Percorso

Review - F. Primo

"The grandmother" di David Lynch

di Filippo Primo

''The Grandmother''Anche i grandi hanno iniziato con i corti! Hitchcock girò 9 corti muti; De Palma, realizzò dei film con una 16mm di seconda mano; Lucas nel '67 realizzò "THX-1138:4eb" girato 16 mm e che in seguito sarebbe diventato il suo primo lungometraggio “L’uomo che fuggì dal futuro”; Buñuel nel ’29 dirigerà con l’amico Dalì "Un chien andalou" vero manifesto del cinema surrealista.

Anche a casa nostra troviamo tanti grandi talenti che si sono cimentati in questa forma espressiva che sta al racconto come il film sta al romanzo: Rossellini realizza una serie di cortometraggi sulla natura e l'ambiente; Nanni Moretti nel '73 si comprò una cinepresa super 8 e realizzò "La sconfitta" ; Comencini nel 1946 ebbe il premio Nastro d'Argento per il miglior cortometraggio “Bambini in città”. Insomma questa sintetica carrellata dimostra come “il corto” sia una sorta di palestra per giovani registi che si preparano al lungometraggio ma anche un territorio dove è possibile maggiormente la sperimentazione di nuovi stili e lo sfogo della creatività del regista che magari non dispone di grandi risorse. Con l’avvento dell’elettronica digitale è stato poi più facile avere i mezzi tecnici e i corti realizzati sono aumentati notevolmente facendo spesso dimenticare che questa facilità non significa maggiore padronanza nella regia perché è sempre necessaria una certa competenza tecnica ma soprattutto culturale.

''The Grandmother''Ad ogni modo già dai primi anni ’80, attraverso concorsi e festival, i corti sono stati rivalutati e fu proprio in quegli anni che il regista statunitense David Lynch, dopo aver sconvolto nel ‘74 i cinefili di tutto il modo con un'opera allucinante come “Heraserhead”, si preparava ad stupire ancora critici e pubblico con il bellissimo film in bianco e nero “Elephant man”. Grazie anche a questo film l’interesse per il regista aumentò portando alla riscoperta i suoi primi lavori di cortometraggio tra i quali “The Grandmother”, opera realizzata nel 1970 e che sarà il film che rivedremo questa settimana.
La storia, della durata di 34 minuti, che combina animazione in stop motion e riprese dal vero, inizia con una sorta di pittura animata che rappresenta un specie di falda sotterranea.

''The Grandmother''Un uomo e una donna vi emergono come fossero delle piante e mentre i due si muovono a 4 zampe, il suolo genera il loro figlio, vestito in smoking con tanto di papillon e il volto bianchissimo, colorato solo dalle labbra truccate di rosso. Un'animazione che rappresenta un sole giallo ci mostra il passare del tempo. Quando il ragazzino si alza dal suo letto e solleva le lenzuola si vede una macchia circolare di colore arancione (polluzione notturna o semplicemente urina?); il padre scoperta la macchia comincia ad emettere dei suoni gutturali e lo trascina verso il letto affondandogli la faccia nella macchia. Anche la madre sembra rimproverare il ragazzo scuotendolo ripetutamente. Dopo aver sentito un sibilo proveniente dal solaio, il ragazzo vi si reca e trova un sacco con la scritta “seed” (semi) e dopo aver trovato quello da cui proviene il fischio lo mette sul cuscino e vi versa sopra della terra.

''The Grandmother''Dal mucchio emerge pian piano un grande baccello che il ragazzino accarezza fino a quando da uno fessura simile ad una vagina esce del liquido e il baccello “partorisce” una donna (la nonna del titolo). La vecchina mostra subito amicizia ed affetto materno verso il ragazzo che invece continua a subire vessazioni e maltrattamenti dalla sua violenta e insensibile famiglia. Una notte la nonna ha degli spasmi e il “nipote” richiamato da una sorta di fischio cerca anche di chiedere aiuto ai suoi genitori che invece lo deridono. Quando sale dalla nonna, questa è sparita ( morta?) Il giovane protagonista si troverà poi in a sorta di girdino abbandonato con tante lapidi e qui rivede la donna seduta su una sedia a dondolo che ci viene mostrata poi in un fermo di fotogramma con la bocca aperta.

''The Grandmother''Difficilissimo illustrare per iscritto un‘opera non raccontabile così criptica, povera di dialoghi (l'unica parola, pronunciata, dai genitori quasi come un abbaiare di cani, è il nome del ragazzino, Mike) ma ricca di effetti sonori. Il “découpage” sonoro è decisamente molto personale. Non c’è continuità fra ambiente e musica . E’ una caratteristica di Lynch quelle di utilizzare il suono in modo da “eccedere” (il suono inizia in un’inquadratura e finisce in quella successiva) o da “ridurre” (termina bruscamente a metà) l’inquadratura. Il montaggio è molto rapido e la mdp varia sempre angolazione. In qualche modo sembra di poter scorgere un contatto con il cinema d’avanguardia ma soprattutto si capisce come il primo approccio all'arte visiva, Lynch lo ebbe attraverso la pittura e a quanto dice lo stesso regista il passaggio fra i due modi espressivi avvenne per il bisogno di vedere le sue opere in movimento. Resta il fatto che in questo disordine dinamico e piacevole, come lo ha definito il critico M.Chion, troviamo molte delle ossessioni di Lynch che si è sempre mostrato angosciato e timoroso della "normalità" familiare (forse pensando alla sua esperienza familiare sempre idilliaca fin da bambino).

Per lui le scene familiari da spot pubblicitario, i tranquilli paesi di periferia americani tutti buoni sentimenti, nascondono dei terribili segreti e delle perversioni inimmaginabili (“Twin Peaks” a questo proposito è illuminante). In una famiglia vista come nucleo oppressivo in cui i genitori sono raffigurati come degli animali, la nonna del film risulta essere unico conforto ed oasi d’affetti…che però svanisce presto.

Qua l’intero video del corto

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