"La scelta di Sophie" di Alan J. Pakula
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Hai vergogna perché sei vivo al posto di un altro? Ed in specie, di un uomo più generoso, più sensibile, più savio, più utile, più degno di vivere di te? Non lo puoi escludere: ti esamini, passi in rassegna i tuoi ricordi, sperando di ritrovarli tutti, e che nessuno di loro si sia mascherato o travestito; no, non trovi trasgressioni palesi, non hai soppiantato nessuno, non hai picchiato (ma ne avresti avuto la forza?), non hai accettato cariche (ma non ti sono state offerte...), non hai rubato il pane di nessuno; tuttavia non lo puoi escludere.
È solo una supposizione, anzi, l'ombra di un sospetto: che ognuno sia il Caino di suo fratello, che ognuno di noi (ma questa volta dico «noi» in un senso molto ampio, anzi universale) abbia soppiantato il suo prossimo, e viva in vece sua. È una supposizione, ma rode; si è annidata profonda, come un tarlo; non si vede dal di fuori, ma rode e stride. Non vi sono parole al mondo migliori di quelle di Primo Levi per descrivere la sensazione provata dai superstiti della Shoah nella vergogna a volte bruciante dentro l’animo di molti di “essere sopravvissuti al posto di altri” . E’ un problema psicologico, prima ancora che fisico, che ritorna anche nella cinematografia della Shoah , ma in particolare in film come “La scelta di Sophie” di Alan Pakula , del 1982 . Siamo negli Stati Uniti nel 1947. La seconda guerra mondiale è terminata da poco , ma molte sono le ferite aperte e le tracce evidenti della tragedia. Stingo, un giovane della Virginia, aspirante scrittore, ha lasciato l'uniforme dei marines e la fattoria paterna per cercare fortuna a New York.
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I tre instaurano tra loro dapprima in modo poco chiaro, poi via via in un modo sempre più forte, un profondo rapporto di amicizia.
Ma ben presto quell’ amicizia conoscerà non solo momenti naturali di litigio e di distacco, ma anche scoperte di tremende verità, come quella relativa alla vicenda di Sophie . Si scoprirà infatti che Il padre di Sophie, professore all'università di Cracovia, esaltato inizialmente e ricordato dalla figlia come uomo buono e giusto e come Polacco Attivo Antinazista deportato nel lager di Sachsenhausen insieme al primo marito di Sophie e li ucciso, era invece, nonostante la verità della sua morte nei lager, un amico dei nazisti e un sostenitore delle leggi per la purezza razziale approvate in Polonia e in favore di uno sterminio degli ebrei.
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"La scelta di Sophie" di Alan J. Pakula, riprende quasi esattamente le vicende narrate dal romanzo di William Styron da cui è tratto, però lo fa con delle differenze che buona parte di una certa critica cinematografica ha stroncato. Secondo molti, Pakula avrebbe potuto dire di più e ha detto troppo poco, secondo altri ha rappresentato in modo poco chiaro il rapporto dapprima di amicizia , poi di amore tra Stingo e Sophie, riducendolo quasi a una “prima volta del sesso” di Stingo, a seguito della confessione fiume di Sophie.
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Tuttavia l’esperimento di Pakula sembra ben riuscire , nonostante alcune imprecisioni Storiche tuttavia impossibili da dilungare in un film basato su un romanzo di fantasia a sua volta impreciso storicamente in alcuni punti , proprio nel Flashback , anzi nei Flash back, ambientati a Birkenau. Non è un caso che Pakula per queste scene abbia voluto una consulenza d’eccezione, in questo caso arrivatagli da Kitty Hart, una donna Americana Ebrea superstite della shoah , protagonista nel 1979 di un documentario cult nella storia della tv americana: Kitty Hart – Return to Auschwitz ( inedito in Italia), dove lei ritornava per la prima volta da dopo la shoah a Birkenau e ricostruiva punto per punto il funzionamento del Baricentro Europeo della Shoah.
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Ed è questo, dunque, il significato profondo che da la pellicola di Pakula. In una “Casa rosa” , vera e propria isola di Normalità fin troppo Irreale in un mondo ancora ferito dall’Odio e dallo Sterminio, il passato riaffiora come un fulmine a ciel sereno sulla sua vittima, fino a farle scegliere, ancora una volta, la morte per la salvezza. La salvezza dalla “vergogna” dell’essersi salvati e soprattutto dell’essersi salvati al posto di un altro, in questo caso, di un familiare.
29 settembre 2010