi di stampo fantascientifico e surrealista. Ma il fulcro delle sue opere non è tanto il futuro in sé ma la rappresentazione della psicologia del futuro.

I suoi scritti hanno affrontato le storture e la mancanza di valori del moderno mondo di massa, prendendosela col proliferare delle auto, con il vivere in palazzi giganteschi di cemento, con i villaggi vacanze. «Il futuro è morto, e noi siamo sonnambuli in un incubo», diceva, aggiungendo poi : «Vedo periferie che si diffondono per il pianeta, la suburbanizzazione dell'anima, vite senza senso, noia assoluta. Una specie di mondo della tv pomeridiana, quando sei mezzo addormentato. E poi, di tanto in tanto, bum! Un evento di una violenza assoluta, del tutto imprevedibile: qualcosa come un pazzo che spara in un supermercato, una bomba che esplode. È pericoloso». Dopo Spielberg, che nell’87 trasse dal suo omonimo romanzo, “L’impero del sole”, anche David Cronenberg nel ‘96 diresse un film liberamente ispirato ad un romanzo di Ballard: "Crash" che è il film che “rivedremo” questa settimana.

''Crash''Un produttore di filmati pubblicitari, James Ballard (J.Spader) e la moglie Catherine (D.Unger) stanno attraversando un periodo della loro vita matrimoniale alquanto difficile, e divenuti quasi indifferenti l’uno verso l’altro, cercano di colmare il vuoto di una vita sessuale monotona attraverso rapporti con altri partner occasionali, e descrivendosi poi reciprocamente gli incontri. Una sera James rimane coinvolto in un incidente stradale nel quale rimane ucciso un uomo. In ospedale conosce la vedova del morto: la dott.ssa Helen (H.Hunter) anche lei ferita durante l’incidente e Vaughan (E.Koteas) un fotografo appassionato di incidenti stradali e con il corpo ricoperto di cicatrici. Questi fa capo ad un gruppo di persone amanti del brivido –tra le quali c’è anche una certa Gabrielle (R. Arquette) rimasta storpia dopo un drammatico scontro- che per un pubblico pagante mettono in scena famosi incidenti d'auto (tipo quello in cui morì James Dean).

''Crash''Helen, James e Catherine si fanno coinvolgere da questa sorta di setta che esalta le lamiere delle vetture e le mutilazioni del corpo, e vive con libidine ed erotismo gli incidenti stradali. Alternando prestazioni erotiche varie ad incidenti veri e in videocassetta, il gruppo va avanti fino a quando Vaughan perde la vita tentando di speronare Catherine con la sua Lincoln. James, tornando a casa, decide di regalare alla moglie il rischio ultimo della morte sull'autostrada, decidendo così di impostare la loro vita sessuale sulla “filosofia” del corpo, della mutilazione e delle lamiere contorte.

Arti meccanici, fantasie morbose, il tamponamento come metafora dell’atto anale e mescolanza di eros e thanatos. Mai Cronenberg ha osato tanto; ma l’assenza di voyeurismo gratuito, le scene di sesso fredde e meccaniche che non riescono mai ad essere appaganti, lo rendono uno dei film più pornograficamente sexy ed eroticamente macabri che siano mai stati fatti.

''Crash''Uscire impassibili dalla visione di questo film è impossibile ed è un’esperienza che rimane impressa. Azzardo anche un’ ipotesi: coloro che ne hanno dato un giudizio negativo forse hanno solo voluto rigettare e negare a se stessi il fatto di aver sentito “smuoversi“ un qualcosa che proviene da lontano, di ancestrale e di torbido. Da sempre Cronenberg ha trovato materia di ispirazione nella nostra società così imperfetta e sua premura è stata quella di spingere la propria fantasia ad esplorare e sollecitare le immagini più scandalose che ne provengono. Il regista canadese che si è spesso definito filosofo esistenzialista, è sempre stato orientato alla filosofia della mutazione, al gioco delle parti, e i personaggi sono sempre analizzati nella loro dimensione psicologica più nascosta ma, l'elemento psicologico è intrecciato sempre con quello fisico.
 
''Crash''Fin dai sui primi film (“Il demone sotto la pelle”, “Rabid sete di sangue”, “La mosca”, “Inseparabili”), Cronenberg ha sempre esplorato il tema della modifica del corpo umano e della contaminazione tra uomo e macchina, arrivando a teorizzare in questo film la metafora dell'auto come protesi del corpo, come fusione tra metallo e uomo, dove corpo e macchina si congiungono quasi carnalmente. Amore e morte si incontrano in una cosa sola come due automobili in uno scontro. In una realtà, aggiungerei, “come la nostra” in cui le persone vivono una sorta di appiattimento affettivo si cerca la via d’uscita nell'evento artificiale: l'automobile, l'incidente, le cicatrici. Queste ultime in Crash diventano quasi delle textures grafiche da esplorarsi a vicenda e da toccare con passione per raggiungere il piacere. Piacere visivo anche per lo spettatore davanti ai colori viola, blu e nero della fotografia e una regia gelida e ascetica, disturbante ma bellissima.
Frase del film: “Un incidente stradale è un evento legato alla fertilità anziché alla distruzione. E' una liberazione di energia sessuale che trasmette la sessualità di quelli che sono morti con un'intensità che è impossibile in ogni altra forma”.

 

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