“Ritorno a Berlino” di Thomas Brasch
![''Ritorno a Berlino'' locandina ''Ritorno a Berlino'' locandina](images/stories/C/curtistony/ritornoaberlino.jpg)
Voglio ricordarlo in uno dei suoi più recenti e misconosciuti ultimi film: “Ritorno a Berlino” , di Thomas Brasch del 1988 . La pellicola, fortemente autobiografica proprio verso Curtis, che tuttavia ne è solo l’attore di punt , appartiene a una ultima fase della carriera dell’attore, nella quale per la prima volta venne fuori un personaggio ebreo che mai fino ad allora era, si può dir, “fuori uscito” dalle interpretazioni del divo.
Una fase costellata di interpretazioni riconducibili al mondo ebraico tornata anche in lavori minori di Curtis come “Big Boss” di Menachem Golan. Nel caso della pellicola di Brasch, però, Curtis si ritrovò a fronteggiare l’ ardua e complessa tematica della Memoria della Shoah nella Germania degli anni ’80, accompagnata da un ideale di cinema come “terapia di autoanalisi psichiatrica” e di riconoscimento degli errori nel proprio passato.
Il film racconta di quando nel 1987 a Berlino arriva un vecchio regista americano per girare un film ispirato a un episodio realmente accaduto nella Germania nazista quando un regista tedesco doveva girare un film antisemita, basato sulla storia di un malvagio e vecchio usuraio ebreo e di un povero contadino tedesco, costretto a dargli in moglie la sua giovane figlia, la quale, dopo aver accettato le nozze per salvare il padre, si impiccava. Per questo film erano state allora scelte 13 comparse fra gli ebrei di un campo di concentramento, promettendo falsamente loro come compenso l'emigrazione fuori dalla Germania nazista.
![''Ritorno a Berlino'' ''Ritorno a Berlino''](images/stories/C/curtistony/ritornoaberlino2.jpg)
Ma proprio quella volontà di ricreare il passato, di ricordarlo , rischia di essere un peso insostenibile. Rischia di non essere la cura per ricordare e far ciò che quanto accaduto non si ripeta, ma per il povero Cornfield/Curtis, questo film diverrà lo strumento attraverso cui egli resterà schiacciato dal peso della shoah e di una tragedia che capirà in fondo solo quando, all’improvviso, nel bel mezzo delle riprese delle scene finali del film - tese a documentare come uno degli ebrei comparse nel film Nazista, afferrata qualche allusione del regista al fatto che i nazisti non li avrebbero mai salvati e comprendendo l'inganno, aveva deciso di tentare la fuga dal teatro di posa, insieme a un suo amico di sventura, senza riuscirvi – ricomparirà la truccatrice del set di allora, ancora in vita, che mostra invece alla troupe e alle comparse come la storia sia andata differentemente. Il tentativo di fuga era infatti stato messo in atto, ma l'altro prigioniero, preso dal panico, rimase inchiodato dove era , e così il primo fu scoperto ed ucciso.
![''Ritorno a Berlino'' ''Ritorno a Berlino''](images/stories/C/curtistony/ritornoaberlino1.jpg)
E come allora restò inchiodato per vigliaccheria provocando la morte di una persona e il ferimento a vita di un'altra ora resta inchiodato nell’aeroporto di Berlino, senza neppure il coraggio di ritornare nel suo paese senza il film compiuto , inchiodato dal peso dei ricordi di un passato che mai si potrà cancellare.
6 ottobre 2010