Percorso

"Vincere" di Marco Bellochio

 di Clara Spada

''Vincere'' locandinaNon ha vinto. Nonostante i complimenti di stampa e di pubblico, nessuna "palma" a Cannes per Marco Bellocchio e il suo melodrammone "Vincere" del quale, oltre la regia, ha curato anche la sceneggiatura. Eppure il film merita. Molti spezzoni di repertorio in bianco e nero (che va tanto di moda) una eccellente e passionale Giovanna Mezzogiorno, uno spaccato di storia minore tra le tante avventure mussoliniane, un racconto obiettivo dei fatti.

Le due ore di visione del film non pesano, il racconto scorre veloce e intenso, e il dramma di una donna infatuata, delusa, ridotta al silenzio, coinvolge e commuove. Fu vera storia? Questo è il dilemma. Se si analizzano i pochi dati e i rari documenti comprovanti i rapporti fra Ida Dalsèr e Benito Mussolini, le  discrepanze esistono. Se ci si immedesima nelle vicende di una donna follemente innamorata e mai contraccambiata è ovvia e genuina la compartecipazione ed anche la pietà per la sua sorte. Più della vera Ida Dalsèr, trentacinquenne all'epoca dei fatti, Giovanna Mezzogiorno è giovane e bella, sensuale e travolgente.

''Vincere''Vittima designata, lotta fino allo spasimo per sé e per suo figlio, lotta per ottenere il posto che, secondo lei, le spetta di diritto: quello di first lady d'Italia accanto all'uomo del suo destino. "E' una prova. Lui mi sta mettendo alla prova" afferma ostinata, chiusa in manicomio, al medico che cerca di salvarla.
 
A quei tempi il manicomio era alla portata di chiunque, una via facile per chiunque volesse liberarsi di persone scomode. Mogli, figlie, parenti. Bastava un medico compiacente, una diagnosi di "isteria", e il gioco era fatto. Figuriamoci come poteva essere tollerata, in un regime dittatoriale, una donna che rivendicava il ruolo di moglie del Capo del Governo e inondava di lettere l' Italia: dal Papa al Duce fino all'ultimo prefetto di provincia.

''Vincere''Oggi sarebbe stata accusata di stalking. Filippo Timi è un giovane Mussolini un po' sopra le righe ma accettabile. Un po' meno nella interpretazione di Benito Albino adulto, il figlio rifiutato. Il suo è un Mussolini il quale, per la donna che come tante altre lo ha aiutato anche finanziariamente nel suo cammino politico, mai dimostra amore né coinvolgimento che vada oltre il rapporto sessuale. Il figlio è un incidente di percorso. "Meglio un battesimo che un funerale" è, dopo un attimo di silenzio, il suo gelido commento alla notizia della futura paternità. Freddezza ben diversa dal grande affetto riservato invece alla primogenita Edda, figlia di Rachele sua compagna e poi moglie, che in quel periodo ha già cinque anni. Ma in questo tragico racconto le date non hanno peso, come non ne hanno in tante tragedie pucciniane che, si dice, abbiano molto influito su questa opera di Bellocchio. Non resta che attendere i film vincitori a Cannes per valutare le decisioni della giuria anche in merito all'unica opera italiana presente al festival. Per il momento il film va alla grande e, come già detto, se lo merita.

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